Al Paradiso è meglio credere
- Autore: Giacomo Poretti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2015
Giacomo Poretti, noto comico del trio “Aldo, Giovanni e Giacomo”, collaboratore di Avvenire e La Stampa, ha da pochi mesi pubblicato il suo secondo romanzo “Al Paradiso è meglio credere” (Mondadori, 2015). Con la sua tipica lieve ironia ma anche, per il pubblico che lo conosce solo per le sue gag, con inaspettata profondità, ci presenta un’opera narrativa dalle tematiche non banali, dalla trama piacevole e dal significativo messaggio.
Siamo nel 2053 e da poco è morto l’io narrante della storia: si tratta di Antonio Martignoni che ”scrive” la propria esperienza dal Paradiso. E’ proprio così: Antonio è morto da poco e si ritrova in quell’Aldilà riguardo al quale tante domande s’era posto in vita. Ora, dopo essere stato travolto da un’auto, in Paradiso c’è finito davvero e tanti suoi dubbi vengono così fugati. Quel luogo esiste anche se Poretti ad esso non dedica la parte più profonda. Il Paradiso, nel romanzo, è descritto in modo allegro come luogo dell’eternità, dove tutto dura tanto, dove nulla fa male e ci si può concedere di bere innumerevoli calici di bollicine guadagnando sempre di più in sobrietà, cibarsi di salsicce, hamburger, scamorze a volontà senza che il colesterolo ne risenta. Insomma, lassù tutto è bene, il male non esiste eppure qualcuno viene ancora mandato “in missione” sulla Terra per dare un segno che “al Paradiso è meglio credere”. Toccherà anche ad Antonio che scriverà della sua vita su un vecchio computer ritrovato poi in una discarica. Ecco cos’è diventata la Terra: un luogo in cui molto si rottama, dai tanti oggetti della casa ai pc non più usati. Sarà Frank, studente lavoratore, a ritrovare, in un vecchio Mac, il messaggio di Antonio.
Chi è costui? Un uomo dalla vita vissuta in due periodi differenti perché, a metà circa di essa, dopo infinito vagare in seguito alle proprie inquietudini, per un caso fortuito, si finge prete. Da lì si dipana la nuova vita di don Antonio che come sacerdote è ben accetto anche se copia da Internet le sue prediche. Non importa: quel che vale è la dedizione e i fedeli in don Antonio la percepiscono e così partecipano volentieri alle Messe prima in una sperduta chiesetta di montagna, poi nella Milano del futuro. Tante le vicende gradevolmente narrate ma quel che colpisce sono i pensieri che Antonio rivolge a quel Dio lontano.
“Che bisogno avevi di crearci? Non Te ne stavi forse immerso nella Tua incalcolabile potenza, non eri così perfetto in ogni attributo che non mancavi di nulla? Che cosa Ti ha spinto, cosa ha mosso la Tua perfetta immobilità? Di cosa hai avuto bisogno ancora, che già non possedevi? Non eri felice in Te stesso? Non sei Tu il padrone, il Signore di tutto?.... Perché accetti questo, perché? Cosa Ti spinge? Cosa si è incrinato nella Tua perfezione? Ti sei separato da Te stesso? Hai diviso Te stesso che sei l’Uno, che sei l’Essere, in miliardi di brandelli? Che cos’hai fatto, che la mia mente non riesce a pensare? Hai bisogno di noi, di me, Dio?”
Domande non da poco, non solo per il protagonista ma anche per i singoli lettori. C’è inoltre ancora da riflettere: la società del 2053, come la descrive Poretti, non è il meglio del meglio. Certo, si è evoluta, cosi tanto che non esiste nemmeno più la scrittura e si comunica attraverso mezzi multimediali; il resto, come già detto, è destinato alla demolizione. C’è posto solo per quello che funziona a perfezione e per chi è giovane e in salute. Anche gli anziani vengono “rottamati”. Non sono più utili e bisogna esser pratici in una società così all’avanguardia. Non c’è posto per i sentimenti; quindi le persone cui vogliamo bene, quando hanno oltrepassato i settanta, vengono fatte sparire da un giorno all’altro. Quanta tristezza e amarezza!
Ecco ciò di cui scrive il protagonista che di tanto ci parla, prima di tutto di Dio che è innanzitutto è soprattutto Amore, quel sentimento non dimostrabile, nemmeno, come scrive il protagonista, attraverso una Tac o altri esami diagnostici a livello assai avanzato.
Attorno a questi pensieri ruota la narrazione che si legge con estrema piacevolezza e che ha un finale un po’ inaspettato. Non ci resta che addentrarci nella vicenda e conoscere, attraverso don Antonio, un Giacomo Poretti che, seppur comico di professione, per i contenuti del libro si fa seriamente apprezzare.
Al Paradiso è meglio credere
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