La solitudine dell’assassino
- Autore: Andrea Molesini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
Trieste e la poesia, Trieste e le donne, Trieste e la prigionia in Fortezza, Trieste e il calore di una amicizia speciale, Trieste e un antico delitto, Trieste e la storia, questo e molto altro nel ricco ed intenso romanzo che è l’ultimo di Andrea Molesini. Dopo “Non tutti i bastardi sono di Vienna” e “La primavera del lupo”, esce ora “La solitudine dell’assassino”.
L’omicida in questione è un uomo di 81 anni, il bibliotecario triestino Carlo Malaguti, che nel lontano 1986 aveva ucciso con premeditazione una donna, ed era stato condannato all’ergastolo; ora, dopo oltre venti anni di prigionia, per buona condotta sarà liberato, e la direttrice del carcere, la signora Basile, teme che una volta fuori ponga fine alla sua vita. Chiede allora a Luca Rainer, un traduttore colto e sensibile, di incontrare Malaguti e di aiutarlo a reinserirsi nella vita fuori dalla Fortezza, raccontandone la vita in un romanzo; peraltro tra l’anziano detenuto un po’ poeta e il quarantenne traduttore alle prese con l’esperienza di scrivere un romanzo c’è un altro sottile legame: la madre di Luca, ora scomparsa, era stata l’avvocato d’ufficio che aveva seguito il caso Malaguti, per il quale nulla aveva potuto fare, in quanto il colpevole aveva rifiutato caparbiamente qualunque genere di attenuanti, subendo la condanna più severa.
Il libro di Andrea Molesini è una sorta di miniera, nella quale troviamo a fianco dei due protagonisti, il vecchio Carlo e il più giovane Luca, una serie di altri personaggi, che vivono nel presente, come la direttrice del carcere, La Vecchia Blu, in procinto di andare in pensione, inseguita da una malattia degenerativa, intenzionata a salvare quanto resta di Malaguti, divenuto negli anni di detenzione quasi un amico; l’editore del futuro libro di Rainer, che mangia toast a beve birra a spese dei suoi scrittori, e Diana, la sorella di Luca, che cerca di riportare il fratello sognatore con i piedi per terra: i due si incontrano nei caffè triestini, bevendo poco caffè e molto whisky, mentre cercano di ricostruire una sorta di perduta famiglia. Poi però c’è il passato, con i fantasmi che non cessano di angosciare Carlo Malaguti e il suo interlocutore, al quale dovrebbe raccontare i suoi segreti e i gesti che poi lo avevano portato al delitto e a scontare in solitudine, fisica e mentale, quella lunga pena. Nel 1943, sull’isola di Sant’Erasmo, nella laguna veneziana, il giovane Carlo era riuscito a nascondersi per sfuggire alla leva repubblichina; lì aveva conosciuto una ragazza ebrea, Anna, bellissima, di cui si era perdutamente innamorato: lei viveva di libri, leggendo in modo quasi maniacale, fino a quando per una delazione Carlo era stato catturato dai tedeschi, torturato quasi a morte, e costretto a rivelare il nascondiglio di Anna; lei, circondata dai nemici, era morta nel rogo dei suoi libri, prima di essere catturata; lui si era salvato grazie ad una donna, Mama, che lo aveva nascosto. Il senso di colpa per aver tradito Anna non lo abbandonerà. Rainer, a cui non bastano le rivelazioni intermittenti di Malaguti, raggiunge a sua volta l’isoletta lagunare, dove trova, ultra ottantenne, la vecchia gattara Mama, innamorata da allora di Carlo e sua protettrice: di lui conserva i libri, la memoria, il ricordo dell’amore consumato in quei luoghi. Il rapporto fra questi personaggi straordinari, fra presente e passato, vissuto attraverso lettere, ricordi, confessioni, poesie, dediche, lasciti, testamenti, ci accompagnano in un mondo dove delitto e passioni, amore e morte si inseguono senza lasciare a noi lettori il tempo per riflettere sulle ragioni e i torti nell’agire umano: ci sentiamo di assolvere Malaguti? E Luca riesce a perdonare l’abbandono di sua madre? E per La Vecchia Blu è giusto rinunciare al ruolo di carceriera, preferendo quello di amica di un assassino? È davvero un assassino Carlo? Tanti sono gli interrogativi etici che Andrea Molesini dissemina nel suo libro, pieno di libri, di citazioni, di metafore, di sogni, di memorie, di locali triestini nei quali volentieri ci si rifugia, dai
“polverosi colori pastello, gente perbene, vecchia Austria, la Trieste so-tutto-io”
mentre al bar dell’Adriatico si gioca a dama, al caffè San Marco si beve in modo raffinato. Poi il tema dell’amicizia, che dovrebbe legare Malaguti a Luca, o almeno è quanto spera il traduttore anche se il vecchio bibliotecario non gli permette di dargli del tu, e che Molesini definisce attraverso un gesto violento e inatteso di Carlo Malaguti, in barca a vela verso Itaca con Luca:
“Con il suo gesto violento aveva imposto la sua idea di amicizia: non una comoda poltrona, ma la sedia chiodata di un fachiro. L’amicizia è un campo di battaglia, è scomoda, e ogni giorno va rimessa, anche solo un poco, alla prova”.
Infine, un altro tema che ricorre nella storia del Novecento, quello dell’accumulo dei libri che finiscono al rogo, e che nel romanzo occupa un luogo centrale; nella casa sull’isola di Mama sono rimaste
“mensole cariche di libri, il verde della vecchia Medusa Mondadori, e il beige della vecchia Bur rivestivano metri di pareti. C’erano anche libri stranieri, tascabili Penguin, Folio e Livre de Poche…”.
Ma come era successo a Berlino, anche nella piccola isola veneta si era consumato l’orrore del rogo dei libri, che aveva ucciso anche la ragazza ebrea, e che sarà l’origine del drammatico epilogo della tormentata vita dall’assassino.
Libro importante quello di Andrea Molesini, pieno di pathos e di umana pietà, scritto con una lingua piena di poesia, fortemente simbolica a tratti, duramente realistica in altri, ma sempre letterariamente coinvolgente, come nelle ultime parole di congedo di Carlo:
“Sono io che ho fatto le mie sbarre e le mura del mio carcere, non segua il mio esempio, Luca, sia farfalla, lupo, coccinella, e spii il mondo per conto di Dio”.
La solitudine dell'assassino
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