Caramelle dai conosciuti
- Autore: Aldo Pagano
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2021
Aldo Pagano è nato a Palermo, ma ha vissuto a lungo a Roma, Bari, Milano e Como.
Ex giornalista ed ex sommelier, ha esordito con La trappola dei ricordi, in cui è apparso per la prima volta il pubblico ministero Emma Bonsanti, protagonista anche di Motivi di famiglia (2019) – il suo secondo romanzo – e del più recente Caramelle dai conosciuti (2021), tutti editi da Piemme.
Scorre il sangue a Bari. A morire di morte violenta, massacrato di botte e finito con un taglio netto alla gola, è Matteo Cardone, di anni trentasette, rampollo dell’altissima imprenditoria locale che, dopo aver fallito in tutte le migliori scuole europee, ha deciso di intraprendere una strada tutta sua.
Ha interrotto ogni rapporto con la famiglia d’origine e con la catena di supermercati fondata dal padre negli anni Settanta, e ha preferito dedicarsi ai motori, alle palestre, al ristorante Terra nostra – di cui si occupa la moglie Vera – e a un’associazione culturale neofascista, l’Hobbit – che presenta libri, organizza incontri, concerti, blocchi, manifestazioni e ronde per controllare i neri che imperversano nel quartiere Libertà:
“Il cuore del groviglio chiamato Libertà è l’ultracentenaria Manifattura dei tabacchi, immensa cattedrale operaia che ai bei tempi, con la sua ciminiera, spargeva odore di toscanelli e prosperità manco fosse il turibolo dell’incenso per la benedizione eucaristica in basilica, mentre adesso è chiusa da decenni e ridotta a mercato in una sua parte. […] E anche oggi, del resto, per uscire da una miseria che il covid ha solo esasperato, i baresi chiedono aiuto alla buona vecchia Manifattura che un progetto fantasmagorico promette di riadattare a spazio polifunzionale, una fucina di nuovo benessere e integrazione sociale, si dice”.
Cardone, nella Manifattura, ha trovato la morte; gli agenti che stanno indagando, invece, un piccolo arsenale fatto di spranghe, catene, pugnali, coltelli e qualche pistola.
L’inchiesta, condotta dal sostituto procuratore Emma Bonsanti, rivela che i camerati dell’Hobbit formano un gruppo eterogeneo di persone che nell’associazione ha trovato un lavoro, una ragione di vita: senza soldi e senza speranza, i militanti hanno ricevuto da Matteo Cardone i “valori” – per la comunità, per la tradizione – e un “senso esistenziale”. Come tante persone dei quartieri degradati, dimenticati dalla classe politica, sono convinti che il loro capo fosse un benefattore che ha dato tutto a favore dei bisognosi.
Anche il giorno in cui è stato ucciso, per esempio, non ha rinunciato alla distribuzione dei pacchi con il cibo alle famiglie bisognose, nonostante avesse un conto in sospeso con Samuel Saleh, il fidanzato di Annalisa, la figlia di Michele Lorusso, il sovrintendente capo che collabora alle indagini.
Il “nero” fa il volontario in una scuola, insegna l’italiano ai rifugiati e frequenta la facoltà di economia con profitto, con l’idea di tornare in Etiopia per gestire l’azienda del padre, uno dei più importanti produttori di caffè del paese. Saleh ha minacciato di morte il Cardone nel pomeriggio, davanti ad alcuni testimoni e, in serata, si sono dati appuntamento alla Manifattura dove hanno fatto a botte.
Va da sé che i sospetti cadano su di lui: dopo essere stato visto uscire dal luogo del delitto, è scappato e ha fatto perdere le proprie tracce, diventando così, per alcuni, il colpevole perfetto, per altri, il capro espiatorio di un omicidio che presenta molti lati oscuri, che si presta a essere strumentalizzato e a diventare un vero e proprio caso mediatico nazionale.
Le teorie complottiste nascono e proliferano nelle zone d’ombra, ma nel corso dell’inchiesta, che scruta i loschi traffici intorno alle attività dell’associazione l’Hobbit, emergono via via diversi moventi, il coinvolgimento di altri soggetti e, di conseguenza, nuovi sospettati.
Come il precedente romanzo, Caramelle dai conosciuti è ambientato a Bari, una città che – è evidente – l’autore conosce e ama profondamente, in un quartiere dove è stata smarrita o corrotta l’identità locale, dove forte è il senso di abbandono da parte delle istituzioni.
Il periodo è quello subito successivo al primo lockdown del 2020 e l’emergenza Covid, per alcuni, è ormai superata:
“È un fresco mattino di questo fine maggio strano, ché il virus è arrivato da tre mesi, ci ha costretti a casa e solo da qualche giorno siamo liberi di incontrare chi vogliamo ma anche di respirare tutta l’ansia che comporta tornare in strada correndo il rischio di ammalarsi”.
Quella di raccontare una storia al tempo del Covid è una scelta non usuale e, per certi versi, insidiosa, ma Aldo Pagano ha saputo “integrare” brillantemente la presenza del virus nella trama: lungi da prendere il sopravvento, esso diventa piuttosto motivo di riflessioni sulla natura umana e di battibecchi, più o meno innocui, fra Emma, abituata come pochi altri a indossare diligentemente la mascherina – e disposta ad abbassarla solo per fumare –, e i tanti che ritengono non sia più necessario portarla.
Durante le indagini, però, nel muoversi nell’oscuro labirinto di prove e di ostacoli, il pubblico ministero si renderà conto che quello del Covid non è l’unico virus in circolazione e che siamo costretti a convivere con un altro virus altrettanto pericoloso: il razzismo.
Si troverà quindi ad affrontare questioni che riguardano anche la politica, il sociale e quella forma di cinismo giornalistico ben rappresentato dal “processo mediatico”.
Esso si svolge fuori dalle aule dei tribunali e dalle loro regole e, coinvolgendo il giudizio di un’opinione pubblica fortemente suggestionata, mira a trovare un colpevole ad ogni costo, anche a discapito dei dubbi e delle prove di innocenza.
Emma si conferma una donna caparbia, libera e indipendente, sessualmente disinibita, decisa a mantenere il controllo dei rapporti sentimentali – i trascorsi con Simone e, in particolare, la sofferenza, la delusione e il vuoto lasciato dopo la fine della loro relazione, e Edoardo, con cui non si ritiene impegnata, come lei stessa spiega all’amica Carla:
“Anche fra me e Edoardo le cose sono chiarissime, così come lo sono pure con Simone se solo lui volesse accettarle. Nessun rapporto stabile. E a me va benissimo così. Ogni tanto mi manca, sai, l’immagine della coppia che si ritrova a combattere contro il resto del mondo, la coppia come rifugio in cui chiudersi per fingere di scacciare il dolore che c’è là fuori; ma alla fine, valutando tutto, io ci sto bene da sola”.
Sul lavoro, il pubblico ministero dimostra tutte quelle doti professionali indispensabili per svolgere un ruolo tanto delicato, e che non si esauriscono nella conoscenza delle procedure: autorevolezza, empatia, capacità di ascolto e sensibilità nel gestire e sostenere il lavoro dei suoi collaboratori – una squadra investigativa piuttosto composita – fra i quali il sovrintendente capo Michele Lorusso spicca non solo per i vivaci accostamenti cromatici dei suoi abiti.
I rapporti tra la protagonista e le altre figure che popolano il romanzo mettono in luce l’interiorità e l’identità stessa dei personaggi, caratterizzati spesso da un dualismo profondo e da una continua tensione emotiva.
Da sottolineare, infine, le calzanti e attuali scelte linguistiche che alternano dialoghi serrati, ironici o divertenti, conversazioni “rilassate”, riflessioni che diventano vero e proprio flusso di coscienza, brevi frasi in dialetto che lasciano intatto il ritmo della narrazione… Tutto concorre a creare una cifra stilistica originalissima.
Aldo Pagano ha saputo raccontare una storia molto complessa, dai risvolti imprevisti, a tratti scabrosi, senza alcun cedimento alla retorica: più che un giallo di maniera, nel senso di una ricerca pedissequa dell’omicida, è una sorta di quadro socio-antropologico in cui, presi per mano, arriveremo alle stesse lucide conclusioni di Emma Bonsanti:
“È l’ansia delle persone, e la paura, che impedisce di leggere la realtà delle cose, e per questo motivo esistono partiti e interi sistemi economici che fabbricano ansia e paura. È quando hai paura che credi nei complotti, perché le ragioni della ragione sono difficili da spiegare ma semplici da distruggere, visto che è l’uomo che le ha costruite. I complotti, i misteri, le passioni e l’inspiegabile vivranno sempre proprio perché sono irrazionali e nessuna luce della ragione potrà mai arrivare a illuminare l’abisso dell’irragionevole”.
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