Bumerang!
- Autore: Aniello Troiano
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2015
Qualche settimana fa, esattamente il 15 marzo, ho avuto il piacere di presentare il romanzo “Bumerang” dell’esordiente e giovane autore Aniello Troiano, caudino come me. Vi parlerò, non tanto della trama e dei personaggi, ma delle impressioni che ho avuto e degli elementi che è colto.
“Bumerang!” è una storia di giovani aspiranti criminali, influenzati dal cinema di genere. Lo stesso protagonista, appassionato in modo morboso da Scarface, si fa chiamare “Peppe Montana”, ritenendo Tony Montana il suo idolo. La differenza è che lui è solo un piccolo spacciatore che sogna di diventare qualcosa di più grande. Il cinema in questo romanzo sembra avere un ruolo fondamentale. L’autore, infatti, tramite i suoi personaggi, cita molti film del genere criminale e non: cominciando appunto da Scarface, Quei Bravi Ragazzi, Romanzo Criminale, Il Camorrista, Le Iene ma anche Fast & Furios sulle corse clandestine. Tutti film che influenzano i giovani personaggi di Bumerang. Non bisogna però incorrere nell’errore più comune e cioè pensare che la colpa sia dei film, se certi giovani scelgono certi stili di vita. Aniello Troiano, ne è la prova, come tanti altri scrittori e registi di questo genere letterario e cinematografico: infatti, se questo luogo comune fosse vero, anche quegli autori e lo stesso Aniello sarebbero criminali. Aniello, invece, ha deciso di fare lo scrittore.
Oltre alla prosa efficace, la tecnica narrativa molto scorrevole e coinvolgente, un punto di forza di questo libro sono l’ironia e il sarcasmo: Aniello prende in giro, non soltanto i giovani aspiranti delinquenti, ma tutta la banalità che circonda la realtà provinciale. Ad esempio definisce ironicamente “impavidi” e “supereroi” gli scommettitori della domenica. Aniello sembra prendere in giro anche i cliché dei film stessi, come il voler dare più enfasi a un discorso centrando una buca mentre si gioca a carambola, tanto per fare un esempio. La storia, infatti, come molti dei narratori ai quali l’autore sembra ispirarsi, è anche molto divertente. A mio avviso, l’ironia in una storia, qualunque sia il suo genere, resta un ingrediente fondamentale, sia perché rende la storia più realistica, sia perché la rende più piacevole e alleggerisce i momenti di tensione tipici dei romanzi criminali.
Aniello usa il tipico linguaggio caudino, ovvero Irpino/Sannita (influenzato molto dal napoletano), non solo nei dialoghi ma anche nella narrazione, infatti l’autore presta spesso la voce ai personaggi, sempre però schernendoli come per prenderne distanza. Non fa il tifo per nessuno, ma non si sente nemmeno di condannarli, come ha spiegato nel nostro incontro. Alcuni di loro, fondamentalmente, sono dei viziati nullafacenti o persone stanche del proprio lavoro, che vorrebbero abbandonare per seguire delle ambizioni sbagliate, illudendosi che possano cambiare la loro vita. Abbiamo un cuoco, uno studente fuoricorso iscritto a legge solo perché costretto dai genitori ma che preferisce trascorrere il tempo davanti alla playstation; chi per comprare una nuova televisione commette le solite truffe che si fanno nel mondo dello spaccio come mescolare il tè con l’erba e chi commette un falso atto eroico per portarsi a letto una ragazza e si ritrova impelagato in situazioni matrimoniali. I ragazzi, infatti, non sono solo degli aspiranti criminali, ma fondamentalmente dei giovanotti, poco più che adolescenti, che vivono anche situazioni di tutti i giorni come altri giovani della loro età: le donne, Facebook, la birretta al bar, internet e Wikipedia.
Chi di noi non ha almeno un amico o un conoscente che legge le teorie del complotto su internet e viene a raccontarcele al bar come se avesse scoperto la cosa più importante del mondo?
Talvolta qualcuno di loro ha brevi, brevissimi momenti di lucidità e razionalità: “Ricorda che Toni Montana è morto ammazzato” pensa nel momento in cui gli viene proposta la rapina, ma per subito dopo concludere che “alla fine che me ne fotte? Peggio che fare il cameriere come lo faccio qui!”. Insomma, è meglio rischiare la vita per dare a essa una svolta piuttosto che svolgere un lavoro umile e onesto: questa è la mentalità di certi giovani e certe persone.
E’ un libro molto realistico che racconta la realtà corrotta, la quale suscita disgusto anche in episodi apparentemente banali come giovani donne che si lasciano corrompere con “una botta di cocaina” come viene volgarmente definita o “già sballate e pronte ad aprire le gambe” per usare le parole dell’autore. La storia si evolve, le vicende si intrecciano come può capitare ancora più facilmente in una piccola realtà provinciale come la nostra.
Un finale, non tragico come me lo aspettavo, ma in un certo senso tragicomico, in cui Aniello continua a prendere in giro i suoi personaggi con il suo ricorrente sarcasmo. Perché Bumerang e non Boomerang? Aniello “sbaglia” di proposito il titolo per farlo risultare più dialettale e più “da ignoranti” come molti dei suoi personaggi.
Cosa c’entra il Bumerang? Leggendo il romanzo fino alla fine, lo capirete da soli.
Bumerang!
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