Alessio Romano nasce a Pescara nel 1978. Nel 1997 va a vivere a Bologna dove studia Lettere Moderne indirizzo Filologico. Nel 2002 si trasferisce a Torino e frequenta il master in tecniche della narrazione della scuola Holden. Lì scrive un paio di dozzine di racconti, gira un cortometraggio e inizia a scrivere il suo romanzo ‘Paradise for all’ pubblicato dalla Fazi nel 2005 e giudicato da D’Orrico sul Corriere della sera:
uno dei migliori debutti dell’anno.
- Alessio, intanto ti do il benvenuto a quella che non sarà la solita intervista chilometrica, ma solo 4 chiacchiere contate.
Prima chiacchiera: ‘Paradise for all’ è il tuo esordio. Sul tuo sito ufficiale però scrivi che il primo romanzo l’hai ultimato alla fine degli anni novanta, a Bologna, e che ‘Paradise for all’ viene dopo. Ti va di parlarci di quel tuo primo tentativo? Perché non ha visto la luce dei riflettori? Eri ancora troppo acerbo, alla ricerca di una strada tua e uno stile personale oppure non era il momento, e un giorno, chissà, potremmo trovarlo sugli scaffali delle librerie?
Forse il termine romanzo è esagerato, anche perché si tratta di una novantina di cartelle, più una novella o un racconto lungo, che forse, completamente riscritto, potrebbe stare bene in una raccolta. L’avevo iniziato durante il quinto anno delle superiori (l’unico vero “manoscritto” della mia vita, cioè scritto a mano, a stampatello su un quaderno di carta scura che purtroppo è andato perso in uno dei miei traslochi). Poi a Bologna, da matricola, ho comprato per centomila lire un vecchio Macintosh Plus con uno piccolo schermo verdognolo (lo stesso computer che usava Martin Mystère) e l’ho riscritto completamente. Certo, quel tipo di voce narrante non la sento più mia, una terza persona onnisciente e l’uso del passato remoto che ora come ora farei una gran fatica ad adoperare, perché mi trovo più a mio agio con la prima persona e l’uso del presente. Della trama ho un buon ricordo: grottesca, avventurosa, “pulp” nel vero senso della parola, con tanti personaggi che si inseguono tra di loro tra la provincia, Bologna e Amsterdam. Scriverlo per me è stato uno dei momenti formativi più decisivi, per tante ragioni: perché mi ha fatto capire quanto inventare storie fosse importante; perché è stata la mia prima sfida per misurami con la parola scritta; perché lo davo da leggere ad amici e mi rendevo conto che lo leggevano velocemente e volentieri e questo mi rendeva felice in un modo particolare e unico.
- Seconda chiacchiera: Veniamo alla nota dolente per me che non credo neanche un po’ nei corsi di scrittura: la scuola Holden di Torino. A te come ad altri, fra gli ultimi Paolo Giordano, ha portato molta fortuna perché è lì che hai cominciato a scrivere ‘Paradise for all’ pubblicato poi dalla Fazi. Ti hanno insegnato qualcosa (nel caso, cosa?) oppure non sarebbe cambiato nulla se non fossi partito per Torino, perché eri tu ad essere bravo? A distanza di qualche anno ti chiedo quanto del tuo successo lo attribuisci alla Holden e quanto a te stesso o a fattori non legati alla costosa scuola fondata da Baricco?
Io, invece, al di là del caso specifico della Holden, credo molto nei corsi di scrittura, tanto che negli ultimi anni ne ho organizzati e tenuti io stesso tantissimi, arrivando a dirigere un festival letterario (“Montesilvano Scrive”) che punta tutto sul rapporto tra scrittori affermati, aspiranti scrittori, pubblico ed editori. Credo che dal confronto tra la purezza di chi coltiva un sogno e l’esperienza di chi quel sogno l’ha realizzato non possano che venire benefici per tutti. Non posso garantire che i corsi che tengo siano utili, di certo lo sono per me. Se mi passi il gioco di parole, “insegnare mi ha insegnato tantissimo”. In questi giorni è in uscita una raccolta di racconti per l’editore abruzzese NEO, sul tema del terremoto, con un testo di una ragazza che ha frequentato i miei corsi e ho accolto questa notizia quasi come fosse stato un mio secondo esordio. Il talento è qualcosa con cui si nasce e nessuno te lo può dare; la forza per coltivarlo è qualcosa, invece, a cui puoi attingere in tanti modi. Nella peggiore delle ipotesi incontrarsi con delle persone, leggere i propri racconti e sentire l’opinione di un editor, uno scrittore o un critico è un bel modo di passare il proprio tempo.
- Terza chiacchiera: Deve averti segnato parecchio l’esperienza, al punto che decidi di ambientare il tuo libro proprio fra le aule della Holden. Elena è una promettente e bellissima allieva della scuola il cui corpo viene ritrovato nudo e dilaniato da innumerevoli coltellate. Come ti è venuta l’idea di trasformare gli insegnanti della scuola, che nel libro hanno i nomi di scrittori esistenti e che realmente lavorano lì, e gli studenti, aspiranti narratori, in potenziali assassini? Non se la sono presa neanche un po’ ritrovandosi fra le tue pagine tratteggiati tutti con necessario sospetto?
Che io sappia non se l’è presa nessuno. In fondo si tratta per lo più di semplici camei; con l’esclusione di Sandro Veronesi, che ha un ruolo importante nella trama, ma che credo si sia divertito, tanto da firmare una fin troppo lusinghiera quarta di copertina. In generale, credo sia più onesto (anche se più rischioso), quando serve, infilare i personaggi con i loro nomi e cognomi reali, piuttosto che deformarli creando innocui universi paralleli. In una buona percentuale dei casi la parte più falsa e ipocrita di un libro è quella dicitura iniziale che, a titolo precauzionale, informa il lettore che “Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale”.
Poi, in generale, io credo che l’auto-fiction, sfruttare il proprio vissuto autobiografico per creare storie di finzione, sia un buon modo per immettere energia nei libri.
- Quarta chiacchiera: ‘Paradise for all’ ha avuto ottime recensioni, una grande attenzione da parte dei media che fanno sempre un po’ fatica a lasciarsi attrarre da un esordiente, discreti risultati di vendita. Guardiamo al futuro. Sono passati ormai cinque anni dalla sua pubblicazione, perché ancora non esce il nuovo libro di Alessio Romano? Ci stai ancora lavorando, oppure è un problema di editore? Dacci buone notizie.
Attualmente sono al lavoro su un thriller complesso, nel quale sono confluite tante tematiche, a partire da un’idea di base semplice e, spero, efficace. Procedo lentamente, ma sono già alla seconda stesura dopo la decisione di cambiarne l’ambientazione. Spero di finirlo presto, ma non ho fretta. Per quanto riguarda la scarsa forza attrattiva degli esordienti non ne sarei così sicuro. Sicuramente gli esordienti esercitano un grande fascino sugli editori, sia perché vanno di “moda”, nel senso che possono rivelarsi a sorpresa dei veri e proprio fenomeni commerciali, sia per motivi contrattuali: costano di meno e pretendono di meno.
Questa era l’ultima chiacchiera: non mi resta che salutarti e ringraziarti per aver accettato il mio invito, facendoti molti in bocca al lupo per il tuo futuro. Se vuoi lasciare un messaggio al mondo intero, qui puoi farlo.
Crepi il lupo e grazie a te per le quattro chiacchiere. Namasté.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Alessio Romano
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