Charles Baudelaire moriva a Parigi il 31 agosto 1867. Il grande poeta francese, considerato il “padre della modernità”, si spegneva tra le braccia della madre a soli quarantasei anni.
La poesia di Baudelaire ha rappresentato uno spartiacque emblematico nella letteratura: non a caso si dice che ci sia “un modo di sentire prima di Baudelaire e un modo di sentire dopo Baudelaire”.
I versi del poeta francese sono considerati i precursori del simbolismo e dei movimenti delle avanguardie del Novecento. Le sue poesie raccontano la condizione di sradicamento ed emarginazione dell’uomo moderno che si trova a vivere in una società capitalistica e disumanizzata.
Il cigno di Baudelaire: un’opera allegorica
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Dei numerosi componimenti contenuti nella raccolta più celebre del poeta, I fiori del male (1857), ve n’è uno in particolare che può essere letto come un vero e proprio manifesto di poetica baudelairiano.
Si tratta de Il cigno (1860), un’opera allegorica che rappresenta l’esilio del poeta nella società moderna.
La poesia fu inserita nella seconda edizione de I fiori del male ed è contenuta nella seconda sezione della raccolta, quella dei cosiddetti Tableaux parisiens (I quadri parigini, Ndr), può essere considerata una delle opere più belle ed enigmatiche della produzione letteraria di Baudelaire.
Il testo potrebbe risultare difficile da comprendere a una prima svagata lettura, ma di certo la rima “malinconia/allegoria” continuerà ad echeggiare a lungo nella mente del lettore acquisendo nuovi orizzonti di senso, così come il tragico ritornello: “ah, la vecchia Parigi scompare!” (Le vieux Paris n’est plus, Ndr).
Nel 1859 Baudelaire inviò la poesia a Victor Hugo, che in quel periodo era esule sull’isola di Guersenay in seguito al colpo di stato di Napoleone. La lirica è dedicata proprio al grande scrittore francese come testimonia la lettera vergata a mano dal poeta: “Vogliate gradire questo mio piccolo simbolo”, scriveva Baudelaire ad Hugo presentando l’opera.
Il cigno è una poesia imprescindibile per analizzare l’inconoscibile avventura della modernità e comprendere appieno le misteriose “correspondances” di Baudelaire.
Scopriamone testo, analisi e significato.
“Il cigno” di Charles Baudelaire: testo
È a te che penso, Andromaca! Quello stento fiume,
misero, opaco specchio dove un tempo
rifulse, immensa, la maestà del tuo dolore,
Simoenta bugiardo, gonfio del tuo pianto,nel traversare il nuovo Carosello, d’improvviso
fecondò la mia fertile memoria. Parigi,
la vecchia Parigi scompare (una città
muta di forma, ahimè!, più veloce d’un cuore mortale);rivedo nella mente quelle baracche
quell’ammasso di capitelli sbozzati e di fusti,
l’erba, i grandi blocchi inverditi dall’acqua delle pozzanghere,
e, brillanti, dietro le vetrine, le anticaglie confuse.Là sorgeva,
altro tempo, un serraglio; là un mattino,
allora che sotto un alto, algido cielo
il Lavoro si sveglia e dalle strade
s’alza un cupo uragano nell’aria silenziosa,dalla sua gabbia un cigno era fuggito. Io lo vidi: raspava
l’arido selciato con i piedi palmati,
le bianche piume trascinava sullo scabroso suolo.
Spalancando a un secco rigagnolo il becco, l’animale,convulso, bagnava le ali nella polvere
e con il cuore colmo del suo lago natale,
quando, diceva, pioggia, cadrai? quando, diceva,
tuonerai, folgore? Io lo vidi,essere sventurato, mito strano e fatale,
a tratti, come l’uomo d’Ovidio, verso il cielo,
l’ironico, il crudelmente azzurro cielo, sul frenetico collo
tender l’avida testa, quasi rimproverasse Dio!II
Parigi cambia! Ma niente nella mia malinconia
è cambiato! Palazzi nuovi, impalcature, blocchi,
vecchi sobborghi, tutto per me diventa allegoria,
e i miei cari ricordi sono più pesanti delle rocce.Così davanti a questo Louvre, un’immagine mi opprime:
Penso al mio grande cigno, ai suoi gesti folli,
come gli esiliati, ridicolo e sublime,
e corroso da un desiderio senza tregua! E poi - penso- a teAndromaca, dalle braccia di un grande sposo è caduta
come vile bestiame sotto la mano del superbo Pirro,
Vicina ad una tomba vuota, china ed in estasi
Vedova di Ettore, ahimé! E moglie di Eleno!Penso alla negra, dimagrita e tisica,
che cerca, coi piedi nel fango, l’occhio torvo,
le palme assenti della superba Africa
dietro la muraglia immensa della nebbia(Penso) a chiunque abbia perso quel che non si ritrova
mai, mai! (Penso) a quelli che si abbeverano di lacrime
e che il Dolore allatta come una lupa buona!
(Penso) agli orfani magri, appassiti come fiori!Così nella foresta in cui il mio animo esilia
Un vecchio Ricordo suona il corno a perdifiato!
Penso ai marinai dimenticati in un’isola,
(penso) ai prigionieri, ai vinti! e a tanti altri ancora!
“Il cigno” di Charles Baudelaire: analisi e commento
Sembra che la poesia si ispirata a un fatto realmente accaduto. Il 16 marzo del 1846, dei cigni planarono in volo per le strade Parigi, come riportano alcune cronache dell’epoca. Charles Baudelaire potrebbe essersi ispirato a questo evento insolito, traendone lo spunto di partenza per una delle sue poesie più belle, simboliche e complesse.
Il tema centrale della poesia è quello dell’esilio. Sin dal primo verso Baudelaire presenta infatti al lettore il personaggio di Andromaca, la nobile vedova di Ettore poi ridotta schiava, considerata l’esiliata per eccellenza. La triste figura di Andromaca anticipa l’immagine emblematica del cigno, vero protagonista della lirica. I due sono accomunati dalla stessa disperazione cui reagiscono con fiera nobiltà ciascuno a proprio modo: mentre Andromaca si piega presso un sepolcro vuoto, il cigno solleva il collo verso il cielo quasi volesse interrogare Dio.
Il candore dell’animale alato appare in forte contrasto con l’atmosfera innaturale della città, sembra quasi fatto prigioniero delle strade di Parigi. Tramite il suo cigno Charles Baudelaire rappresenta l’allegoria dell’intellettuale o del poeta che appare esiliato dalla società a lui contemporanea, proprio come Victor Hugo - cui la poesia è dedicata.
Il cigno cammina goffo tra le strade che non gli appartengono, mentre le sue bianche ali si insozzano della polvere dei cantieri. La vecchia Parigi sta per essere demolita, vengono costruiti nuovi quartieri, nuove strade. Il cigno sembra osservare tristemente questo spettacolo, incapace di accettare la cancellazione del passato in nome della modernità.
La città di Parigi appare come una sinnedoche per rappresentare, in realtà, il mondo intero che si modifica seguendo l’onda inarrestabile del progresso.
Nella seconda parte della poesia Baudelaire inserisce una frase che appare come un vero e proprio manifesto di poetica “nella mia malinconia (...) tutto diventa allegoria”. La figura del cigno appare dunque come allegoria della condizione esistenziale del poeta: il cosiddetto Spleen, l’angoscia, il tedio esistenziale che alimenta la consapevolezza dell’inutilità di ogni sforzo. Ogni tentativo di evasione è inutile, l’uomo moderno non riesce a sfuggire allo Spleen che esemplifica I“tinerarium mentis in nihil”, il viaggio della mente verso il nulla concepito dal poeta come unico senso dell’esistenza. Come il suo cigno “mythe étrange et fatal”, Baudelaire si sente prigioniero e impotente di fronte allo scempio operato dalla modernità, che continuamente costruisce e demolisce, indifferente alla sofferenza degli uomini.
L’identificazione tra cigno e poeta è dunque compiuta e la voce narrante può finalmente manifestarsi. Negli ultimi versi il poeta fa capolino ripetendo spesso “je pense” come in un tentativo di riflettere sul messaggio che intende trasmettere. Il suo pensiero non è dunque più rivolto - come nell’incipit - alla figura mitica di Andromaca (Andromaque, je pense à vous!, Ndr) ma si riannoda su se stesso e prende in esame la condizione terrena, disperata e tangibile dell’umanità: gli orfani, i prigionieri, gli esuli (in cui si può cogliere il riferimento a Victor Hugo, Ndr), e i vinti. L’allegoria poetica di Baudelaire intende dare corpo, forma e voce proprio a tutte queste figure che abitano la città-mondo pur senza riconoscervisi, ciascuna portando con sé il peso del proprio dolore.
Nel candore del cigno che cammina a fatica tra le strade secche, polverose di una Parigi caotica e tuttavia desolata possiamo tutti riconoscerci, così come nel suo canto che sembra interrogare invano un cielo che è vuoto e “crudelmente azzurro”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il cigno” di Charles Baudelaire: testo, analisi e significato della poesia
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