Nel segno della pecora
- Autore: Murakami Haruki
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2010
Un uomo mediocre. Una pecora con una stella scura sul manto. Le montagne sbiadite di una fotografia. Delle orecchie bellissime. Il Sorcio. Il Maestro. Murakami Haruki, l’autore del recente successo editoriale 1Q84, mescola tutti questi elementi apparentemente scorrelati per scrivere un libro che prende come un giallo, affascina per i suoi tratti surreali, diverte per l’ironia e uno stile brillante e, semplicemente, stupisce.
Tokyo, 1978. Nel segno della pecora si apre con la morte di una giovane ragazza, una conoscente del protagonista. L’incidente, seguito dal funerale, consente a quest’ultimo di recuperare brandelli di ricordo subito risucchiati dal presente. La vita è andata già avanti, e questo è solo il primo degli sfasamenti temporali sperimentati dall’uomo di cui seguiamo le mosse. E’ appena stato lasciato dalla moglie, lavora con un amico alcolizzato e ha un gatto a cui non ha mai dato un nome. E’ un tipo mediocre, ma ha pubblicato una foto per una campagna pubblicitaria: un paesaggio montano con un gregge di pecore in primo piano. E su un’altra fotografia ha visto delle orecchie bellissime, talmente magnetiche da doverne conoscere la proprietaria. Sarà lei a preannunciargli l’argomento di una telefonata spinosa: pecore.
Da quel momento le pecore diventano la ragione di vita del protagonista. Deve trovarne una, una semplice pecora tra le tante immortalate nella fotografia che è stata fatta sparire dal mercato pubblicitario, la pecora del Maestro, e del Professor Pecora, e del Sorcio.
Con Murakami Haruki passiamo in un batter d’occhio dalla realtà a noi più vicina all’assurdo, e non possiamo trovare niente da ridire.
Dobbiamo seguire il protagonista e la sua ricerca, conoscere l’uomo che gli ordina di dedicarsi all’impresa e provare soltanto a immaginare cosa sia accaduto prima in Cina, poi sulle montagne dello Hokkaido. Tassello dopo tassello, il mosaico prende a formarsi di fronte ai suoi e ai nostri occhi. Continuiamo a rimanere nella sospensione creata con maestria dall’autore e non vogliamo uscirne, anche se ciò significa sperimentare la solitudine, quella palpabile a cui è costretto il protagonista, e la sua percezione del tempo. Ha una scadenza, un mese per ritrovare la pecora, eppure il tempo stesso è un elemento relativo:
In quella casa il tempo scorreva in modo strano. Come l’antico orologio a pendolo nel soggiorno, che chiunque entrasse poteva ricaricare. Finché le catene non erano del tutto srotolate, il tempo veniva scandito regolarmente. Ma quando in casa non c’era nessuno e i pesi arrivavano in fondo, si fermava. E spezzoni di tempo fermo si accumulavano sul pavimento, formando strati di vita senza colore.
Ciò nonostante, il protagonista non si è mai sentito tanto vivo da quando è stato costretto a lanciarsi nell’impresa. Non importa se all’inizio cercare una pecora ci sembra stupido: è lo scopo che conta. E non importa credere o meno che la pecora sia stata in noi: una volta che ha lasciato il concetto di sè, è la fine.
Nel segno della pecora
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ciao
un testo che attraversa il linguaggio di tutte le generazioni che si affacciano nell’intervallo anni 70-80-90. La forza di M. sta nel descrivere senza orpelli e senza timore l’Oriente influenzato dall’aura global. Ogni parola viene collocata da M. con artificio da intarsiatore, talché si giunge alla fine con lo stesso respiro dei primordi.