Barbonia City. Una storia di hippies italiani
- Autore: Walter Pagliero
- Anno di pubblicazione: 2012
A un certo punto se ne andavano da casa e si facevano crescere i capelli, anzi prima si facevano crescere i capelli, poi se ne andavano di casa, sbattendo la porta per giunta. I ragazzi si lasciavano dietro l’afasia di una vita così così e davanti a loro la libertà, il gruppo, la strada (on the road, ricordate?) e/o le stazioni sotterranee delle metro (“mi dai cento lire?”). Alle nostre latitudini, il movimento hippy è nato in questo modo, quasi per partenogenesi: uno sparuto atto di rivolta collettivo, sulla scia dell’amore libero e dell’anarchismo provo olandese. I giovani beatnik italiani erano antagonisti al sistema, però affrancati dall’ideologia, degli antiborghesi senza dittatura del proletariato nella testa: nella Milano di metà anni sessanta poteva succedere questo e altro.
Novità di novembre 2012 per la casa editrice Vololibero, “Barbonia City. Una storia di hippies italiani” di Walter Pagliero racconta “dal di dentro” come andarono le cose, finché andarono. Una gigantografia del Movimento (prima del “Movimento” - politica, porfido & fantasia - per antonomasia) che ha provato a ridisegnare le regole sociali prescindendo dal bigottismo/benpensantismo dell’epoca (cari papà e mamma, adesso andate a riprendere i vostri figli fra le tendopoli di qualche zona franca metropolitana, fra gli “scappati di casa”, se vi riesce). “Barbonia City” (così venne tradotto il fenomeno in “giornalistese”) racconta genesi, sviluppo ed estinzione del “Mondo Beat”, apripista dell’eversione pacifica degli anni Sessanta.
Per chi all’epoca non c’era, o se c’era non faceva, i capisaldi dell’hippy-pensiero in pillole sono riassumibili più o meno in questi termini:
- 1) la “politica del corpo” come contraltare al consumismo imperante (attraverso teoria e prassi della povertà);
- 2) il rifiuto dell’alienazione sul lavoro attraverso il no convinto alla fabbrica come prospettiva di vita;
- 3) il rovesciamento della morale borghese per mezzo della libera sessualità (evviva!);
- 4) il superamento dell’istituzione familiare e dell’identità di genere, con la creazione di gruppi di neonata e nuova convivenza.
Sperimentate gente, sperimentate, i prodromi della provocazione e della fantasia al potere erano allora e lì, finché hanno retto e il bel giocattolo non è andato in frantumi (per via dell’intervento repressivo delle forze dell’ordine).
A quarant’anni - e passa - dallo svolgersi degli eventi, esce questo memoriale minimo di Pagliero, che è anche biografia di gruppo (beat, con foto), al tempo in cui Milano non era ancora da bere e costruire castelli in aria era quasi un dovere kantiano. Una corale alla fine del viaggio, che ci ricorda come la storia non è quasi mai quella spacciata dai libri di scuola: quasi sempre la storia ha risvolti meno eclatanti ed è scritta dagli slanci, dai sogni infranti, dalle ferite e dalle conquiste di quelli che hanno provato a ripensarla (riviverla) in modo alternativo. Mitologie lontane, fantasmagorie sociali del nostro passato prossimo, madeleine underground, irrinunciabili finanche (e soprattutto) in questi tempi oppiacei e conformisti.
Le edizioni Vololibero sono specializzate nel recupero di memorie divergenti. Date un’occhiata al loro catalogo se vi va di tenere gli occhi aperti su ciò che siamo stati (e non vi raccontano) e su ciò che potremmo essere (se solo riuscissimo a trarre insegnamento dall’aspetto migliore di “quelle” lotte, di “quei” processi rivendicativi). Hai visto mai possano tornare un giorno, di nuovo, i “veri” capelloni?
Barbonia city. Una storia di hippies italiani
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