Visita a Godenholm
- Autore: Ernst Jünger
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2008
Besuch auf Godenholm (1952), steso da Ernst Jünger nel periodo del ben più celebre Der Waldgang (1951) e pubblicato in Italia nel 2008, accende, già a partire dal titolo, un istintivo, misterioso interesse. E, in effetti, alla lettura di Visita a Godenholm , si è come gettati “al muro del tempo”, quasi al di là del meridiano zero, dove la storia, spogliandosi del secondo, si riveste di eternità.
I paesaggi intorno a Godenholm, uno strano paese di pescatori nei pressi dell’Islanda, richiamano misteriche corrispondenze tanto che, leggendo, sembra di gravitare dentro un quadro di De Chirico in cui tutto è immobile e sospeso, saturo, come se da un momento all’altro potesse sopravvenire un metafisico cataclisma. Il medico Moltner e lo studioso di protostoria Einar sono giunti presso Godenholm per fare visita a Schwarzenberg, il quale incarna con la sua sola presenza, che è al contempo silenziosa ed estatica assenza, la tipologia del Maestro esoterico, simboleggiata, in altre opere jüngeriane, da Nigromontanus. Non a caso, il vero scopo della visita è la scoperta di una più profonda identità che molto difficilmente potremmo intendere alla maniera moderna come scoperta della propria unicità, individualità, eccezionalità. Alludendo al principio delle Upanishad esplicitato in altri saggi jüngeriani come Tipo Nome e Forma (1963) per il quale “questo sei tu”, il sé di cui si racconta è piuttosto qualcosa che trascende l’io per il Tutto in cui lontano e vicino, profondità e superficie coincidono ed essere ed essenza si riconoscono nella “medesima identità”. L’azione sfuma di sovente nella contemplazione e il movimento fisico si fa avventura del pensiero dentro un labirinto di immagini e suggestioni. Il dialogo accompagna lentamente il lettore verso una dimensione prelogica nella quale l’impressione diventa il pretesto per la pura espressione e la razionalizzazione la base per un lisergico viaggio nell’alchimia della parola. L’espressionismo conoscitivo jüngeriano, quasi sulla scorta di Poe e Baudelaire, disegna un quadro enigmatico in cui la morte e la vita si mescolano, come se i morti fossero vivi e la vita fosse un sogno dell’emozione, plastico e segreto. Moltner ed Einar sono circondati da un’inquietante aura simbolica e raffigurano dei tipi d’uomo più che dei personaggi incasellati nell’unicità delle caratteristiche psicologiche, per quanto, ognuno all’interno della propria tipologia, risultino assai diversi, a tratti opposti anche perché, scrive Jünger,
“l’autentico per Einar risiedeva nell’inizio, nelle contrade remote del passato, Moltner invece lo immaginava nel futuro”.
I due, oltreché con Schwarzenberg, stringono un sincero rapporto di amicizia con la bella Ulma, una ragazza del luogo, e si ha il sentore che la fisicità e sensualità della giovane li possa sovrastare incrinando le fondamenta di un sodalizio spirituale imperniato su di un inappagabile, malinconico ma piacevole, senso d’attesa. Come accade spesso con Ernst Jünger, Visita a Godenholm e il breve racconto che lo introduce (La caccia al cinghiale) sono un’immersione immaginifica nel mare incomputabile che precede ogni rappresentazione meramente razionale e ogni troppo umana misurazione. Un’ipnosi gnoseologica a cui è piacevole abbandonarsi.
- Adelphi, 2008
Visita a Godenholm
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Questo volumetto, pubblicato nella Piccola Biblioteca Adelphi, raccoglie due racconti di Ernst Jūnger: La caccia al cinghiale e Visita a Godenholm.
La novella iniziale, perfetta nella sua classica brevità, narra della prima emozionante esperienza di caccia di due adolescenti, in un bosco innevato e silenzioso, «di uno splendore principesco». Inaspettatamente si para davanti ai due ragazzi, accolti con superiore benevolenza in una compagnia di battitori adulti, il muso feroce e ingrugnito di un possente cinghiale. Uno di loro spara, istintivamente e senza prendere la mira, provocando la fuga affannosa dell’animale. Rimproverato con severità dagli altri cacciatori, il giovane godrà di un’insperata rivincita, quando si verrà a scoprire che la bestia, colpita al cuore, era andata a morire nel folto della boscaglia.
«Imparò lì per la prima volta che i fatti modificano le circostanze attraverso le quali si è giunti a essi». Ma i due ragazzi imparano soprattutto a valutare quanto la nobiltà innocente del cinghiale ucciso sia superiore rispetto alla tronfia crudeltà degli altri cacciatori, impegnati subito a sventrarne e dileggiarne il corpo.
Prima di passare a esaminare il secondo racconto, è forse il caso di presentare in breve la personalità di Ernst Jūnger (1895-1998). Scrittore e filosofo, figura complessa dell’intellettualità tedesca del XX secolo, ebbe vita lunghissima e fuori dagli schemi. Ecologista e zoologo, nazionalista aristocratico e antiborghese, combattente eroico e superdecorato in entrambe le guerre mondiali, lettore di Nietzsche ma convinto pacifista, spirituale e platonico tuttavia appassionato di qualsiasi progresso scientifico e tecnico, profetizzava nei suoi scritti una catastrofe epocale che avrebbe coinvolto l’intero pianeta, se l’umanità non si fosse riconvertita a una profonda e coraggiosamente anarchica interiorizzazione. Produsse un enorme quantità di opere: romanzi, racconti, diari, saggi, tutti inconfondibili per il loro stile elevato sino alla ricercatezza.
In Visita a Godenholm, Jūnger si misura con i temi della trascendenza, dell’utopia, dello scavo nell’inconscio, della liberazione dell’io. Ogni personaggio viene scolpito fisicamente e caratterialmente con pochi tratti magistralmente incisi: protagonista principale è il misterioso Maestro-filosofo-sciamano Schwarzenberg, che vive solitario a Godenholm, villaggio semidisabitato in un’isoletta del Mare del Nord, dedicandosi a studi esoterici e teologici. Provvedono alla sua sopravvivenza materiale tre enigmatici e silenziosi servitori: il pescatore Gaspar, dal petto istoriato di ferite e tatuaggi, la grassa e infida cuoca Erdmuthe, la sguattera Sigrid con movenze di bertuccia.
La magione turrita e lugubre del Maestro viene periodicamente visitata da tre ospiti, desiderosi di immergersi in una conoscenza del tutto illuminati dal suo insegnamento. Sono una vitale e tellurica Ulma, il paleontologo Einar e l’inquieto scienziato Moltner, sempre alla ricerca del suo vero Sé, e di una risposta alle molte domande che gli arrovellano mente e anima. Schwarzenberg non offre soluzioni alle loro richieste spirituali ed etiche, si esprime con metafore e antiche frasi sapienziali, suggerendo un percorso iniziatico verso il mistero che li possa portare alla scoperta dell’Uno che governa l’universo. Ma una sera fa vivere loro l’esperienza allucinata di visioni infernali e celestiali, in una natura improvvisamente muta e assordante, serena e tenebrosa, preistorica e futuribile, nell’ assenza di qualsiasi scansione temporale e nel superamento di ogni localizzazione. Sconvolti e increduli, i tre amici vorrebbero dal Maestro ancora indicazioni di salvezza. Ma impenetrabile ed etereo, lui li congeda con queste parole: