Il nome di Lord Byron rievoca istantaneamente l’immagine di un mare in tempesta. Non può che essere lui, il poeta simbolo del romanticismo inglese, il viandante del mare di nebbia raffigurato da William Turner. L’uomo solo d’innanzi a un’infinità indistinta, che appare come il capitano a bordo della nave della sua anima. Tumulti e flutti, onde ruggenti, vento di burrasca evocano un’esistenza scombinata di eccessi e scandali, come fu la sua.
Chi era Lord Byron? I ritratti dell’epoca ci mostrano una figura antica, un baronetto impettito nei suoi abiti nobiliari, ma in realtà era un uomo estremamente moderno, sempre guidato dall’impeto delle sue passioni e dal furore della sua poetica. Le fonti storiche ritraggono una figura contrastante e inafferrabile: riesce difficile comprendere e definire la reale identità di Byron, era un buono o un malvagio? Era un uomo passionale o un traditore impenitente? Senza dubbio fu un eccelso poeta - che ottenne chiara fama già mentre era in vita - e un uomo dalla vita avventurosa, difatti finì al centro delle cronache ottocentesche proprio per la sua eccentrica singolarità divenendo la più iperbolica rappresentazione di sé stesso: l’eroe byroniano.
Più che lecito pensare che di quelle cronache mondane che tanto lo esaltavano Byron fosse anche vittima: elogiato, deprecato, svilito, a quanto pare è questo il destino delle celebrità.
Byron: la vita
George Gordon Byron nacque a Londra il 22 gennaio 1788 da una nobile famiglia di discendenza normanna. Dalla nascita era affetto da una patologia congenita: una contrazione del tendine d’Achille, che lo rese claudicante.
Era figlio del barone John Byron, meglio conosciuto come “Mad Jack” per il suo carattere di incorreggibile libertino dedito agli eccessi. Quando nacque Byron, John era in fuga in Francia a causa degli enormi debiti accumulati per cui i creditori erano pronti a fargli la pelle. John Byron morì ubriaco, forse suicidia, durante il suo esilio e il piccolo Byron fu cresciuto dalla madre Catherine Gordon nella dimora di Aberdeen, in Scozia.
Alla morte del prozio William (detto “The Wicked”, il malvagio, perché aveva ucciso un uomo), Byron ereditò il titolo nobiliare di barone ed ebbe accesso alla Camera dei Lord.
Era un ragazzo dal carattere burrascoso e ribelle, ma capace di sprofondare anche in terribili malinconie come in un pozzo. Amava il nuoto, sport nel quale eccelleva, e anche la letteratura e la poesia. Aveva scritto i suoi primi versi a soli undici anni e tempo dopo provò a pubblicare un libretto a proprie spese dal titolo Fugitive pieces.
Nel 1809 partì per il Grand Tour, come era in uso per i nobiluomini dell’epoca, vide il mondo e fece esperienze all’estero, in Italia e nell’Europa meridionale, ma fu costretto a tornare a casa, in Inghilterra, a causa dell’improvvisa morte della madre nel 1811. L’esperienza del viaggio era tuttavia stata fondamentale per lui perché gli diede l’ispirazione per comporre The Childe Harold’s Pilgrimage, il poema autobiografico in versi ritenuto il suo capolavoro letterario.
Byron era un bell’uomo, attraente, che spopolava nei salotti londinesi ed era amato dalle donne: conquistò persino Caroline Lamb, la dama più ambita del tempo.
La fama letteraria gli arrise portandogli ulteriore popolarità. Tra il 1813 e il 1814 Byron continuò la sua prolifica produzione di versi scrivendo novelle orientali in versi poi poste sotto il titolo di Racconti turchi. Gli inglesi amavano la sua poesia perché proponeva un tema nuovo, quello del viaggio, unendolo allo stile classico del melodramma.
La chiara fama letteraria si alternava a delle burrascose vicende sentimentali. Secondo i pettegolezzi dell’epoca Byron ebbe un’intensa relazione con Augusta, sua sorellastra, perché figlia del suo stesso padre e della sua prima moglie. Per mettere a tacere le voci il poeta sposò Anne Isabella Milbanke, cugina della bella Caroline Lamb. Byron e Anne ebbero una figlia, Ada, passata alla storia come l’inventrice dell’informatica moderna.
Il matrimonio precario tra Byron e Anne Isabella Milbanke non durò a lungo: lui non aveva mai troncato la relazione clandestina con Augusta, e si vociferava persino di una sua presunta omosessualità. Portata allo stremo della sopportazione a causa delle continue scappatelle del marito, la Milbanke decise di abbandonare il tetto coniugale e avviare la separazione, crescendo da sola la piccola Ada che sarebbe diventata Ada Lovelace.
A causa dei frequenti scandali, sul capo di Byron iniziarono a pendere varie accuse: di incesto, sodomia, adulterio e il poeta fu costretto all’esilio, lontano dall’Inghilterra. Dopo aver firmato il contratto di separazione Lord Byron fuggì in Svizzera, e quindi in Italia insieme all’amico poeta Percy Bysshe Shelley e alla sua novella sposa, Mary, l’autrice di Frankenstein.
Persino dopo la morte di Shelley, avvenuta tragicamente per mare nella località ligure di Lerici, Byron continuò le sue peregrinazioni: visse a Milano, Venezia, Roma, Pisa collezionando incontri intellettuali e avventure dongiovannesche.
Solo negli ultimi anni Byron sembrò redimersi accanto alla diciottenne Teresa; ma la relazione tra i due generò un altro scandalo perché la giovane al tempo era sposata con il sessantenne conte di Guiccioli. I due vissero una breve parentesi serena a Ravenna, ma presto Byron partì di nuovo alla volta della Grecia perché aveva aderito all’associazione londinese filoellenica a sostegno dell’indipendenza greca contro gli Ottomani.
Proprio in Grecia, al fianco dei ribelli, l’indomabile “eroe byroniano” trascorse gli ultimi anni della sua vita. Morì di febbri reumatiche il 19 aprile 1824, sull’isola greca di Patrasso, lasciando incompiuto il manoscritto della sua ultima opera, il Don Juan. Sino al momento estremo aveva interpretato il proprio ruolo, quello del poeta indomito che si batte in nome della libertà. Ora lasciava il palcoscenico con uno svolazzo del suo cappello piumato.
Byron: la poetica
Dobbiamo, però, andare oltre tutte le turbolenti vicissitudini esistenziali di Lord Byron e ricordare che fu soprattutto un poeta, un grande poeta. La sua produzione in versi di ogni genere, dal trimetro giambico all’anapestico, dal dittico elogiaco ai componimenti in ottava rima, era esorbitante. Byron destreggiava la materia poetica, era capace di modellarla a suo piacimento. Scriveva e riscriveva mantenendo un ritmo di lavoro inarrestabile: sapeva passare dalla tragedia alla satira con un’abilità unica, cambiando tono, genere, linguaggio. Con la fortuna del poema The Childe Harold’s Pilgrimage, in cui il pubblico volle vedere riflessa la sua stessa vita, sarebbe diventato il più romantico dei romantici.
Dopo vari poemi e la raccolta di novelle esotiche, Byron si dedicò al suo ultimo imponente lavoro, purtroppo rimasto incompiuto: Don Juan, una storia d’amore burlesca in cui creò un personaggio sbalorditivo.
Il suo protagonista era combattivo e idealista, politicamente impegnato, forse più vicino al Byron reale e distante da qualsiasi maschera melodrammatica che fu imposta al poeta come schermo o travestimento dell’ormai mitizzato eroe byroniano.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Lord Byron: vita, opere, poetica
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