Antonello De Sanctis nasce a Rieti e inizia a scrivere testi di canzoni nei primi anni ’70: da ‘Padre davvero’ di Mia Martini ad ‘Anima mia’ dei Cugini di Campagna, da ‘Tu mi rubi
l’anima’ dei Collage a ‘Laura non c’è’ e ‘Lascia che io sia’ di Nek e via dicendo. Nel 2007 ha
dato alla stampa un libro autobiografico intitolato ‘Non ho mai scritto per Celentano’ e
recentemente ha pubblicato con la No Reply il suo primo romanzo intitolato ‘Oltre l’orizzonte’.
Antonello, intanto ti do il benvenuto a quella che non sarà la solita intervista
chilometrica, ma solo 4 chiacchiere contate.
- Prima chiacchiera: Nella tua biografia dal titolo ‘Non ho mai scritto per Celentano’
racconti le moltissime esperienze come autore di canzoni. Fra le righe mi pare di
cogliere anche una sottile distanza da chi pretendeva da te parole e storie a tavolino.
Ti è mai capitato di rinunciare a grandi proposte perché non ti appartenevano, a tuo
giudizio forzate? Ci racconti qualche aneddoto?
Il mondo della discografia è popolato da critici onniveggenti che mettono bocca su tutto:
direttori artistici, produttori, impresari, familiari degli artisti, consanguinei, vecchie zie e
via dicendo. Ho sempre pensato invece che i veri giudici fossero chi crea, se lo sa fare, e il
pubblico che decide se acquistare o no un CD. Padre davvero l’ho scritta senza che nessuno
mi rompesse le scatole e si sente, quasi tutto il resto della mia produzione l’ho elaborato
per accontentare gli altri e, almeno io, lo sento. Mi sono adeguato alle regole, ma l’esercizio
evangelico della tolleranza mi ha progressivamente allontanato dalla mia passione iniziale:
troppi cartellini da timbrare, troppo “scienziati” da accontentare. Così mi sto dedicando alla
prosa e mi piace: sa di spazi più liberi. Aneddoti? Meglio che lasciamo andare.
- Seconda chiacchiera: Da una scorsa a tutti i nomi coi quali hai collaborato vengono le
vertigini. C’è qualcuno a cui vorresti scrivere una canzone e ancora non l’hai fatto, a
parte Celentano intendo?
Quelli per cui avrei voluto scrivere vivevano dall’altra parte dell’oceano e parlavano una
lingua che mi è poco familiare, purtroppo. In Italia mi sarebbe piaciuto collaborare con De
Andrè, De Gregori, Gaber, gente così. Troppo bravi però per avere bisogno di me. Ecco, avrei
voluto lavorare con Mimì ancora di più di quello che ho fatto perché tra noi c’era un grande
feeling. E questa sintonia con un’artista così intensa era la mia realizzazione, il mio più grande
successo.
- Terza chiacchiera: ‘Oltre l’orizzonte’ è il tuo esordio nel romanzo. Il protagonista
è Matteo che a quarant’anni si ritrova sognatore disilluso a fare il direttore di un
ristorante quando avrebbe voluto suonare, scrivere, recitare. È il suo momento dei
bilanci. È davvero tempo per Matteo di appendere al chiodo i suoi sogni e accontentarsi
della vita che alla fine ha deciso per lui?
E’ la vita che decide per noi e più spesso c’induce a camminare su sentieri sassosi piuttosto
che su grandi autostrade. Ma è questo il suo fascino. Un’autostrada ci porta fatalmente in
un’altra città, mentre una stradina di montagna può condurci nelle sorprese di un torrente, di
un tramonto scarlatto, di un incontro con noi stessi. Quindi, in parziale controtendenza con
quello che pensa Matteo, ritengo che se impariamo ad accontentarci delle piccole cose spesso ignorate, allora siamo nel giusto percorso.
- Quarta chiacchiera: Ti dimostri vicino ai giovani talentuosi. L’ultimo CD di Jacopo
Troiani e il primo libro di Valentina, tua figlia, ne sono l’esempio. A me preoccupa
la sovraesposizione di adolescenti spesso neanche maggiorenni che si ritrovano
protagonisti di un reality o sul palco di Sanremo senza aver fatto alcuna esperienza
precedente, senza essere pronti a rapportarsi con un pubblico così vasto, tanto
caloroso quanto potenzialmente spietato. Non pensi che affrontare il successo e tutte le
pressioni che ne derivano da così giovani sia pericoloso?
Il successo è una grande menzogna ed è pericoloso per i nostri ragazzi se non gli spieghiamo
a sufficienza che il loro talento non deve essere prigioniero degli ingranaggi del sistema.
L’arte è libertà, deve poter prescindere dalle tensioni delle gare e dalla corsa al consenso.
Basta a se stessa e non è serva di chi ne fa commercio. Questo ho cercato di spiegare a mia
figlia Valentina e lei l’ha recepito. Continua per la sua strada e considera il suo romanzo
un’esperienza, magari bella, magari da ripetere, ma niente di più.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Antonello De Sanctis
Bellissima intervista...
Grazie alla redazione di sololibri.net
Come sempre Antonello nn mi delude mai! Ho letto il
suo libro Oltre l’orizzonte e lo consiglio vivamente a tutti! Complimenti a Matteo, per le sue domande dirette e originali e ovviamente per le risposte! Curioso che l’intervistatore abbia lo stesso nome del protagonista del romanzo! Ciao!
bellissima questa intervista:non sono "solo 4 chiacchere",ma molto di più! interessanti e non banali le domande, sorprendenti e poetiche le risposte.
Grazie all’intervistatore, grazie ad Antonello De Sanctis:ho ritrovato qui un pò del sapore di quelle riflessioni che tanto ho amato nel suo ultimo libro "OLTRE L’ORIZZONTE",un romanzo struggente che consiglio a tutti.