C’era una ragazza
- Autore: Barbara Palombelli
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mondadori
Una storia familiare, fatta di racconti che legano la protagonista alla sua città, Roma, e alle sue radici, alla cultura della sua formazione. Il titolo "C’era una ragazza" evoca la canzone di Gianni Morandi C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones.
È un libro scritto per i suoi figli Giorgio e Francisco, in cui Barbara Palombelli racconta molto della sua famiglia, dei suoi antenati, delle sue nonne e dei suoi nonni, dell’ambiente borghese e benestante nel quale ha vissuto e del quale si avverte la profonda appartenenza, nonostante la fascinazione del mondo della sinistra della quale ha condiviso ideali, emozioni, passioni.
Nella sua famiglia Palombelli, agenti di cambio, si maneggiavano quantità enormi di denaro, ma il registro pubblico, di lavoro, diventava un atteggiamento molto più modesto, riservato, in ambiente domestico, così, infatti, riporta l’autrice:
"Va detto anche, ed è la contraddizione più vistosa e più incredibile, che nello stesso momento il denaro aveva due valutazioni: una ufficiale e una famigliare. Nello stesso piano, a piazza di Spagna, da una parte si rischiavano milioni; dall’altra (separata soltanto da una porta) si rammendavano per la quinta volta i calzini. Da una parte si consumavano le gomme e le matite fino a che non diventavano invisibili, si riciclavano avanzi, si usavano lenzuola del secolo precedente; dall’altra si scommetteva denaro come se non fosse vero. Mi hanno insegnato una cosa che forse voi non capirete mai: «Non si butta niente»".
Il libro di Barbara Palombelli è una lettera ideale, una lettera aperta ai figli, in cui racconta vizi e virtù di un contesto familiare e, sullo sfondo, la città eterna in cui anche il Papa assume un ruolo familiare. C’è la Roma borghese e il confronto col periodo fascista, gli effetti della guerra e poi la ricostruzione, vizi e virtù degli anni del boom economico, la protesta studentesca e, sempre sullo sfondo, il terrorismo, la riscoperta della Chiesa da cui i ragazzi del ’68 si sono allontanati, subendo la fascinazione di un mondo migliore, e che in età adulta riscoprono:
"A casa di Marcella la politica era la passione per cui vivere, la ragione giusta anche per rischiare la pelle (cosa che avevano fatto più volte le due sorelle Giuliana e Marcella De Francesco e i due mariti Franco e Maurizio), ma era anche un lavoro. Di più, era lo strumento per stare insieme alle masse, per condividere le loro battaglie. I Ferri e i Ferrara avevano case e riti borghesissimi. Trovai molto rassicurante il loro modello: era possibile essere comunisti e abitare in belle case, fare le vacanze a Capri, spendere per vestiti e scarpe. Meglio così, pensai. (…) Neri, asiatici e disperati di ogni razza, giunti a Roma non passavano né alle Botteghe Oscure, né tanto meno dagli amici terzomondisti del «Manifesto», molto impegnati a scrivere vibranti editoriali di politica internazionale. No, questi derelitti chiedevano alla Chiesa un letto, un pezzo di pane. E la sinistra fece finta di non capire, purtroppo".
C'era una ragazza
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