

Anche i Pink Floyd possono sbagliare
- Autore: Alessandro Martorelli
- Anno di pubblicazione: 2012
Ritengo opportuno dover articolare questa recensione su due piani distinti, quello che barbaramente potremmo definire più “tecnico” e quello puramente emotivo. Un incipit folgorante ci introduce la storia del giovane Lorenzo Donati:
“Una volta un tizio mi disse che i matti sono tali perché hanno visto l’altro lato della luna”.
Lorenzo Donati si trova in un “istituto di detenzione”, l’equivalente di un ospedale psichiatrico, e condivide la stanza col suo compagno Syd. Colonne sonore dell’intera vicenda, ascoltate perpetuamente dal suddetto compagno, sono “Money”, “On the run” e “Us and Them”, le melodie dei Pink Floyd, piccole perle che preannunciano gli sviluppi della vicenda. Il motivo per cui Lorenzo si trova qui ci è svelato poco alla volta attraverso le pagine del suo diario/relazione. Il ritmo narrativo è veloce, appassionante, anche grazie alla tecnica vincente del “flashback”, preferita da tanti, tanti scrittori contemporanei. L’attenzione del lettore non si disperde e viene subito convogliata nella direzione prescelta dall’autore, la risposta al quesito: Perché? Cosa è accaduto a Lorenzo? Il protagonista si ritrova un discreto carico di responsabilità, di preoccupazioni e pochissime valvole di sfogo “alla work and no play” direbbe Jack Torrance. Una serata con gli amici non può davvero bastare a sopperire il senso di vuoto, di incompiutezza che subentra all’avere 30 anni e non aver ancora trovato la propria strada. Eppure a dispetto di quest’inizio così avvincente, qua e là si può scorgere qualche piccola pecca linguistica che rivela la mano di un autore esordiente, vivace ma talvolta un po’ eccessivo. Poco male, considerando che questo è il primo libro di Alessandro Martorelli, che rivela già un’acuta capacità d’osservazione e una buona attitudine all’introspezione.
Passiamo all’aspetto “sentimentale” del romanzo, quello più coinvolgente. Il dramma di Lorenzo è quello di qualsiasi ragazzo del ceto medio: non riuscire ad inserirsi nel mondo del lavoro. Lorenzo non chiede tanto, desidera unicamente un posto nel mondo, ma come fare se questo mondo non ti accetta e ti impedisce di andare avanti e di crescere?
L’artista Pablo Picasso, all’indirizzo del suo insigne capolavoro Guernica, rispose in questo modo ad alcuni critici d’arte tedeschi: “Non l’ho fatto io, lo avete fatto voi”.
Senza dubbio “Anche i Pink Floyd possono sbagliare” lo abbiamo fatto noi o meglio uno di noi: è un prodotto dei nostri tempi, della società, della cattiva politica, dell’antipolitica, del clientelismo, della fuga dei cervelli e del disfacimento di moltissimi altri. L’immaginario Lorenzo dentro di noi diventa dapprima compagno, amico, poi simbolo, poi martire, come il fin troppo reale Norman Zarcone, il ventisettenne lanciatosi dal settimo piano della facoltà di lettere di Palermo in segno di protesta nei confronti del nepotismo universitario.
Consiglio questa lettura... a tutti: giovani, vecchi, studenti, impiegati, chiunque abbia voglia di lasciarsi toccare da una storia così reale.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Anche i Pink Floyd possono sbagliare
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