Ah, raccogliersi in sé, e pensare è il primo verso dell’omonimo componimento nella raccolta “La religione del mio tempo” di Pier Paolo Pasolini . Nella lirica si esprime in sintesi il bisogno della pensosità come riflessione in un profondo raccoglimento interiore.
Vi si colgono tutti i segnali possibili del dialogo tra l’io e l’alter ego, di una serrata auto-interrogazione destinata al raggiungimento d’una piena consapevolezza, di un laborioso processo di ricerca volto all’interpretazione della realtà che si vive.
Pasolinicosì richiama l’attenzione su una mente che indaga e che vigila, che osserva e organizza i dati desunti da ogni rapporto intersoggettivo.
L’attività di estraneazione, propria del riflettere, nasce dunque dalla volontà e capacità di decodificare e ricodificare i vissuti esperienziali: da qui la preferenza affidata al rendiconto o alla “narrazione-registrazione” i cui effetti sono coinvolgenti.
“Ah, raccogliersi in sé, e pensare” di Pasolini: testo, analisi e commento
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Quel che emerge sono le immagini/eventi che il “poeta dello scandalo” ritrae e comunica con un linguaggio fluidamente confidenziale.
Pensa e riflette Pasolini accanto al finestrino amico del treno che lo conduce al lavoro. “Posso pensare!”, esclama. Ed è così che gli vive.
È vita il pensare tra la coscienza infelice e la febbrile tensione liberatoria, tra ideologia del rifiuto e forza creativa:
Ah, raccogliersi in sé, e pensare! Dirsi, ecco, ora penso – seduti sul sedile, presso l’amico finestrino. Posso pensare! Brucia gli occhi, il viso, dalle marcite di Piazza Vittorio, il mattino, e, misero, adesivo, mortifica l’odore del carbone l’avidità dei sensi: un dolore terribile pesa nel cuore, così di nuovo vivo.
È l’interna forza dinamica che gli provoca il bisogno dell’auto-rappresentazione, fissandola in uno svelamento dell’irrisione, teso a una condizione sprezzante. Il suo è un guardare ironico in un contesto di desolazione e degradante. Dunque, di banalità.
Bestia vestita da uomo – bambino mandato in giro solo per il mondo, col suo cappotto e le sue cento lire, eroico e ridicolo me ne vado al lavoro, anch’io, per vivere… Poeta, è vero, ma intanto eccomi su questo treno carico tristemente di impiegati, come per scherzo, bianco di stanchezza, eccomi a sudare il mio stipendio, dignità della mia falsa giovinezza, miseria da cui con interna umiltà e ostentata asprezza mi difendo…
Pasolini, poeta-lavoratore, si confessa in una quotidianità elementare e delinea una mitografia dell’ordinario esistenziale, espressa in una sapienza di vita dettata dal bisogno di sopravvivenza. In ogni caso nasce da un’esigenza di confessione nitida e raffinata nel cui ambito si colloca una ricerca collettiva emergente da un fondo psicologico turbato e risentito.
Il senso dello scacco trova nel pensare la sua rivincita e Pasolini scrive versi che ne esplicano il valore prometeico. Pensando, la partita non è perduta e la vita non è ancora annichilita. A persistere come leitmotiv è l’impeto conoscitivo:
Ma penso! Penso nell’amico angoletto, immerso l’intera mezzora del percorso, da San Lorenzo alle Capannelle, dalle Capannelle all’aeroporto, a pensare, cercando infinite lezioni a un solo verso, a un pezzetto di verso.
Apre l’animo alla bellezza del vivere lo stupendo privilegio del pensare, mentre alla forza dello sguardo non sfugge lungo il percorso ferroviario un misero paesaggio di casette ad uso di povera gente e scabro di verde che gli evoca l’avaro Corot per le poche concessioni al colore verde nei suoi dipinti.
La realtà deturpata lo mostra estraneo e insofferente.
Allora che il poeta scopre altre dimensioni della realtà espresse con raffinata, anaforica musicalità. Perciò, il suo realismo, nato dalla descrizione come in un quadro o in un affresco, sembra farsi onirico: è luce che fa penetrare la realtà attraverso un atteggiamento liricamente sognante.
Che stupendo mattino! A nessun altro
uguale! Ora fili di magra
nebbiolina, ignara tra i muraglioni
dell’acquedotto, ricoperto
da casette piccole come canili,
e strade buttate là, abbandonate,
al solo uso di quella povera gente.
Ora sfuriate di sole, su praterie di grotte
e cave, naturale barocco, con verdi
stesi da un pitocco Corot; ora soffi d’oro
sulle piste dove su deliziose groppe marrone
corrono i cavalli, cavalcati da ragazzi
che sembrano ancor più giovani, e non sanno
che la luce è nel mondo intorno a loro.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Ah, raccogliersi in sé, e pensare”: l’importanza della riflessione nella poesia di Pier Paolo Pasolini
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