Arditi di guerra
- Autore: Gianni Corsaro
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
In copertina, la firma è Gianni Corsaro, che tuttavia non si sa bene chi sia, al di là dell’avere certamente combattuto nella guerra 1915-18 come ufficiale delle Fiamme Nere. La citazione come autore è da considerare un tributo all’estensore di parte delle note diaristiche che costituiscono il contenuto del volume “Arditi di guerra” (104 pagine 15 euro), pubblicato a metà 2017 dalla casa editrice padovana il Prato, di Saonara, quarto titolo della collana Vita di Guerra, a cura di Bepi Magrin, ufficiale alpino in congedo, rocciatore e scrittore di montagna.
Le immagini provengono dal prezioso archivio di Ivan Mattioli, collezionista infaticabile e appassionato. Fotografie di notevole qualità, alcune delle quali indugiano sugli aspetti anche macabri della morte in guerra, riprendono caduti italiani e austriaci a commento del diario di un ardito, tratto dal dimenticatoio in cui era finito dopo la pubblicazione negli anni trenta, senza alcun esito ulteriore.
Il documento di Corsaro, osserva Magrin, offre una descrizione dettagliata della costituzione, degli armamenti specifici e dell’elevatissimo spirito offensivo che animò l’arditismo in quel conflitto. Armi, tattiche, animus pugnandi degli arditi sono i protagonisti degli scritti di Gianni Corsaro, integrati con l’aggiunta di notizie biografiche del fondatore del Corpo, il colonnello Giuseppe Alberto Bassi, allora poco più che trentenne udinese, autentico patriota per discendenza, in quanto nipote per parte di madre di uno dei martiri di Belfiore, giustiziato dalla repressione austriaca dei movimenti risorgimentali filoitaliani nel Lombardo-Veneto.
Tra le prime pagine di Corsaro, ufficiale indubbiamente a suo agio con la penna e anche con la sintassi, spicca una solenne distinzione tra gli assaltatori austro-tedeschi e gli arditi italiani, a vantaggio di questi ultimi. La differenza c’era e notevole, a parere dell’autore-combattente, che respinge l’identificazione tra le truppe scelte degli imperi centrali e le nostre Fiamme Nere.
Sbagliato, spiega, considerare le unità d’assalto italiane una copia conforme ispirata dalle sturmtruppen germaniche e dalle stosstruppen austroungariche. Assolutamente differenti le qualità di base richieste all’atto del reclutamento.
Le attitudini che si privilegiavano tra gli arditi erano spiccatamente motivazionali, diversamente dalla prestanza fisica che orientava invece la scelta in campo nemico, dove cercavano giovani robusti, alti, sani e li addestravano con pignoleria al lancio di bombe, alla scherma di baionetta, all’assalto coordinato in piccole squadre. Ma cosa valgono i muscoli se il cuore non è saldo? Il reclutamento degli italiani era basato sulla tempra morale: volontari della morte, uomini capaci di tutti i sacrifici, refrattari alle debolezze, pronti a lottare per la Patria. Tutte le volte che si scontrarono tra Piave e Grappa, le sturmtruppen furono sgominate dagli arditi.
Del resto, le formazioni d’assalto austrotedesche nascevano per volontà dei capi, quelle italiane fiorivano spontaneamente: il primo requisito di ogni aspirante ardito era la libera volontà di diventarlo.
Nel giugno 1917, Bassi fece radunare nelle retrovie questi soldati audaci per iniziarli allo speciale addestramento. A fine luglio, a Sdricca di Manzano fu consacrato il I Reparto d’assalto. Tra agosto e settembre divennero sei, nella II Armata.
Anche Corsaro, come tutti gli altri componenti del Corpo, sfata i miti negativi e calunniosi che volevano gli arditi italiani reclutati tra pendagli da forca, avanzi di galera e feccia della società. Al contrario erano i combattenti più motivati e d’animo nobile, disposti a dare la vita per la vittoria e di tutt’altra saldezza morale rispetto ai criminali o a banali attaccabrighe.
Corsaro passa a descrivere le principali azioni del 1917 (la conquista a settembre del Monte San Gabriele, tra le altre) e il contributo importante offerto dagli arditi nella delicata ritirata dall’Isonzo al Piave, dopo il tracollo dell’intera linea del fronte carnico-carsico a Caporetto.
Nei mesi successivi, si riuscì a reintegrare i ranghi del Corpo formando unità capaci di livelli di addestramento ed efficienza operativa mai raggiunti prima. Saranno proprio i reparti d’assalto a costituire il nerbo del rinnovato esercito italiano, che resterà saldo sul Piave e sul Monte Grappa davanti alle offensive austroungariche del novembre-dicembre 1917 e di metà giungo 1918. A fine ottobre di quell’anno, saranno i reparti d’assalto la punta di lancia dell’avanzata grigioverde che raggiungerà gli obiettivi dell’offensiva verso Vittorio Veneto e li scavalcherà, respingendo il nemico fino ad oltre il vecchio confine isontino e costringendolo a chiedere l’armistizio.
Un reparto al comando del colonnello Bassi si era distinto intanto in Francia nei combattimenti sul fiume Ardre e a Bligny, difendendo il bosco di Courton, nella seconda battaglia della Marna, in fratellanza d’armi con gli alleati anglo francesi.
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