Borbonici, patrioti e criminali. L’altra storia del Risorgimento
- Autore: Enzo Ciconte
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2016
Enzo Ciconte, docente di Storia della criminalità organizzata, inizia “Borbonici, patrioti e criminali. L’altra storia del Risorgimento”, questo suo ultimo lavoro, con un aneddoto significante. Il figlio di una vittima di mafia riferisce al Presidente del Consiglio dell’epoca, di conoscere il responsabile del delitto ma questi con la massima disinvoltura gli risponde di farsi giustizia da solo. Stupefacente risposta per un uomo delle istituzioni che prospetta una soluzione che appare la più semplice e che si stupisce non sia venuta in mente al suo interlocutore.
È un fatto realmente accaduto, riferito dal figlio di Emanuele Notarbartolo, sindaco di Palermo, ucciso nel 1893 in un vagone letto mentre era primo ministro un altro siciliano, il marchese Di Rudinì. Il figlio di Nortabartolo era disperato perché il maggiore sospettato di essere il mandante dell’omicidio era il deputato Palizzolo, personaggio di dubbia moralità ed in odore di mafia, che aveva forti agganci nella Polizia, tanto che le indagini contro di lui furono subito depistate. Le influenze di Palizzolo si estendevano anche nel mondo della aristocrazia palermitana e la vicenda appare inquietante anche per quanto accadde dopo poiché il processo che si tenne a Milano si concluse con un responso favorevole per l’imputato.
Questo era il clima che si respirava nelle regioni meridionali,nell’Ottocento sino alle soglie del Novecento, alle radici della odierna società civile e della criminalità locale. La risposta del Presidente del Consiglio esplicita in maniera eclatante il senso dello Stato posseduto da questi personaggi pubblici che preferivano la giustizia privata a quella dello Stato. Si tratta di una giustizia più immediata che si realizzava assoldando un sicario ad hoc. Siamo a livelli apicali in un ambiente in cui la violenza viene utilizzata anche a fini politici, sia dai Borbone, per mantenere il potere che dai patrioti, per conquistarlo. Invero il ricorso ad individui di malaffare è trasversale, essendo stato praticato da ambedue le parti e da tutti i Governi, sia della Destra che della Sinistra. Riguarda anche le falangi dei garibaldini, dei democratici e dei repubblicani, cioè quella minoranza che non aveva le possibilità di arrivare altrimenti alle leve del potere.
Nel libro viene trattato un tema di stretta attualità, quello dell’ accordo tra Stato e Mafia per reprimere il Brigantaggio. Questo accordo si realizza in Sicilia, quando però il fenomeno era già al tramonto, con l’intervento del Prefetto Antonio Malusardi, soprattutto perché infastidiva la grande proprietà baronale. In quel momento storico lo Stato, per eliminare il Brigantaggio, intesse un accordo con la Mafia locale che coopera sul territorio per il mantenimento dell’ordine pubblico. Di improvviso non vi sono più omicidi, occupazioni di terre ed attacchi alla proprietà baronale: si concretizza un controllo del territorio, cogestito dalla grande proprietà terriera, dai mafiosi e dallo Stato. I Borbone manifestarono un interesse a governare e a sfruttare questo fenomeno che fu utilizzato contro i Francesi così come, poi contro i Savoia del neonato Regno d’Italia. I Francesi dal 1806 al 1815 occuparono l’Italia e i Borbonici con i briganti divengono uno dei protagonisti della lotta politica. Terminata l’occupazione francese, con il Congresso di Vienna viene restaurata la monarchia borbonica e riesplode il fenomeno del Brigantaggio che non ha solamente connotati politici e criminali tout court ma è essenzialmente un fenomeno sociale.
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