Anarchy in the UKR
- Autore: Serhij Žadan
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Voland
- Anno di pubblicazione: 2023
Romanzo on the road geografico-esistenziale in declinazione ucraina, Anachy in the UKR di Serhij Žadan (Voland 2023, traduzione di Giovanna Brogi e Mariana Prokopovyc) si segnala sottotraccia come lettura infida, cioè capace di densità maggiore di quanto il sentimentalismo (però maudit) di facciata non sembrerebbe suggerire. Il vagabondare anarcoide del protagonista (eteronimo dell’autore?) diventa infatti occasione di riflessioni su Storia e storie di varia umanità, incrociate in un girovagare ininterrotto fra treni, stazioni, sere nere e puro spirito punk. Viaggi nel tempo immobile di un viaggiatore con un solo bagaglio, verrebbe da immaginare (e da scrivere), ai crocevia di politica e antipolitica, sovietismo e capitalismo immanente.
Anarchy in the UKR è, in altre parole, un romanzo di formazione e peregrinazioni insonni, alla ricerca forse del tempo perduto, più di certo di rotte esistenziali e sociali. La scrittura di Serhij Žadan si regge magnificamente in bilico fra autobiografismo (infanzia felice al riparo del collante sovietico) e narrazione di gruppo (il traumatico passaggio dal comunismo al capitalismo). Sentimentalismi e, ancora, incursioni nella Storia patria (la rivoluzione arancione del 2004), sullo sfondo di una Ucraina occidentale che abbiamo imparato a conoscere (?) da inconsapevoli, attraverso il primo martellare dei media sulla guerra con la Russia. Anche sotto l’aspetto partiturale, l’autore si conferma capace di poliedricità climatica, alternando toni emotivi ad altri più acuminati e sarcastici.
“Tutte le cose interessanti del paese accadono nelle stazioni ferroviarie, e più piccola è la stazione, più interessante è ciò che vi accade. È un grosso errore credere che le autorità abbiano qualche potere; l’unico ad averne è il capostazione che, seduto nel suo ufficio lascia passare l’ennesimo treno merci in viaggio da est a ovest, trentasei carri rossi carichi di cemento, di grano e di merci del cazzo, roba tenuta nascosta per mesi sui binari morti e nei depositi, fatta sparire dalle lettere di vettura e pagata in nero, e non c’è autorità che riesca a farci nulla”. (pag. 25)
Da questo - e da diversi altri passaggi come questo - discende un’inquadratura diacronica dell’Ucraina, un’immagine volutamente in campo lungo e mosso, che si legge con l’interesse storico del memoir disincantato e la pregnanza del racconto pubblico/privato di una nazione controversa, vicina e lontana, un po’ sovietica (ex) un poco no, da sempre al centro di interessi transnazionali.
Serhij Žadan è un autore di punta del panorama letterario ucraino (ma non soltanto: la sua trilogia dedicata al Donbass - in Italia edita da Voland - lo ha consegnato all’attenzione europea: Anarchy in the UKR conferma in pieno la legittimità di tali consensi. Sono 200 fitte pagine di forte presa e di grande interesse.
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