È Alla nuova luna di Salvatore Quasimodo la poesia scelta per l’analisi del testo nella prima prova dell’esame di maturità 2023.
La lirica è tratta dalla raccolta La terra impareggiabile (1958), la penultima raccolta di poesie del poeta Premio Nobel per la Letteratura nel 1959. La poesia, contenuta nella sezione “Domande e risposte” della raccolta vinse il Premio Viareggio. Alla nuova luna fu elogiata dal Presidente dell’Associazione degli Scrittori dell’Unione Sovietica che si congratulò con Quasimodo per aver dedicato una lirica al “nostro Sputnik”. Ma l’autore, giunto a Stoccolma per il ritiro del Premio Nobel per la Letteratura, negò fermamente l’appartenenza a qualsiasi partito politico e di non essersi lasciato influenzare nella sua attività artistica.
Quasimodo disse che la poesia non era dedicata all’“ordigno in sé”, ma a quella luna nuova rappresentata dal genio degli uomini, con l’aiuto di Dio.
Scopriamo testo, analisi e commento della poesia.
Alla nuova luna di Salvatore Quasimodo: testo
In principio Dio creò il cielo
e la terra, poi nel suo giorno
esatto mise i luminari in cielo
e al settimo giorno si riposò
Dopo miliardi di anni l’uomo,
fatto a sua immagine e somiglianza,
senza mai riposare, con la sua
intelligenza laica,
senza timore, nel cielo sereno
d’una notte d’ottobre,
mise altri luminari uguali
a quelli che giravano
dalla creazione del mondo. Amen.
Alla nuova luna di Salvatore Quasimodo: parafrasi
Al principio Dio creò il cielo e la terra, poi nel giorno stabilito pose le stelle nel cielo e al settimo giorno si riposò.
Poi l’uomo, creato da Dio a sua immagine e somiglianza, dopo miliardi di anni, lavorando in maniera instancabile, senza mai riposare, con la sua intelligenza laica posò nel cielo sereno d’ottobre, senza alcun timore di sfidare la potenza divina, un satellite uguale alle stelle che vorticosamente giravano nella creazione del mondo. E così sia.
Alla nuova luna di Salvatore Quasimodo: analisi
La poesia fu scritta nel 1958, proprio nell’anno caldo della prima corsa allo Spazio, in piena Guerra Fredda. La contestualizzazione della lirica in questo caso si rivela centrale per la sua piena comprensione. La famosa “corsa allo Spazio” iniziò il 4 ottobre 1957, quando l’URSS mise in orbita il primo satellite sovietico: lo Sputnik, fu il primo lancio orbitale della storia.
La poesia di Quasimodo fa riferimento a questa particolarissima atmosfera di frenesia e conquista e avventura. Si stava per esplorare l’inaudito, si stava andando oltre i limiti del creato: l’intelligenza laica degli uomini si avvicinava a quella di Dio. A tutto questo l’autore fa riferimento quando parla di nuova luna, una nuova frontiera della comprensione umana che andava oltre il limite estremo della creazione del mondo: nella conoscenza di nuovi mondi l’umanità si avvicinava a Dio.
Quasimodo nega di affiancarsi all’ideologia sovietica, dalla quale prende le distanze, tuttavia è indubbio che l’avvenimento cui fa riferimento nella lirica è proprio il lancio dello Sputnik, come ci dimostrano le coordinate temporali espresse nella poesia: “una notte d’ottobre”.
È chiaro sin dal primo verso che Salvatore Quasimodo si serve del sottotesto biblico, se ne appropria in un’ottica letteraria e trasformativa. Nel primo libro della Genesi si legge:
In principio Dio creò il cielo e la terra
Il poeta riprende l’identica frase con l’intenzione di stabilire, come vedremo, un chiaro parallelismo tra la creazione divina e la nuova creazione umana. Dio trasforma ciò che era vuoto in forme in uno spazio brulicante di vita, illumina le tenebre della notte e infine pone nel cielo le stelle:
DIO fece quindi i due grandi luminari: il luminare maggiore per il governo del giorno e il luminare minore per il governo della notte; e fece pure le stelle.
E DIO li mise nel firmamento dei cieli per far luce sulla terra.
Tramite una metafora Quasimodo mette in relazione i “luminari” della notte, la luna e le stelle, al nuovo satellite creato dall’uomo per solcare i cieli e le profondità abissali dello spazio.
Il nuovo marchingegno creato dall’uomo (lo Sputnik, Ndr) viene affiancato a un’opera di creazione divina. L’intelligenza umana, nota il poeta, si è sviluppata a tal punto da sfidare l’onnipotenza di Dio.
A quel tempo, nel 1958, l’uomo non aveva ancora conquistato la Luna, eppure Quasimodo già presentiva che quel primo lancio orbitale costituiva una tappa importantissima nel percorso dell’evoluzione umana. L’umanità intera, grazie al progresso scientifico e tecnologico, aveva appena varcato una soglia, attraversato un limite inaudito, lanciato un guanto di sfida a Dio.
Alla nuova luna di Salvatore Quasimodo: commento
È importante osservare tuttavia che il poeta scrive la lirica impostandola come se fosse una sorte di preghiera. Non a caso inizia con una chiara citazione biblica e termina con la formula di rito: Amen, di origine etimologica ebraica, ovvero “E così sia”. La formula liturgica è una risposta di fede alla volontà di Dio, deriva dal verbo “aman” che significa essere “fermo, stabile”. Secondo i maestri ebrei questa piccola parola “amen” racchiudeva il senso profondo del credo, racchiudeva tutta la fede ed era la base di ogni preghiera. In ebraico la parola è costituita dalle lettere alef; mem e nun che significano: “Dio”, “Re” e “Fedele”.
Significativo che Quasimodo termini una poesia che celebra l’intelligenza dell’umano attraverso una formula di fede, anzi, con la più importante formula di fede. È come se il poeta volesse sottolineare che senza Dio nulla sarebbe stato possibile, che l’intelligenza umana e laica è comunque debitrice di un’intelligenza superiore. Viene celebrato il progresso della tecnica e della scienza, ma al contempo si istituisce una profonda meditazione religiosa. Quasimodo, tramite il riferimento a Dio, sembra lanciare un monito, proprio come aveva fatto nella poesia Uomo del mio tempo, una maniera per ricordare all’umanità di utilizzare il progresso della scienza nel modo giusto, in maniera lecita, in omaggio ai valori fondativi di solidarietà, fratellanza, unità.
Questa lirica di Salvatore Quasimodo, a differenza di altre poesie dal tono più cupo come la celeberrima Ed è subito sera, sembra essere priva di una nota angosciosa o stridente; ma non lo è del tutto. Il poeta sta celebrando un evento epocale e, attraverso la scrittura, cerca di conciliare il trionfo della scienza con la prospettiva religiosa, equiparando quindi l’ingegno umano a quello divino. La creazione umana dello Sputnik ha la luce di una nuova stella, una “nuova luna” per l’appunto che si fa metafora dell’ambizione dell’uomo di voler emulare il potere di Dio.
I versi di Quasimodo tradiscono una riflessione più profonda e quanto mai attuale su quali siano i limiti della scienza e della tecnica. Oggi stiamo assistendo al trionfo dell’intelligenza artificiale, con un misto di stupore e sgomento, e ci domandiamo dove ci porterà. Sono le “magnifiche sorti e progressive” cui Giacomo Leopardi si riferisce in forma dubitativa nella Ginestra o Fiore del deserto: esiste davvero una stretta evoluzione tra progresso ed evoluzione? Davvero l’essere umano si sta dirigendo verso il “migliore dei mondi possibili”? Leopardi, lo ricordiamo, non condannava il progresso in sé, ma coloro che vedevano nel progresso solo “evoluzione, miglioramento e beneficio”. Per questo motivo le “magnifiche e sorti e progressive”, tratte dalla Dedica agli Inni Sacri di Terenzio Mamiani, venivano citate dal poeta ne La ginestra in maniera ironica; si pensa che l’uomo possa mutare la Natura e addirittura sostituirsi alle sue immutabili leggi, ma fino a quando permarrà questa illusione? Leopardi non crede che il progresso porterà benessere nell’uomo moderno.
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Lo stesso sembra domandarsi oscuramente Quasimodo inserendo nella sua poesia - apparentemente celebrativa dell’intelligenza laica - quel “senza timore”. L’uomo emula Dio, si sostituisce al suo potere di Creatore, senza paura di sfidarlo. Come per conciliare questo sconfinamento dell’uomo nel dominio divino il poeta sceglie di concludere Alla nuova luna con una formula religiosa, con un atto supremo di fede: Amen, il tentativo di sublimare e al contempo mitigare quella spinta audace e indomita verso un futuro ancora ignoto. Salvatore Quasimodo trasforma la conquista allo Spazio in una preghiera e la sua non è una scelta poetica o un vezzo stilistico, ma un preciso monito: vuole ricordare all’uomo di non sostituirsi a Dio, ma di ricordarsi di essere debitore di una Creazione a lui superiore.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Alla nuova luna” di Salvatore Quasimodo: testo e analisi della poesia all’Esame di Maturità 2023
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