Al principio del mese di maggio nel quattrocento si celebrava un’antica festività pagana, di origine celtica, il Calendimaggio. A questa ricorrenza dal valore propiziatorio il poeta e filologo Angelo Poliziano, alla corte di Lorenzo Il Magnifico, dedicò una splendida ballata Ben venga maggio che ancora oggi sembra conservare l’atmosfera festosa e gaudente della celebrazione in onore della primavera.
Ben venga maggio è un inno alla vita e al trionfo dell’amore che diventa metafora della nuova stagione che fiorisce. Il componimento, contenuto nelle Rime la nota raccolta in lingua volgare di Poliziano, fu creato appositamente per la festività del Calendimaggio e si prestava, con la sua peculiare struttura di ballata in settenari, a essere cantato dal tradizionale coro di fanciulle dai capi adornati con ghirlande fiori.
Giorni di finestre adornate e canti di stagione, questo l’idilliaco scenario ritratto da Angelo Poliziano nella sua ballata che elogia il principio di maggio come il trionfo della vitalità, della passione, della giovinezza. Ogni verso, modellato sul tempo verbale del congiuntivo o dell’imperativo, rappresenta un’esortazione, un invito, una sollecitazione a vivere appieno il tempo che ci è dato.
Scopriamone testo, parafrasi, analisi e commento.
“Ben venga maggio” di Angelo Poliziano: testo e parafrasi
Ben venga maggio
e ’l gonfalon selvaggio!
Ben venga primavera,
che vuol l’uom s’innamori:
e voi, donzelle, a schiera
con li vostri amadori,
che di rose e di fiori,
vi fate belle il maggio,
venite alla frescura
delli verdi arbuscelli.
Sia benvenuto il mese di maggio e il ramoscello fiorito.
Sia benvenuta la Primavera che ispira nell’uomo l’amore
e voi giovani fanciulle che vi muovete verso i vostri innamorati, adornate di rose e di fiori e vi dirigete verso l’ombra fresca delle verdi fronde.
Ogni bella è sicura
fra tanti damigelli,
ché le fiere e gli uccelli
ardon d’amore il maggio.
Ogni bella fanciulla si sente sicura, circondata da tanto giovani aitanti, perché anche le bestie e gli uccelli si infiammano d’amore nel mese di maggio.
Chi è giovane e bella
deh non sie punto acerba,
ché non si rinnovella
l’età come fa l’erba;
nessuna stia superba
all’amadore il maggio
Ogni fanciulla giovane e bella non sia scontrosa, che la giovinezza non si rinnova così come fa l’erba. Nessuna fanciulla sia superba con il suo innamorato nel mese di maggio.
Ciascuna balli e canti
di questa schiera nostra.
Ecco che i dolci amanti
van per voi, belle, in giostra:
qual dura a lor si mostra
farà sfiorire il maggio.
Per prender le donzelle
si son gli amanti armati.
Ogni fanciulla balli e canti seguendo la schiera del corteo del Calendimaggio. Ecco che anche i ragazzi si mettono in mostra nella giostra per essere ammirati. Colei che a lor si mostra reticente o scontrosa farà sfiorire il maggio. I giovani si sono armati per conquistare le fanciulle.
Arrendetevi, belle,
a’ vostri innamorati,
rendete e cuor furati,
non fate guerra il maggio.
Chi l’altrui core invola
ad altrui doni el core.
Ma chi è quel che vola?
è l’angiolel d’amore,
che viene a fare onore
con voi, donzelle, a maggio.
Arrendetevi, o belle fanciulle, a coloro che vi amano. Restituite loro i cuori che gli avete rubato, non fate la guerra al mese di maggio. Chi ruba il cuore di un altro, a sua volta doni il proprio cuore. Ma chi è quello che vola? Cupido, l’angelo dell’amore, è lui che viene a onorarvi, belle fanciulle, nel mese di maggio.
Amor ne vien ridendo
con rose e gigli in testa,
e vien di voi caendo.
Fategli, o belle, feste.
Qual sarà la più presta
a dargli el fior del maggio?
L’amore viene lieto verso di voi, fanciulla, con il capo adornato di gigli e di fiori. Fategli festa, chi di voi sarà la prima a donargli il fiore di maggio?
Ben venga il peregrino.
Amor, che ne comandi?
Che al suo amante il crino
ogni bella ingrillandi,
ché gli zitelli e grandi
s’innamoran di maggio.
Sia benvenuto il pellegrino Cupido. “Amore cosa ci ordini?”
“Che ogni fanciulla metta una corona fiorita sul capo del suo innamorato, poiché nel mese di maggio si innamorano tutti, anche i solitari e i vecchi.”
“Ben venga maggio” di Angelo Poliziano: analisi e commento
Proprio come Il Trionfo di Bacco e Arianna di Lorenzo Il Magnifico, la ballata di Poliziano era un componimento d’occasione, creato in virtù dell’evento, che invitava a godere delle bellezze della vita e dell’amore perché la giovinezza era destinata a sfiorire presto e bisognava quindi approfittare della felicità fuggevole dell’attimo presente. Maggio si fa così metafora del massimo fulgore, dell’apice della giovinezza; il che nelle orecchie dei lettori contemporanei riecheggia il “maggio odoroso” di Giacomo Leopardi in cui Silvia, lieta e pensosa, vive la sua ultima luminosa stagione.
e tu, lieta e pensosa, il limitar di gioventù salivi?
Il tema malinconico della caducità della vita si accompagna e contrappone, come da tradizione, alla gioia del canto attraverso la metafora offerta dalla natura: l’erba sempre si rinnova, osserva il poeta in un verso che ha il sentore di un ammonimento, ma la giovinezza non rifiorisce più.
ché non si rinnovella
l’età come fa l’erba
In questo paragone tra il ciclo della vita umana e quello delle stagioni possiamo ritrovare diverse analogie con il pensiero dei poeti latini classici (Catullo e Virgilio) e i versetti biblici, anche se la ballata di Poliziano è intrisa di riferimenti ai culti pagani. Lo testimonia l’apparizione finale di Cupido, il dio dell’amore raffigurato simile a un “angiolel” un angioletto del culto cristiano, che infine detta il suo comandamento invitando tutti i cuori solitari ad innamorarsi nel mese di maggio.
Il dio sembra giungere da lontano, come un pellegrino, e con le sue parole invita i partecipanti a seguire lo schema rituale della celebrazione: ogni fanciulla è chiamata a donare la sua corona di fiori al giovane prescelto.
L’esortazione finale e poetica di Poliziano si svincola però dal rituale propiziatorio e invita semplicemente tutti, giovani o vecchi, a godere delle gioie dell’amore.
Calendimaggio: il significato della festività celebrata da Poliziano
Il Calendimaggio stesso, del resto, era una festività pagana che veniva celebrata con una funzione rituale per propiziare un buon raccolto, la fecondità della terra e, al contempo, la fertilità delle fanciulle in età da marito che non a caso, per l’occasione, venivano chiamate a danzare attorno a un grande palo dalla forma fallica adornato da lunghi nastri che si intrecciavano. L’amore veniva quindi celebrato sottoforma di unione tra una Dea femminile e un Dio maschile: questo incontro, secondo l’antica credenza, avrebbe generato la Vita di cui il trionfo della natura con le sue fioriture si faceva testimone. La danza dei nastri, rito tradizionale del Calendimaggio, simboleggiava l’unione della parte femminile con la parte maschile: man mano che i nastri si annodavano al palo la corona di fiori - simbolo della Dea Flora - posta sulla sua sommità scendeva sino a toccare terra e, con essa, l’ultima estremità del palo.
Il rituale della danza del Calendimaggio, nato in onore della dea celtica Beltane, aveva una precisa funzione magico-propiziatoria: rappresentava un invito alla fertilità, al risveglio della natura e alla vita. Nella ballata di Angelo Poliziano possiamo sentire pulsare questo ritmo incantatorio e ipnotico, la leggerezza gioiosa di un giorno di festa, la frenesia di una danza che, con i suoi suoni e le sue cadenze, giunge a contagiare i corpi che si muovono all’unisono.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Ben venga maggio”: la ballata di Angelo Poliziano per il Calendimaggio
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