Apollo. La divina bellezza
- Autore: Giuseppe Zanetto
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Abbiamo sempre bisogno di Apollo, dio solare di incomparabile bellezza, efebo eternamente giovane. La sua adolescenza simboleggia la rinascita della natura.
È il più greco fra gli dei greci, signore della poesia e guida delle Muse, profeta, taumaturgo, padre di Esculapio dio della medicina onorato da Ippocrate.
Lo rappresentano la lyra e la freccia d’argento, temibile ed inevitabile strumento mortale con cui Apollo esegue il destino freddamente, senza sconti né attenuazione, come le Parche stabiliscono, quasi sempre per sconfiggere la "hybris" (superbia) umana che porta alla rovina e all’autodistruzione.
Tutte le simbologie appena accennate sono messe in luce nell’ottimo saggio scritto da più autori Apollo - la divina bellezza (Pelago, 2021) edito da “La Repubblica” nella collana “Grandi miti greci” a cura di Giulio Guidorizzi. Il libro è il primo della serie ed è curato da Giuseppe Zanetto, docente di Letteratura teatrale della Grecia antica presso l’Università Statale di Milano.
Nell’introduzione Giulio Guidorizzi collega mito, sogno ed inconscio, seguendo il filone psicoanalitico di Freud, Jung e Hillman, esprime la vitalità e la persistenza del mito, linguaggio pre-razionale insostituibile, esso è:
"il sogno collettivo dell’umanità delle origini".
La bellezza di Apollo rappresenta la suprema armonia del cosmo, non è quindi meramente estetica. Incanta e turba l’imperturbabilità olimpica del dio. Eppure quest’ultimo è capace di grandi furori e crudeltà, possiede un lato oscuro, spesso ignorato o sottaciuto, è un dio duale (ma ricordiamo anche i furori biblici di Jahvè).
Il suo nome deriva da “apollymi” che significa "il distruttore". Le sue azioni e i suoi pensieri sono imperscrutabili.
Nell’Iliade fa scoppiare la peste fra gli Achei per difendere il suo sacerdote Crise, a cui è stata razziata la figlia Criseide. Fa cessare la pestilenza appena Criseide viene restituita.
Scortica vivo Marzia, un uomo che lega nudo a un albero, dopo averlo sconfitto in una gara di musica. Non è concesso agli umani sfidare gli dei.
Giuseppe Zanetto si occupa di raccontare il mito in tutti i suoi dettagli, la nascita di Apollo a Delo, piccola isola nell’Egeo che diviene luminosa, dorata, "vista", secondo l’etimologia del suo nome. Apollo è figlio di Zeus e Lato, o Latona, perseguitata da Hera legittima moglie del padre degli Dei.
Il bambino è allevato e istruito da Chirone, il sapiente centauro. A Delfi in Focide l’adolescente sconfigge e uccide il serpente Pitone. Delfi diviene il santuario principale del culto apollineo, casa del dio e della pizia profetica, a cui tutti giungono in pellegrinaggio per ricevere responsi e guida. Durante l’inverno Apollo si sposta nel circolo polare artico tra gli Iperborei, a lui devoti.
Numerosi sono i suoi amori, etero e omosessuali, rivolti a esseri mortali, da cui nasceranno gli eroi. I più emblematici sono l’amore per Dafne, che fugge terrorizzata e nel momento in cui viene raggiunta dal giovinetto divino si trasforma in lauro.
Da qui l’usanza della corona di alloro posta sul capo del poeti.
Intensa la passione per Giacinto, il bellissimo atleta che Apollo allena nello sport del giavellotto per le olimpiadi. Giacinto viene ucciso proprio dal giavellotto lanciato dal suo amato istruttore, deviato da Zefiro, innamorato del ragazzo e geloso. Dalle spoglie di “Giacinto” nasce il fiore omonimo. Dietro i fenomeni naturali sono in opera le forze divine.
Variazioni sul mito è il capitolo scritto da Luigi Marfè, in cui il dio influenza l’arte, la poesia, la pittura, la scultura, la musica nel corso dei millenni.
Numerosissimi sono i riferimenti, impossibile citarli tutti. Dante invoca Apollo quale ispiratore nel primo canto del Paradiso; Bernini è l’autore del gruppo scultoreo che riprende Apollo e Dafne; Mozart scrive l’opera lirica "Apollo et Hyacinthus" su libretto di Rufinus Widl. Goethe dichiara di vergognarsi della sua nudità, contemplando la nudità di Apollo del Belvedere nei Musei vaticani, statua romana copia di una greca, voluta da Giulio II della Rovere. Keats scrive la sua famosa sentenza "beauty is truth, truth beauty".
Shelley fa parlare il dio e sintetizza la concezione filosofica del Romanticismo:
"Io sono l’occhio con cui l’universo / si osserva, e sa di essere divino.”
Nietzsche ne fa il contraltare di Dioniso, Apollo ordine e Dioniso disordine; i due rappresentano il cosmo e il caos iniziale creativo, “Sogno ed ebbrezza”.
Rilke apre le sue Nuove poesie con una serie di odi su Apollo. De Chirico lo dipinge nel quadro Canto d’amore.
I viaggi nello spazio degli americani sono stati chiamati Apollo e numerati in serie.
Il libro è corredato da un’antologia contenente L’inno omerico ad Apollo e stralci da Pindaro e Ovidio, tradotti da G. Zanetto.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Apollo. La divina bellezza
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