Caterina de’ Medici. Un’italiana alla conquista della Francia
- Autore: Alessandra Necci
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2019
Prima edizione a novembre 2019, seconda già a dicembre: spopola il saggio storico di Alessandra Necci su Caterina de’ Medici. Un’italiana alla conquista della Francia (Marsilio, 2019). La biografia ha conquistato i lettori come la protagonista fiorentina delle vicende di cinquecento anni fa conquistò la Francia, andando sposa nel 1533 del secondogenito del re Francesco I e poi detenendo il potere oltralpe, rinnovando con la sua cultura evoluta la corte dei Valois, sotto tanti aspetti retrograda quando l’aveva raggiunta.
Quello che non riuscì a conquistare fu il marito, pur avendogli dato numerosi figli (ben tre saranno sovrani di Francia). Enrico II aveva occhi e cuore solo per l’amante Diane de Poitiers, vent’anni più grande di lui, donna gelida nei modi e per sentimenti, a meno che non volesse fingere pur di ricavare un utile dalla simulazione di qualcosa che non provava.
Solo a Diane riservava effusioni e trasporti carnali, che a Caterina erano state sempre negate, confessa lei stessa in una fondamentale presentazione “in soggettiva” del saggio storico, ottima soluzione adottata dall’autrice per introdurre il suo lavoro, umanizzando la principessa toscana, poi regina consorte (1547-1559) e infine reggente del trono di Francia (1560-1563).
Era nata a Firenze, nel 1519, orfana quasi subito di Lorenzino II de’ Medici e della moglie francese Madeleine de la Tour. La non fortunata ragazzina, cugina alla lontana di papa Clemente VII, al secolo de’ Medici (la consideravano per convenzione “nipote”), aveva trascorso un’infanzia povera di affetti, ma ricca di nemici della sua Casata, molti dei quali minacciavano di regolare i conti con la famiglia fiorentina a danno dell’innocente discendente.
A 14 anni appena, gli accordi tra Francia e Papato che puntavano alla conquista di Milano, Genova e Urbino la condussero al matrimonio con il coetaneo Enrico.
Non ci si faccia ingannare dalla benevolenza di Jacopo da Empoli nel dipinto Le nozze di Caterina de’ Medici: l’adolescente non si mostrava la deliziosa fanciulla alta e snella ritratta dall’artista, ma era di piccola statura, poco proporzionata, con gli occhi sporgenti e le labbra carnose dei Medici. Nemmeno gli abiti sfarzosi indossati all’altare e la preziosa corona le donavano fascino, tutto appannaggio invece dello sposo, prestante e dall’insieme interessante, al più un po’ cupo, ma quel che si dice il classico bel tenebroso dell’epoca.
Come si usava allora, i cortigiani affollarono la camera da letto dove il matrimonio stava per essere consumato. Re Francesco vi si attardò fin oltre l’avvio delle prime schermaglie amorose e la mattina dopo papa Clemente si presentò ad accertarsi de visu e perfino col tatto che tutto fosse andato secondo le regole della convenienza.
Non era bella Caterina, ma molto colta per essere una donna dell’epoca e anche intelligente. Capisce che nascondersi è il solo modo di sopravvivere alla corte dei Valois. Il re padre Francesco prende a considerarla bene e la rispetta, come fa del resto la sorella Margherita, ben disposta verso l’italiana. Non lo sono invece gli altri: i cortigiani la criticano sommessamente, per i francesi è “l’italiana”, “la mercantessa”. Si convince che per arrivare al potere e restarci occorre dissimulare, non rivelare i propri punti forti, nascondere le qualità. Sorprendere.
Alessandra Necci, docente universitaria, avvocato e scrittrice, ha fatto di Caterina de’ Medici il modello femminile del Principe di Machiavelli. Prima di dirottare su Cesare Borgia, lo scrittore toscano aveva immaginato in questo ruolo proprio Lorenzo il giovane, ma se avesse conosciuto la figlia avrebbe dedicato il trattato a lei.
Lo sostiene l’autrice, che ha fatto della de’ Medici un altro grande personaggio del Rinascimento: un’altra grande donna, dopo Isabella d’Este e Lucrezia Borgia, di cui si è occupata in un precedente saggio, Isabella e Lucrezia le due cognate (Marsilio, 2017).
"Chiunque tenti di essere buono sempre è destinato alla rovina tra i tanti che buoni non sono", suggeriva messer Niccolò negli insegnamenti rivolti al papà Lorenzino e la figlia fece tesoro del consiglio, facendosi duttile, imprevedibile, capace di infiltrarsi, di saltare gli ostacoli, di "passare oltre come l’acqua che scorre".
In un Paese che la disprezzava e che sospettava di tutti i grandi italiani da lei convocati (artisti, artigiani, consiglieri, persino cuochi), Caterina riuscì a ingentilire una corte sotto tanti aspetti arretrata. Portò l’Italia in Francia, introdusse tante novità, impose migliorie in ogni campo.
Le ricette italiane arricchirono la cucina transalpina: sorbetti, zuppa di cipolle, macarons. Fece arrivare i migliori profumieri ed esperti nostrani di varie discipline. Rivoluzionò anche il modo di stare a tavola, obbligando a usare tovagliolo e posate.
Morto il marito in una giostra cavalleresca, assunse finalmente il potere. La macchia è la Notte di San Bartolomeo, con la strage di migliaia di protestanti ugonotti a Parigi, in una fase drammatica del conflitto religioso. Non volle l’eccidio, ma non lo evitò.
Affrontò quella difficoltà come le altre: a testa alta e “dice” di avere cercato in tutta la sua vita di fare sempre il massimo. Eppure non è bastato, riconosce, ma se non fosse stata donna e straniera ce l’avrebbe fatta, sostiene Alessandra Necci.
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