La ragazza nel giardino del tè
- Autore: Janet MacLeod Trotter
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2017
“La ragazza nel giardino del tè” (Newton Compton, 2017, titolo originale The girl from the tea garden, traduzione di Alessandra Maestrini) è il romanzo che la scrittrice inglese cresciuta nel Nordest dell’Inghilterra, Janet MacLeod Trotter, autrice di sedici bestseller inclusa la popolare “Jarrow Trilogy” e di un memoir, “Beatles & Chiefs”, presentato alla BBC Radio Four, ha pubblicato nel 2016.
“Se fosse stata mandata a casa con disonore, i suoi ne sarebbero stati molto delusi. Eppure una parte di Adela era pronta a sfidare la sorte; niente le sarebbe piaciuto di più che lasciare le rigide regole della Saint Ninian e tornare alla sua amata casa a Belgooree”.
Shillong, India, 1933. Collegio femminile Saint Ninian. Adela Robson detestava le sue compagne di scuola, boriose e vanesie che le avevano affibbiato l’odioso soprannome di “Foglia di tè”, perché suo padre Wesley Robson coltivava questa preziosa pianta a Belgooree, remota piantagione nei monti Khasi. Adela odiava le lezioni e il dover star seduta in silenzio a imparare l’algebra e i nomi di re e regine ormai morti da tempo. La sua ambizione era di calcare il palcoscenico visto che l’adolescente era dotata di una bella voce intonata e possedeva gambe da ballerina. Ma tutto ciò non sarebbe mai successo, non se Adela continuava a rimanere rinchiusa in un collegio a Shillong. Lì, l’unica opportunità di recitare era nelle rappresentazioni scolastiche, davanti alla direttrice, la signorina Gertrude Black e, occasionalmente, al fratello missionario, il dottor Norman Black, che aveva contribuito a fondare la scuola e veniva a fare da giudice delle competizioni interne. Salvo che l’uomo non fosse via a diffondere il Vangelo tra i pagani. Adela era bersagliata dalla prepotenza verbale di Nina Davidge, una ragazza prepotente e antipatica, che la criticava dicendole:
“Tu non sei come noi; non lo sarai mai. Fingi di essere britannica, ma non lo sei”.
La “colpa” di Adela, secondo la classista società coloniale britannica, era di avere una madre meticcia. La madre di Adela, la bella e volitiva Clarissa Belhaven, era figlia di Jock, un soldato inglese che aveva acquistato una piantagione di tè tra le colline di Assam e di Jane Cooper, figlia di un impiegato inglese e di una tessitrice di seta dell’Assam.
“La sua bisnonna era assamese” quindi “Ti mancano due anna per fare una rupia… Chiedilo a tua madre”.
Un giorno al collegio femminile si era presentato il dottor Norman Black per aiutare la sorella a trovare fondi per la Saint Ninian necessari per coprire le borse di studio delle ragazze svantaggiate. L’anziano uomo era giunto accompagnato da Sam Jackman, un ragazzo dal volto espressivo, che aveva il compito di riprendere il lavoro della scuola con la sua cinepresa Kodak. Adela conosceva già Sam, il quale si occupava del traghetto del defunto padre, il Cullercoats, anzi,
“probabilmente avrebbe continuato ad affrontare i banchi di sabbia e le vorticose correnti del potente Brahmaputra fino a che non fosse stato vecchio e grigio quanto Norman Black”.
Adela, impulsiva come sempre aveva deciso di fuggire dal collegio nascondendosi nell’automobile di Sam, quando il giovane si era accorto di avere un clandestino a bordo, era troppo tardi. Non restava altro che riportare l’indisciplinata studentessa a Belgooree, giusto in tempo per avere la sorpresa di vedere nascere il fratellino di Adela.
“Povero bambino, sei un due anna, proprio come me”.
Per la redazione del testo, Janet MacLeod Trotter è andata in India per ripercorrere le orme
“dei miei intrepidi nonni, Bob e Sidney Gorrie, tra i contrafforti dell’Himalaya. Nel corso della nostra ricerca, abbiamo avuto l’emozione di scoprire la casa, a Simla, dove avevano vissuto nell’inverno del 1928 con mia madre, che allora aveva due anni”.
Emozionante la storia di Adela Robson sullo sfondo di un Paese il cui Impero anglo-indiano è al tramonto, (l’India raggiungerà la sua indipendenza nel 1947), mentre la II Guerra Mondiale è alle porte.
“Credo a quello che diceva sempre mio padre: l’India appartiene agli indiani e noi l’abbiamo solo in prestito”.
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