L’oste dell’ultima ora
- Autore: Valerio Massimo Manfredi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2013
Il protagonista de “L’oste dell’ultima ora” di Valerio Massimo Manfredi è l’oste delle nozze di Cana, un uomo semplice, senza eccessive pretese, che sa adattarsi alle mutevoli situazioni del momento. La Galilea è sotto il dominio romano, con opposte fazioni politiche e religiose, e artigiani, pescatori, contadini ed umili lavoratori, hanno una vita difficile. La sua semplicità, il chiedere poco alla vita, avvicina il protagonista al suo primo datore di lavoro Eleazar, che gli dà fiducia e che, come lui, ha una vita solitaria. Il protagonista, dopo un lungo apprendistato da contadino, cambia lavoro e, grazie alle competenze acquisite, si mette a fare l’oste. È un’attività che rende molto bene e che gli fa conoscere un gruppo di giovani, tra i quali un predicatore, nel quale riconosciamo Gesù, e un pescatore, nel quale riconosciamo Pietro, ai quali dà da bere e mangiare, anche se non hanno soldi. Come nella parabola evangelica, ci sono i temi della generosità gratuita e dell’umiltà.
Se l’episodio principale è quello dalle nozze di Cana, c’è tutta la parte iniziale della vita del protagonista che è rappresentata da un giovane che, senza arte né parte, figlio di contadini senza terra, va in cerca di lavoro e, accontentandosi di fare qualsiasi cosa, viene premiato per la sua volontà e dedizione. Il piccolo possidente che lo prende a servizio, infatti, gli insegna l’arte del vignaiolo e questo gli consente di aprire la rivendita di vino. Ma in età adulta, e dopo il famoso miracolo è costretto a cambiare mestiere per il volgere in peggio delle condizioni generali della sua terra, ed è costretto a fare il pecoraio:
“Con i soldi di Eleazar io che non ne sopportavo l’odore mi comprai un gregge di pecore e tentai ancora una volta di cambiare mestiere (…) Tre anni dopo che mi ero trasferito al nord i samaritani si ribellarono e si radunarono sul monte Garizim forse pensando che il luogo sacro li avrebbe protetti. Il prefetto Ponzio Pilato mandò i soldati che fecero una strage. Il sangue corse a fiumi. Non si salvò quasi nessuno.
Ho continuato a fare il pastore per anni, non so quanti: ho perso il conto. Vivo ormai come un uomo selvatico. Ho imparato a cagliare il latte e a fare il formaggio. Non mi lamento, a molti che ho conosciuto è andata molto peggio. Puzzo come le mie pecore e mi lavo di rado eppure, durante certe notti chiare e stellate, sento dei passi risuonare nel buio come quella notte che conobbi per la prima e unica volta il predicatore. Sono preso allora da una strana commozione e vorrei tanto sentire echeggiare quella voce così chiara e sonora: «Guarda, guarda, l’oste dell’ultima ora!»”
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