Avere una brutta natura
- Autore: Gioia Salvatori
- Genere: Libri da ridere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Baldini+Castoldi
- Anno di pubblicazione: 2024
È divertente, ironica, sarcastica e intelligente la prosa, mescolata con la poesia, con cui l’attrice comica e autrice di testi teatrali Gioia Salvatori esordisce con il romanzo Avere una brutta natura, appena pubblicato da Baldini+Castoldi con una copertina fucsia-Schiaparelli, ideata dalla grafica Livia Massaccesi.
Mi è piaciuto lo spirito dissacrante con cui l’autrice affronta temi cruciali del nostro tempo, capitalismo, consumismo, spreco di risorse, diritti, rapporti familiari, fingendo un eterno e lungo dialogo con un maschio di nome Carlo, privo di vera identità e soprannominato di volta in volta con i nickname più assurdi: Carolingio, Carloni, Carlippo, Carolus, Charles, Carlino, Charliz, Carlottini, Ciarilindo, Carlish, Carloppo e tanti altri. I capitoli non numerati che si susseguono, come in un lungo monologo (interiore, come si potrebbe affermare?), sono preceduti da fittizi indirizzi dove la protagonista/io narrante - e delirante, talvolta - di questa storia così contemporanea racconta le infinite multe prese per i più disparati motivi, come per esempio a causa delle cattivissime vigilesse romane, perfide perché costrette in brutte divise e un inutile cappello, pensa la narratrice:
perché non avevo in macchina quel giacchetto merdone color fluo con le strisce burine: 65,46 euro.
La vita cittadina viene raccontata con tagliente ironia da Gioia Salvatori: passaggi al supermercato, ad esempio, che le consentono una violenta quanto sacrosanta critica sociale a un marketing assurdo, troppo spesso dedicato a cibi preconfezionati in linea con le indicazioni dietetiche di moda o ai prodotti dell’igiene femminile, raccontati con la forza parodica di una voce che quelle assurdità ha studiato con profondità e competenza. L’estate in città, quando tutti sono in vacanza, compresi gli psicoterapeuti che tornano abbronzati e felici dopo lunghe assenze, mentre i pazienti squagliati dal calore dialogano con il loro citofono, mostra una capacità dell’autrice di indagare su una società sofferente, abbandonata alle proprie nevrosi, incapace di trovare vere risposte a una solitudine dovuta a rapporti familiari carenti, a vite di coppia precarie, a salari inadeguati alle proposte consumistiche che una pubblicità delirante incalza senza pietà.
Ma la parte che più coinvolge, nella lettura dei capitoli del libro, è la capacità di lavorare sulla lingua da parte di chi, come Gioia, ha coltivato la cultura classica, l’amore per la lettura e in modo speciale per la poesia. La voglia di parodia, mai sciatta, si rileva nelle numerose filastrocche, non saprei come chiamarle meglio, in cui celebri brani della letteratura poetica della grande tradizione italiana vengono rielaborati in modo irresistibilmente comico:
Per me si va tra sughi e polente / per me si va tra lamponi e more / per me si va… / però la pasta / al dente
ecco l’Inferno del supermercato, ma anche la crisi climatica, ripescando D’Annunzio e la sua sensualità boschereccia:
Piove sull’agosto odoroso / piove sull’afflato / orgoglioso / delle prime cosce biancastre. / Piove sulle stagioni / nefaste / sulle serate all’aperto / lascive / ad accoppiarsi senza / sentimento / ad annoiarsi sopra / il pavimento / per trapassare la notte / accaldati.
Non manca neppure Manzoni, nel dissacrante panorama linguistico di Salvatori, che non lesina una dedica al celebre “Addio ai monti”, che tanto ha infierito nella vita dei liceali italiani:
Addio, gonfie sporgenze rifatte /addio blatte del campeggio /addio!
Nel libro si legge in sottotesto tanta cultura classica, come dicevo, Edipo, Icaro, Enea colto nel quarto libro dell’Eneide,
uno che se ne va a Roma da Cartagine perché deve fondare la mafia capitale, l’abbacchio, la pinsa romana.
Non mancano citazioni di Baudelaire, Marx, Darwin, Dostoevskij, di una moderna “Cassandra un tanto al chilo”.
Molto lavoro ha fatto l’autrice sui “mostri linguistici” del nostro lessico, la resilienza, a cui dedica righe sapienti, e il percorso, usato in tutte le sue declinazioni, fino all’ironico “cammino di Santiago beauty farm”. Un po’ di romanesco, qualche debito agli incomprensibili acronimi, per esempio “ADE”, che non è il mondo di sotto ma l’Agenzia delle Entrate, gli inevitabili anglismi, tanti superlativi, accrescitivi, vezzeggiativi; Gioia Salvatori, l’autrice del blog “Cuoro”, sa giocare con la lingua, con il nonsense, con la presa in giro di tic, mode, manie contemporanee, con bonomia ma talvolta con la giusta cattiveria di chi vede emergere comportamenti, modalità di rapporto, prevaricazioni contro cui l’arma della satira è il minimo, “tanto al chilo” come conferma l’autrice.
Avere una brutta natura
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