Trattato del Ribelle
- Autore: Ernst Jünger
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Adelphi
"Il Ribelle è deciso ad opporre resistenza, il suo intento è dare battaglia, sia pure disperata. Il Ribelle è dunque colui che ha un profondo, nativo rapporto con la libertà, il che si esprime oggi nell’intenzione di contrapporsi all’automatismo e nel rifiuto di trarne la conseguenza etica, che è il fatalismo".
Con il breve, icastico pamphlet del 1951 Trattato del Ribelle (titolo originale Der Waldgang), Ernst Jünger, scrollandosi di dosso i vermi di ogni appiattimento volgarmente politico, mette sotto accusa lo strisciante totalitarismo moderno elaborando una forma di resistenza assoluta che, nelle intenzioni del suo “inattuale” ideatore, ha il pregio di non degenerare né nell’utopismo progressista né nel sentimentalismo romantico o nell’attivismo fine a se stesso – altrettanto romantico.
Quantunque la Figura del Waldgänger – colui che va nel bosco – sia assai diversa dalla Gestalt des Arbeiters (1932), essa, come la Figura dell’Operaio, affonda le sue radici nella dimensione incomputabile e immobile, origine prima del Divenire e delle Forme. Si tratta di un territorio indistinto dove il Singolo (e non più il Tipo) trova la sorgente dell’Identità e dove, come recita un antico motto di origine vedica, “quello sei tu”. Il bosco, proprio perché è sub-stantia, è dappertutto, nelle zone disabitate come nelle città, nel deserto come nella macchia. È da questa piattaforma, ubiqua eppure metafisica, che il Waldgänger “conduce la sua guerriglia", fuori dalla cabina elettorale, "lungo i binari e le vie di rifornimento" minacciando "ponti, cavi e depositi. La sua presenza obbliga a sparpagliare le truppe di copertura, a moltiplicare le postazioni”.
Egli “organizza la rete di informazioni, il sabotaggio, la diffusione delle notizie tra la popolazione”, “si ritrae nelle zone impervie e nell’anonimato per riapparire non appena il nemico dia segnali di cedimento. Egli diffonde una continua agitazione, provoca il panico notturno”. Pur non disponendo di “grandi mezzi di combattimento”,
“sa come mettere a segno un colpo audace per distruggere armi che valgono milioni: ne conosce le debolezze tattiche, i punti di minore resistenza, l’infiammabilità”.
Sconfiggendo la paura della morte, il Waldgänger toglie al potere il suo potere: governare mediante il terrore. Nella selva della sua atavica interiorità, egli può inoltre incontrare altri Singoli coi quali condividere la sua battaglia. Infatti, scrive Jünger,
“tra il grigio delle pecore si celano i lupi, vale a dire quegli esseri che non hanno dimenticato che cos’è la libertà. E non soltanto questi lupi sono forti in sé stessi, c’è anche il rischio che, un brutto giorno, essi trasmettano le loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in un branco".
È questo, chiosa l’acuto "sismografo", "l’incubo dei potenti”. Il bosco, da cui assaltare il potere, è l’Accogliente, ma anche l’Arrischiante, è il Principio, ma anche l’Elementare che, ponendo il Singolo a contatto col dolore, lo forma a oltrepassare l’indifferenza, al combattimento, all’azione assoluta.
Nel deserto del nichilismo più sradicante che assume il volto bifronte della tecnicizzazione semplificatrice e omologante, passare al bosco significa riscoprire l’autentica sovranità, la propria, irriducibile, sacralità per affrontare lo “svanimento” da un’altra posizione integralmente apolitica, al di là delle irretenti categorie della destra e della sinistra, al di là dei simulacri del progresso, nei pressi del muro del tempo, al di là della linea, per restare in piedi tra le macerie, camaleontici leoni, tra grigi zombie di latta.
Trattato del ribelle
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