Armi e cavalieri fra incanto e realtà
- Autore: Rolando Dondarini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
È un volume agile, destinato ai più giovani, Armi e cavalieri fra incanto e realtà di Rolando Dondarini, con i disegni colorati di Arianna Farricella, apparso a fine autunno scorso nella collana “Raccontare la storia” delle bolognesi Minerva Edizioni.
Perché parlare di armi? Infliggono dolore, portano morte, l’umanità dovrebbe bandirle. All’obiezione dei nipoti, il nonno risponde che hanno ragione: se vogliamo costruire un mondo migliore, andrebbero cancellate tutte.
Ma quelle di cui racconta a Barbara e Andrea sulla panchina davanti al lago, non sono i missili ipersonici, le bombe a grappolo, i droni kamikaze delle guerre moderne. Sono armi leggendarie come la Lancia di Longino e il Graal (che non è uno strumento d’offesa, però tanti gli hanno attribuito poteri enormi) e poi una spada magica come Excalibur, di Re Artù. D’altra parte, Dondarini è un pacifista al di sopra di ogni sospetto, docente in quiescenza dell’Università di Bologna e già consigliere comunale del PD, autore di un libro tanto legato ad oggetti brutali nelle mani degli uomini quanto aggraziato e gradevole nella confezione grafica, con illustrazioni vivaci in quasi tutte le pagine.
La realtà del titolo è la capacità delle armi di arrecare morte. L’incanto è la profusione di racconti, di miti, di leggende che hanno fatto sognare i piccoli di tantissime generazioni, finendo per spersonalizzare le armi stesse.
Quelle medioevali, distanti secoli da noi, imponevano l’uso diretto di chi le maneggiava ed esigevano addestramento, capacità, saldezza:
Elementi che generavano riti e simbologie, eroi e racconti, mitologia e incanto
Scrive il prof. Dondarini. Il suo testo distingue tra un preambolo, con il racconto ai nipoti in riva al lago e un viaggio, verso la nostra spada nella roccia, in Italia. Una terza parte, con le pagine su fondo celeste e non bianco, descrive brevemente le principali armi nell’epoca medioevale.
Un narratore senza dubbio competente Rolando Dondarini, autore di due centinaia di pubblicazioni, tra libri, testi e articoli.
Nato a Porretta Terme nel 1950, trasferito sotto le torri nel 1959, ha esercitato la docenza nell’Alma Mater ed è stato ordinario di Storia medievale. Per lo studio comparato degli statuti medievali ha creato il Comitato Italiano per gli Studi e le Edizioni delle fonti normative presso la Biblioteca del Senato, che ha prodotto la Bibliografia Statutaria Italiana.
Nel campo della didattica storica ha promosso il progetto “Le radici per volare”, che coinvolge da decenni centinaia d’insegnanti e migliaia di studenti d’ogni ordine e grado nella ricerca, apprendimento e comunicazione. Nel 2008, ha fondato il Centro Internazionale di Didattica della Storia e del Patrimonio (Dipast). Superfluo dire cosa pensa del ruolo di Cenerentola assegnato alla storia dai programmi scolastici, una negazione negligente del ruolo formativo che la materia ha sempre esercitato. Privare gli studenti di questo insegnamento fondamentale non potrà che penalizzare le generazioni a venire. Storia maestra di vita non è solo un modo di dire.
Parla di armi, quindi, il nostro docente, quelle “leali”, impugnate da di chi le usa (non sparate a tanta distanza dall’avversario). Spade, soprattutto, come quella di Artù o anche Durlindana, di Rolando, paladino di Carlo Magno.
Dalle spade ai cavalieri, alle loro costose armature di protezione, alla tradizione dei valori della Cavalleria e dell’Amor Cortese, che il professore considera un sentimento capace di nobilitare chi si poneva al servizio della donna amata, anche se già sposata, spinto da un desiderio che non aveva speranza d’essere appagato, per quanto corrisposto.
Dopo i cavalieri e dopo avere sentito di Ordini monastico-militari, trovatori, monaci cistercensi, vassalli, giostre cavalleresche e cerimonie d’investitura, seguiamo nonno e nipoti diretti verso un’abbazia in rovina, in provincia di Siena, a Chiusdino, dedicata a San Galgano. Sulla collina di fronte, Monte Siepi, percorso un ripido sentiero si entra in una chiesa a pianta rotonda. Al centro di una cappella circolare, si può osservare al suolo una spada di ferro infissa in un masso roccioso, protetta da una piccola cupola trasparente (c’è solo da qualche anno, perchè qualche buontempone provava inutilmente ad estrarla, provocando seri danni). Si riconosce chiaramente l’elsa, con una parte della lama. Sporgono da una fenditura che stringe il resto del brando. Il nonno dice:
“Questa volta, abbandoniamo le leggende, perché siamo al cospetto di una storia vera"
Spiega quindi che Re Artù non c’entra. A piantarla, tanto tempo fa è stato un uomo chiamato Galgano, venerato come santo dopo la sua morte. Pare che dopo aver vissuto una gioventù scapestrata, avesse deciso di cambiare vita e diventare un cavaliere cristiano. Ancora più avanti, avendo stabilito di ritirarsi in preghiera da eremita, aveva piantato qui la sua arma nel terreno, come gesto di rifiuto della vita fino ad allora condotta. Da quel momento, non si è più potuto più estrarla, trasformata in prativa in una croce.
Una storia affascinante, in parte documentata dalle prove e testimonianze raccolte nel processo di santificazione, pochi anni dopo la morte. San Galgano, figlio di Dionigia e di Guidotto, un nobile locale, nacque a Chiusdino tra il 1148 e il 1152.
Morì nel 1181. Secondo alcune fonti postume di origine monastica, ebbe una gioventù turbolenta, finché alcune visioni dell’arcangelo Michele lo indussero a diventare un cavaliere virtuoso e lo condussero poi alla vita da penitente, che avviò con l’infissione simbolica della sua spada sulla collina di Monte Siepi, dove stabilì l’eremitaggio.
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