Che cosa strana è il mondo
- Autore: Jean d’Ormesson
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Barbès
- Anno di pubblicazione: 2011
C’è una domanda in cui si inciampa spesso tra le pagine di “Che cosa strana è il mondo” (Jean d’Ormesson, Barbès 2011). Un quesito pregnante, decisivo, irrisolto, da che filosofia è filosofia: perché c’è qualcosa invece di niente?. Un punto di domanda che grava sulla storia dell’umanità (dai pre-socratici greci fino ad Albert Einstein) come una sfida speculativa, un macigno metafisico, una spada di Damocle esistenziale. Sparuti i responsi convincenti: nemmeno d’Ormesson, che in questo saggio scrive da agnostico, ne ha di definitivi. Azzarda ipotesi, se la vede coi dubbi, con tesi e antitesi, e se continua a interrogarsi è, più che altro, per stato di necessità. Per il gusto in sé del domandarsi, dell’assecondare i corollari trascendenti sul perché dell’esistenza: la vita ha un senso o è soltanto una parentesi irrilevante tra il niente di prima della nascita e quello che segue la morte? Nonostante le questioni tirate in ballo, questo libro (best seller di lunga durata in Francia) non è un libro compiaciuto di se stesso, e nemmeno criptico, accademico, pontificante.
“Che cosa strana è il mondo” è un libro “misurato”, piuttosto. Si dipana per circa trecento pagine in assoluta leggerezza di stile (la prima parte è addirittura concepita quasi in forma di romanzo, il romanzo del mondo) e profondità sostanziale, aggirandosi tra gli anfratti del sapere universale - scienza, metafisica, ontologia, astronomia, letteratura - con un nitore espressivo proprio della grande divulgazione, pari soltanto alla padronanza degli argomenti trattati. In altri termini: Jean d’Ormesson riesce ad approcciare “dal basso”, senza svilirle di portata, questioni ostiche come l’esistenza di Dio, la genesi dell’universo, il nascere, il morire; col passo spigliato del narratore ideale: periodi brevi, prosa asciutta e colorata al contempo. Concentrata sul cosa dire e come dirlo piuttosto che sullo sfoggio sterile del proprio sapere (il capitolo sulla preistoria e autentica poesia: da leggere, rileggere, mandare a memoria, per il modo in cui le parole riescano ad avere quasi un suono, un’armonia loro).
“Che cosa strana è il mondo” è dunque un saggio di filosofia che finalmente non spaventa. Seduce, anzi, per l’intelligibilità di scrittura, così rara tra gli accademici delle nostre latitudini.
Che cosa strana è il mondo
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