All’aria aperta
- Autore: Claude Monet
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Casa editrice: Via del Vento
- Anno di pubblicazione: 2010
Parigi, la capitale del XIX secolo, la metropoli dei passages, i corridoi in marmo e vetro su cui affacciano i primi magasins de nouveauté coi loro imponenti depositi merci.
La città multiforme di architetture e panorami che fanno recedere l’arte e la pittura a una mera funzione decorativa, declinata sempre più in senso consumistico e commerciale.
Applicazione dell’arte alle strutture di potere, da cui alla metà dell’ ‘800 ha già sviluppato una meccanica dipendenza, introducendone nel paesaggio urbano espressioni ed autoritarismi.
È l’epoca della ribalta di Haussmann, l’artista demolitore che vede nei boulevards la possibilità di scongiurare la costruzione delle barricate in città, e con ciò allontanare il rischio della guerra civile, promotore di espropriazioni violente all’origine di manovre speculative sostenute dalla frode, colui che si fece carico di professare un odio viscerale per la popolazione déracinée di Parigi. Esempio di somma incoerenza, dal momento che furono esattamente i suoi maneggi a far lievitare gli affitti, costringendo il proletariato a riversarsi nei sobborghi, e così destrutturando a colpi di scure l’unità fisica e l’identità culturale, allacciate nei secoli, dei quartieri parigini.
Nella fervida aria che investe la capitale francese a metà del secolo, descritta da Walter Benjamin in un saggio mirabile dei suoi Schriften, nasce l’avanguardia impressionista, accompagnandosi strettamente peraltro all’innovazione della fotografia.
Ed è tra qui e Le Havre che Claude Monet fissa le prime pennellate e prova a elaborare sulla tela un linguaggio fatto di aria e di luce.
“Voglio dipingere l’aria in cui sono immersi il ponte, la casa, il battello: la bellezza dell’aria in cui mi trovo. Ed è una cosa quasi impossibile. Ah, potessi accontentarmi di ciò che è possibile!”.
Mentre in una lettera di poco successiva si legge:
“Occorre parecchio lavoro per poter esprimere ciò che cerco, e cioè “l’immediatezza”, in particolare il velo di luce, quello che si sparge su ogni cosa”.
Ecco i due fenomeni cui Monet rivolge il suo occhio e la sua mano, inseguendoli nella ricerca pittorica di un’intera vita.
Mosso fin da giovanissimo da un’irrequietezza che lo faceva essere costantemente insoddisfatto degli insegnamenti ricevuti, spingendolo a cambiare in velocità studi e maestri, dopo essersi arruolato in Africa nel corpo dei Cacciatori, e da qui, trascorsi due anni di servizio, congedato per malattia, approda da Gleyre.
Nonostante si senta subito in rotta anche con la pittura professata da costui, vi incontra compagni interessanti, cui le lezioni andavano strette quanto a lui e, avviando un sodalizio destinato ad essere durevole, danno vita a una “secessione” dall’ambiente ormai invecchiato della cosiddetta arte convenzionale.
Quei giovani che di lì a poco avrebbero scritto un nuovo capitolo della storia dell’arte si chiamavano Renoir, Sisley e Bazille. Il dado è tratto.
Monet comincia a mettere in cantiere il principio della suddivisione cromatica, che porterà alla definitiva rottura coi Salons e all’esposizione del gruppo dei fuoriusciti, ossia Cézanne, Degas, Pissarro, Renoir, Sisley, e lui stesso, nel 1874. Non è un caso che l’officiante di tale eresia sia il fotografo Nadar. Giacché, e torniamo all’analisi di Benjamin, “i primi fotografi appartenevano all’avanguardia e la loro clientela usciva in gran parte da essa”; e ancora, è “per reazione alla fotografia, che la pittura comincia ad accentuare gli elementi coloristici del quadro”. A questo contribuì, è probabile, anche il crescente bailamme metropolitano, con i grandi assembramenti della più varia umanità sugli ampi viali di recente costruzione. Rumoroso e fluido esercizio del colore nella folla. L’avanguardia, del resto, ha una delle proprie ragioni nel tentativo dell’artista di dare una risposta all’avvento della società di massa.
Dalle riunioni serali al caffè di Batignolles, primo vero centro in cui venne teorizzata la ribellione, al trasferimento a Londra nel 1870, il passo era stato breve. Dopo le prime difficoltà, l’incontro col mercante Durand-Ruel, poi con Petit e Boussod, che vendettero abilmente i suoi quadri e quelli di Renoir, Sisley e Pissarro. “La gente cominciò a comperare, e le cose si mossero”. È la consacrazione. Ha così inizio un nuovo grande ciclo di rappresentazione della luce nell’arte.
Quella luce dalla quale Monet fu catturato per la prima volta in Algeria e nella cui resa sulla tela non può non riconoscersi anche l’altrettanto dirompente percorso di Turner, intuizione visionaria la sua, che occupò la scena artistica d’oltremanica cinquant’anni prima.
Plausibile che Monet abbia avuto sotto gli occhi gli album del maestro inglese, alcuni dei quali erano stati riprodotti a stampa; con sicurezza possiamo dirlo per la raccolta I fiumi di Francia, ristampata più volte e circolata tra gli impressionisti. Della consonanza tra i due pittori è peraltro emblematica una frase pronunciata da Monet a Venezia: “Il palazzo che appare sulla tela è solo un pretesto: ciò a cui tendevo era di raffigurare l’atmosfera. Tutta Venezia è immersa in quest’atmosfera. Vi nuota dentro. Venezia è impressionismo in pietra”. Oltre a una comune fonte di ispirazione, del resto intramontata nell’arte, Venezia, è detto esplicitamente che il quadro fa perno sull’atmosfera. Attorno alla necessità di evocarla lo stesso Turner plasmò ed esercitò tutta la sua tecnica, quando all’accusa della poca chiarezza dei suoi dipinti, rispondeva: “L’atmosfera è il mio stile”. Cifra comune, dunque, e conquista imprescindibile di un elemento clamorosamente mancante al linguaggio pittorico, da parte di due artisti che sembrano aver doppiato il furto di Prometeo, scagliandolo fino all’espressionismo e alle vibrazioni dei fauves.
Il volumetto, curato da Antonio Castronuovo, comprende l’autobiografia pubblicata da Monet nel 1900 e alcuni brani tratti dalla corrispondenza e dalle sue riflessioni, proponendosi ai lettori come una sintesi efficace ed elegante del viaggio artistico di un uomo che, seguendo fin da giovane quel che gli suggerì la sua caparbia determinazione e trovando il coraggio di andar contro le imposizioni della famiglia e della società, scrisse un pezzo fondamentale di storia dell’arte.
- Titolo: All’aria aperta
- Autore: Claude Monet
- Curatore: Antonio Castronuovo
- Casa editrice: Via del Vento edizioni
- Anno di pubblicazione: novembre 2010
- Direttore responsabile: Fabrizio Zollo
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