Rosso Barocco
- Autore: Max e Francesco Morini
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2018
Il libraio romano coltissimo Ettore Misericordia e il suo assistente Fango, alter ego di Max e Francesco Morini, la risposta italiana ai polizieschi scandinavi, tanto di moda nell’ultimo decennio. Non è un caso se Newton Compton abbia chiamato GialloItalia la collana in cui ospita i romanzi della coppia di fratelli romani, firme teatrali e televisive, autori a quattro mani del bestseller “Rosso Barocco”, in circolazione da fine luglio 2018 (254 pagine, 9.90 euro copertina rigida, appena 0,99 l’eBook), dopo “Nero Caravaggio” (Newton Compton, 2017).
I Morini sono quindi i narratori, Misericordia e Fango i protagonisti. Il secondo è da dieci anni il fedele collaboratore del primo, insieme potrebbero abitare l’appartamento al 221B di Baker Street, tanto che per primi si chiamano reciprocamente Holmes e Watson.
Proprietario di una libreria antiquaria nel centro di Roma, in via di San Giovanni Decollato, tra il Campidoglio e la Bocca della Verità, Ettore ha acquisito da autodidatta una cultura enciclopedica pari ad una conoscenza impareggiabile della capitale. Vanta pure un talento investigativo innato, che l’ispettore Ceratti ha sfruttato non poche volte. Torna a farlo in questa occasione, come ci rivela Fango, che al solito si dedica al racconto in prima persona delle loro imprese nell’Urbe.
Dalla vacanza sul lago di Como, il robusto poliziotto ha incaricato il talentuoso detective di complemento di raggiungere il luogo di un insolito vilipendio dell’arte. Nell’afa di agosto, qualcuno ha voluto deturpare con lo spray la cripta di San Carlo alle Quattro Fontane, scrivendo “Mi salì addosso l’impazienza”, nella cappellina ipogea della piccola chiesa capolavoro di Francesco Borromini.
Non sfugge a Misericordia che si tratta della frase pronunciata dall’architetto barocco prima di suicidarsi. A Roma, dove c’è Borromini c’è sempre il suo rivale, Gian Lorenzo Bernini. Lo spiega all’ispettore Ceratti, che lo ha convocato in piazza Navona. È la sera di Ferragosto e ad un lato c’è il cadavere di una studentessa venticinquenne di architettura, una fuori sede fiorentina, sgozzata alle spalle come Santa Agnese, tanto più che il corpo è ai piedi del campanile di destra della bella chiesa intitolata alla giovanissima cristiana, eretta proprio sul luogo del martirio.
Da buon romanologo, Ettore ricorda a Ceratti la leggenda che insiste sul proverbiale antagonismo tra i due grandi del Barocco e attribuisce l’atteggiamento particolare delle statue della fontana dei Quattro Fiumi in piazza alla volontà di Bernini di eternare il suo disprezzo nei riguardi della chiesa borrominiana di Santa Agnese. Avrebbe perciò scolpito il Rio de La Plata con un braccio proteso a protezione dal probabile crollo dell’edificio religioso, mentre il Nilo sarebbe bendato per non subire la vista della scadente architettura sovrastante. Si dice che Borromini in risposta, per rassicurare tutti sulla protezione accordata dalla santa martire al suo tempio, abbia piazzato sulla facciata la singolare unica statua della Sora Agnesina, come la chiamano i romani.
Una studentessa rivela che la laureanda fiorentina, piuttosto secchiona, stava lavorando a una tesi su Borromini e il barocco del Seicento. La giovane, ora senza genitori, ma anche senza problemi economici, faceva vita ritirata, ospite di un anziano architetto in via Giulia. Un amico di famiglia, che la considerava una nipote.
A ottant’anni suonati, questo Naldi è in forma invidiabile. Adora Bernini - anche Mussolini - e ha scritto un saggio sulla rivalità artistica dei due geni seicenteschi.
Cecilia, la bella cronista di nera amica del libraio investigatore, si lavora Fango perché Misericordia non le concede indiscrezioni sul caso dell’uccisa, che aveva uno spasimante non ricambiato, un ragazzo non del tutto in sé, un depresso bipolare. È una pista da seguire, come sta facendo del resto la Polizia, con molta discrezione.
Bernini e Borromini. In realtà, le “B” sono tre. Allo scultore e all’architetto va aggiunto un Barberini. A quanto comincia a risultare, un tale Matteo, discendente della famiglia romana, avrebbe avuto una stretta e tenera conoscenza della vittima. Una liaison sfuggita ai più, non però al corteggiatore bipolare della giovane.
Chi sa tutto di tutti, peraltro, è il conte Florenzio De Florenzi, un aristocratico decaduto, un massone appassionato d’esoterismo. Informa che il Barberini in questione, sui trentacinque anni, è un biondo rampollo del ramo orvietano. A Roma circola ancora un detto sprezzante: quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini. Allude ai danni arrecati dalla nobile schiatta, ma c’è da dire che il bel Matteo, a capo di una confraternita laica, non è più in grado di fare danni, dopo l’ultima uscita di casa. Dalla finestra al secondo piano del palazzo nobiliare. Una caduta mortale.
Ecco un altro cadavere per Misericordia, nel caldissimo agosto romano e per un Fango più che mai in vena di avventure estreme da detective solitario.
L’eleganza dei gialli dei fratelli Morini rende la lettura facile e accattivante. Sono all’altezza della più valida tradizione giallistica anglosassone. Il risultato è un romanzo piacevole, consigliabile agli appassionati di Roma, per l’esclusivo tour che offre tra le bellezze della Città Eterna.
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