Un uomo senza patria
- Autore: Kurt Vonnegut
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: minimum fax
- Anno di pubblicazione: 2018
La cura più indicata per l’epidemia mondiale di depressione è un dono che prende il nome di blues. Tutta la musica leggera contemporanea -il jazz, lo swing, il bebop, Elvis Presley, i Beatles, i Rolling Stones, il rock, l’hip pop e via dicendo – deriva dal blues.
Un uomo senza patria (minimum fax, 2018, trad. Martina Testa) è un libro scritto da Kurt Vonnegut nel 2005, appena due anni prima della sua morte avvenuta a New York nel 2007.
Vonnegut era nato e vissuto negli Stati Uniti, ma la parentesi europea per partecipare alla Seconda guerra mondiale e soprattutto la prigionia in Germania e la presenza a Dresda durante il bombardamento degli Alleati che distrusse quasi completamente la città, segnarono pesantemente il resto della sua vita.
Nel 1968, l’anno in cui scrissi Mattatoio n.5, ero finalmente diventato abbastanza maturo da riuscire a parlare del bombardamento di Dresda.
Solo tra il 1968 e il 1969 trovò la condizione psicologica giusta per scrivere il suo capolavoro Mattatoio n.5 o la crociata dei bambini, come spiega nelle pagine di Un uomo senza patria.
Quest’ultimo è un libro della estrema maturità scritto in un momento nel quale forse una sola patria non era più sufficiente per possedere un punto di vista ormai apparentemente distaccato da tutto, più generale e complessivo.
Il libro è facile da leggere, ironico, dissacrante, polemico, totalmente libero dal “politicamente corretto”, scritto con la consapevolezza di chi se lo può permettere, senza esitazioni e senza remore.
Per quanto mi riguarda, la teoria dell’evoluzione può andarsene affanculo. Noi siamo un errore madornale. Abbiamo ferito a morte questo bel pianeta -l’unico in tutta la Via Lattea capace di sostenere la vita – con un secolo di folle frenesia del trasporto.
Si tratta di un documento definitivo e umano, nel quale ci sono aneddoti, piccoli episodi personali, frasi che se fossero estrapolate dal contesto varrebbero come preziosi aforismi, interpretazioni della realtà e della storia, idee provocatorie e inattese da cui trarre riflessioni.
Io ho assistito alla distruzione di Dresda. Ho visto la città com’era prima e poi sono uscito dal rifugio antiaereo e l’ho vista com’era dopo, e indubbiamente una delle reazioni è stata la risata. Lo sa Dio se la risata non è un modo in cui l’anima cerca un po’ di sollievo.
Leggere questo Vonnegut è come se stessimo ascoltando un anziano saggio che dall’alto della sua esperienza “vede” il mondo in un certo modo, dopo averlo osservato per tutta la vita.
Un uomo senza patria
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