A Dio piacendo
- Autore: Jean d’Ormesson
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: BEAT
- Anno di pubblicazione: 2016
Dopo la prima edizione Rizzoli del 1975, viene riedito da Superbeat, “A Dio piacendo” (2016, titolo originale Au plaisir de Dieu, traduzione di Giovanni Bogliolo), la saga di una grande famiglia, una delle opere più importanti della narrativa francese contemporanea, scritto nel 1974 da Jean D’Ormesson, nato a Parigi nel 1925, Grand Officier de la Légion d’honneur e membro dell’Académie française.
“Sono nato in un mondo che guardava indietro. Dove il passato contava più del futuro”.
Il narratore, nato all’inizio del XX Secolo, apparteneva a una delle più antiche casate aristocratiche di Francia imparentata con tutti i nomi più illustri. Il nonno Sosthéne, “era un bel vecchio, dritto come un fuso”, viveva nel ricordo del tempo che fu. L’intera tribù era legata alla monarchia e, aleggiava sempre tra di loro, un personaggio assente e silenzioso: il re, del quale si parlava spesso e volentieri. Il capostipite si chiamava Eléazar, “maresciallo della fede e dell’esercito di Dio”, che in realtà era un furfante.
“Vivere in un castello ci pareva la cosa più naturale di questo mondo”.
La Chateau de Plessis-Lez-Vaudreuil, dove si nasceva e si tornava per morirci, era il rifugio della famiglia. In questo luogo incantato e sospeso nel tempo, la vita trascorreva in modo molto semplice tra una visita del curato, la caccia a cavallo e i ricordi sulle gesta degli antenati. I mobili antichi stipati all’interno del castello, arazzi di Aubusson, i comò e i secretaire, testimoniavano i lasciti acquisiti durante i secoli. Il nonno e il protagonista amavano salire sulla torre più alta della magione per osservare le terre e i boschi circostanti.
L’anziano Sosthéne rifuggendo l’idea del cambiamento e del progresso, viveva in una casa ricolma delle ombre di quelli che non c’erano più. Non era molto fine parlare del vile denaro e neanche andare in vacanza nella Cote d’Azur nel periodo che corre da maggio a ottobre. Intorno al grande tavolo di pietra ai piedi del castello posto sotto i frondosi alberi di tiglio, si ricomponeva la cerchia della famiglia.
Il mondo fuori da questa enclave di pace e serenità andava avanti inesorabilmente ma il vento del mutamento stava per giungere e agitare le foglie degli alti alberi. Il primogenito Paul aveva la ferrea intenzione di impalmare la bella Gabrielle Michault, il cui ricco padre, Albert Remy-Michault, rappresentava tutto quello che l’anziano signore aborriva, nessun retaggio ma solo l’ambizione di accumulare denaro. Gabrielle avrebbe introdotto nella sua nuova famiglia il lusso, una cucina squisita, il gusto dei viaggi, un’inclinazione per la letteratura e le arti.
Fortunato il lettore che si accinge a immergersi nella vibrante e potente saga di una grande famiglia, lungo un arco temporale che va dalla Belle Epoque alla II Guerra Mondiale, narrata con una prosa raffinata e potente. Jean D’Ormesson intreccia con maestria le vicende dei personaggi ai tanti avvenimenti storici, restituendo a chi legge un romanzo-saggio di ampio respiro. Il narratore
“sono il giornalista della mia famiglia, il testimone dei suoi sogni e delle sue follie”
compie una lucida ma affettuosa cronaca della scomparsa progressiva e inevitabile di un mondo destinato a sgretolarsi, in cui la famiglia ha cercato di sopravvivere a se stessa in mezzo agli sconvolgimenti. “Au plaisir de Dieu”, il loro motto che riassumeva la loro filosofia di vita: c’era un ordine delle cose e questo era voluto da Dio. Occorreva affidarsi a Lui, perché si sarebbe occupato di tutto. La catastrofe peggiore era la morte di Dio.
“Pregavamo per Dio. Perché continuasse a farsi carico, al nostro posto e per noi, dell’andamento del mondo”.
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