Le immagini marine tornano sovente nelle poesie di Charles Baudelaire, del resto era proprio il poeta francese a dire Uomo libero tu amerai sempre il mare. Questa premessa è significativa per comprendere una delle liriche più celebri dell’autore: l’Albatros, considerata un vero e proprio manifesto di poetica, al pari de Le corrispondenze, e anche una chiave di lettura imprescindibile per comprendere la società contemporanea.
Il tema della poesia “L’albatros” potrebbe essere stato ripreso da Baudelaire dalla celebre Ballata del vecchio marinaio di S.T. Coleridge in cui l’Albatros, questo grande uccello marino dalle ali bianche, è un personaggio fondamentale per lo svolgersi della storia, la causa scatenante degli eventi che fanno la sostanza stessa del poema.
Impossibile non pensare all’albatros d’estate, quando la brezza del mare richiama l’immagine pura di questo grande uccello così simile al gabbiano. Ma attenzione, l’albatros non è un gabbiano, si tratta di due specie diverse. L’uccello reso celebre dalla poesia di Baudelaire è infatti noto per essere uno dei volatili più grandi della terra, dall’apertura alare pari a tre metri di lunghezza che lo rende particolarmente dotato nel volo. Inoltre l’albatros (in italiano detto anche “albatro”) presenta un manto più candido di quello del gabbiano e una testa di dimensioni maggiori rispetto al corpo. È un uccello raro, prezioso, solitario: proprio per questo in letteratura spesso gli viene attribuito un singolare significato simbolico.
Nella poesia di Baudelaire il grande uccello marino diventa allegoria di un modo di vivere, sotto questo punto di vista ricorda una celebre poesia italiana di Vincenzo Cardarelli, intitolata I gabbiani, in cui il poeta riferendosi agli animali alati dice: “io sono come loro” e conclude “ma il mio destino è vivere balenando in burrasca”. Anche Baudelaire umanizza gli uccelli marini, ma il ritratto che ne consegue, il simbolismo del suo albatro, è per certi versi estraniante e ci consegna una visione desolante che ci rimane attaccata addosso anche molto tempo dopo la lettura della poesia.
L’albatros era la seconda poesia contenuta nella prima edizione raccolta Les Fleurs du Mal (1857), esplicativa della sezione iniziale Spleen et Idéal.
Scopriamone testo e analisi.
L’Albatros di Baudelaire: testo
Spesso, per divertirsi, i marinai
catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,
indolenti compagni di viaggio delle navi
in lieve corsa sugli abissi amari.L’hanno appena posato sulla tolda
e già il re dell’azzurro, maldestro e vergognoso,
pietosamente accanto a sé strascina
come fossero remi le grandi ali bianche.Com’è fiacco e sinistro il viaggiatore alato!
E comico e brutto, lui prima così bello!
Chi gli mette una pipa sotto il becco,
chi imita, zoppicando, lo storpio che volava!Il Poeta è come lui, principe delle nubi
che sta con l’uragano e ride degli arcieri;
esule in terra fra gli scherni, impediscono
che cammini le sue ali di gigante.(traduzione di Giovanni Raboni)
L’Albatros di Baudelaire: testo originale francese
Souvent, pour s’amuser, les hommes d’équipage
Prennent des albatros, vastes oiseaux des mers,
Qui suivent, indolents compagnons de voyage,
Le navire glissant sur les gouffres amers.A peine les ont-ils déposés sur les planches,
Que ces rois de l’azur, maladroits et honteux,
Laissent piteusement leurs grandes ailes blanches
Comme des avirons traîner à côté d’eux.Ce voyageur ailé, comme il est gauche et veule !
Lui, naguère si beau, qu’il est comique et laid !
L’un agace son bec avec un brûle-gueule,
L’autre mime, en boitant, l’infirme qui volait!Le Poète est semblable au prince des nuées
Qui hante la tempête et se rit de l’archer;
Exilé sur le sol au milieu des huées,
Ses ailes de géant l’empêchent de marcher
L’Albatros di Baudelaire: analisi e commento
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Cosa rappresenta l’albatros nella poesia di Baudelaire? La rivelazione ci viene data soltanto nell’ultima strofa: “il poeta è come lui”. Il grande uccello marino dalle ali bianche rappresenta dunque un’allegoria del poeta stesso, ma anche dell’uomo-artista che vive una sorta di condizione di esilio nella società contemporanea in cui alla cultura, all’arte, alla sensibilità viene dato così poco peso.
Nella prima strofa l’Albatros ci viene presentato come lo zimbello dei marinai, che catturano l’uccello per divertimento e lo maltrattano con i loro giochi crudeli (questa premessa ci ricorda La ballata del vecchio marinaio, in cui invece l’albatros sarà ben accolto dall’equipaggio ma farà una brutta fine). Non c’è una vera ragione per cui i marinai si fanno beffe dell’albatros, sembra essere un comportamento dettato dalla noia e dal malcontento che ci restituisce un’immagine lampante della cattiveria umana presentata nel suo stato più puro.
Successivamente ci viene mostrato come l’albatros, strappato al suo elemento primigenio, fatichi ad adattarsi alla nuova condizione: le sue ali sono fatte per volare, sulla terra gli sono solamente d’impaccio. Ecco che lui, il solenne uccello re dei mari, ci appare comico e sgraziato, una presenza ridicola e impacciata; mentre prima, quando volava sopra le onde, era così bello.
Il simbolismo dell’Albatros in Baudelaire
Il povero albatros ci suscita un acuto senso di pena, ma attraverso questa immagine il poeta rappresenta la sua stessa condizione di “esule in terra”, perché i poeti, gli artisti - questo ci dice tra le righe Baudelaire - appartengono a un altrove e se costretti a confrontarsi con la realtà nel suo arido piattume appaiono creature goffe, mediocri, manchevoli. Le ali “da gigante” dell’albatros non sono fatte per stare ancorate alla terra, ma per solcare l’infinita libertà dei cieli; così come l’anima del poeta non è fatta per questo mondo che soffoca la poesia e la sensibilità dell’arte.
I marinai crudeli presentati nella prima strofa dunque rappresentano l’aspetto più brutale dell’umanità quando è ridotta a massa informe, a folla vociante e giudicante. Molestano il povero uccello per il puro gusto di farlo, sfogando una rabbia che a ben vedere sembra avvelenare anche la nostra contemporaneità, come possiamo osservare dalle nostre cronache o, più semplicemente, leggendo i commenti dei numerosi “leoni da tastiera” che spopolano sui social.
Siamo una società arrabbiata, sbraitante, disordinata e frenetica, proprio come la ciurma di quella nave che sembra correre sugli “abissi amari” di un’epoca. A distanza di più di un secolo dalla composizione della poesia di Baudelaire abbiamo una certezza: se messo in mezzo a noi, agli uomini del XX secolo, il suo splendido albatros non farebbe una fine migliore. La capacità di cogliere la bellezza del particolare, il messaggio non espresso si sta sempre più assottigliando in un mondo sempre più votato all’apparenza, alla comunicazione immediata: ne risulta una società superficiale e violenta in cui non c’è spazio per i poeti. Lo diceva Baudelaire a metà Ottocento, lo ripetiamo noi oggi.
Il poeta francese avrebbe riproposto più avanti la medesima allegoria, nel 1860, con la poesia Il cigno contenuta nella seconda edizione dei Fiori del male. In un altro grande uccello alato, creatura ibrida delle acque e della terra, Baudelaire rifletteva il proprio dolente disincanto: l’immagine di un’umanità ormai esiliata da sé stessa che non ha veramente a cuore l’umano.
Nell’albatros sbeffeggiato dai marinai, nel cigno che vaga solitario per le strade di Parigi troviamo quell’elemento anomalo, diverso, estraniante che è la sostanza stessa della poesia perché rompe lo schermo piatto della realtà.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “L’albatros” di Charles Baudelaire: testo, analisi, significato
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