Si celebrano quest’anno i 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni, considerato il padre del “romanzo moderno”. Viene spesso citato come “l’autore dei Promessi Sposi”, ma si tratta di una perifrasi a tutti gli effetti riduttiva perché l’opera di Manzoni non può essere interamente circoscritta al suo “libro-capolavoro” al quale, dopotutto, l’autore milanese giunse dopo una lunga e travagliata sperimentazione narrativa e formale.
Ricordiamo che Manzoni, dopo le prime sperimentazioni poetiche, nacque come autore “tragico”, influenzato dalla drammaturgia alfieriana.
La prima tragedia manzoniana, composta tra il 1816 e il 1820, fu Il Conte di Carmagnola che traeva spunto da un personaggio storico realmente esistito, Francesco Bussone, detto Il Carmagnola. Come la tragedia successiva, L’Adelchi, fu tacciata di antiteatralità: entrambe le opere avevano infatti caratteristiche che si prestavano più alla lettura che alla rappresentazione scenica, e in un certo senso profetizzarono già la nascita del Manzoni “romanziere moderno”. Fu lo scrittore francese Stendhal, uno dei primi lettori della tragedia manzoniana a dire in una lettera che:
Manzoni ha composto, questa primavera, due atti molto lunghi sulla morte del generale Carmagnola (...) Questi atti erano fatti per la lettura.
Letteralmente, secondo l’originale francese, Stendhal scrisse: “questi atti erano fatti per essere letti”. Senza saperlo l’autore de Il rosso e il nero coglieva un aspetto importante del futuro romanziere, all’epoca ancora dedito alla sperimentazione in ambito drammaturgico. Il Conte di Carmagnola, la prima tragedia, obbediva alla regola base della poetica manzoniana Il vero per soggetto, raccontando le vicende di un personaggio storico realmente esistito.
Per citare con ironia una frase celebre de I Promessi Sposi potremmo dire: Carneade, chi era costui? come “ruminava tra sé” Don Abbondio. Chi era il Conte di Carmagnola e per quale motivo Manzoni volle raccontare la sua storia? Scopriamolo nell’approfondimento che segue.
Chi era il Conte di Carmagnola?
Link affiliato
Francesco Bartolomeo Bussone, Conte di Carmagnola, fu un capitano di ventura al servizio di Milano e Venezia. Di umili origini, nato in una famiglia povera di pastori e contadini dei boschi piemontesi di Carmagnola, Bussone seppe riscattarsi grazie al suo valore militare ponendosi ai servigi di Filippo Maria Visconti che, nel 1412, divenne Duca di Milano.
Fu Visconti a conferirgli il titolo di Conte per premiarlo dei suoi servigi; ben presto tuttavia le ambizioni di Carmagnola preoccuparono il Duca che temette che l’uomo potesse usurpargli il potere. Visconti lo esiliò a Genova conferendogli l’incarico di governatore. Francesco Bussone non gradì di essere spostato come un pacco e assegnato a un altro incarico, dunque si ribellò passando ai servigi della Serenissima, nel 1425, acerrima nemica di Milano.
In seguito alla battaglia di Maclodio (1427), da lui vinta al fianco dei veneziani, Bussone fu accusato di alto tradimento per aver liberato alcuni prigionieri milanesi. L’uomo disse di aver agito in base al “diritto di guerra” poiché spinto dalla pietà, ma la sua decisione non fu ben accolta dal Senato veneziano che lo accusò di favoreggiamento con il nemico. Fu condannato a morte e, giudicato per direttissima, venne ritenuto colpevole e decapitato la sera del 5 maggio 1432.
Manzoni scrisse la tragedia ispirato dalla lettura della Storia delle Repubbliche italiane nel Medioevo scritta da Sismondi, sperando di riscattare attraverso l’opera il destino infausto del Conte, da lui considerato innocente. Nella conclusione infatti Manzoni immagina il suo protagonista mentre si avvia verso il patibolo pronunciando parole di fede cristiana.
Nella tragedia manzoniana Francesco Bussone venne ritratto come un uomo buono e caritatevole che agì compiendo un atto di clemenza; ma nella realtà fu proprio così?
Le fonti storiche ci parlano di tutt’altro. Non era certo la pietas a guidare le azioni del Conte di Carmagnola, una testimonianza su tutte ci viene data dal lungo assedio di Piacenza con cui Bussone fece capitolare la città. Dopo la presa di Piacenza, Il Carmagnola compì un atto terribile di vendetta: per celebrare la vittoria imprigionò il figlio e il fratello del condottiero piacentino Filippo Arcelli e li fece impiccare entrambi davanti ai suoi occhi.
I documenti del processo al Conte di Carmagnola andarono perduti in seguito all’incendio che distrusse Palazzo Ducale; ma il dubbio sulla sua colpevolezza rimane. Alessandro Manzoni credeva che ll Carmagnola fosse innocente, ma la storia ci spiega che non è proprio così. Si trattava di un personaggio ambiguo e doppiogiochista, non della vittima di un potere ottuso e tiranno. Secondo i suoi detrattori, Francesco Bussone si era accordato clandestinamente con il duca di Milano Filippo Maria Visconti: in base a questo patto segreto liberò i prigionieri milanesi per ottenere in cambio la signoria di Brescia. Ancora oggi il dubbio permane, ma le parole di Alessandro Manzoni - convinto innocentista - ci restituiscono un ritratto puro di Francesco Bussone, non molto diverso dalla visione di un martire morto in nome di un ideale più grande.
Il Conte di Carmagnola: la tragedia di Manzoni
La tragedia manzoniana fece, nel suo piccolo, un’autentica rivoluzione drammaturgica. Nel testo, composto in omaggio alla drammaturgia alfieriana, Manzoni introdusse l’elemento innovativo del coro che aveva una funzione di commento ai fatti narrati. Nel coro possiamo trovare il riflesso della voce autoriale, del suo pensiero: attraverso la parentesi corale Manzoni commentava la storia introducendo le sue riflessioni, condannando ad esempio le guerre fratricide che si combattevano nell’Italia del Quattrocento, come quella tra milanesi e veneziani. L’introduzione del coro nella tragedia in un certo senso può essere già letta come un’anticipazione del futuro romanziere, l’autore lo definisce come “il cantuccio riservato al poeta” e ne rivendica la centralità nella storia.
Inoltre Manzoni sceglie di concentrarsi non tanto sull’azione, ma sull’approfondimento morale e psicologico dei personaggi sulla base della lezione shakesperiana. Alla base del suo Conte di Carmagnola troviamo un profondo fine etico: Manzoni ci mostra la figura di un uomo buono ed eroico sconfitto e soggiogato da un potere tiranno (visto in questo caso sottoforma di despotismo), inoltre auspica la solidarietà tra i popoli profetizzando l’avvento dell’Italia Unita, in cui gli italiani non avrebbero più combattuto contro altri italiani.
leggi anche
Alessandro Manzoni: vita, opere e pensiero
Un’altra innovazione significativa portata da Manzoni fu l’abolizione delle unità aristoteliche di tempo e di luogo che, a suo giudizio, portavano all’esasperazione l’Io dei personaggi. Per questa ragione l’opera fu criticata aspramente da alcuni critici illustri, come il drammaturgo e poeta francese Victor Chauvet.
Nella conclusione Manzoni tornava al tema cristiano, sempre attraverso la voce del coro ripudiava ogni forma di violenza a favore di una fratellanza universale. Tutti gli uomini, ribadiva Manzoni anticipando la sua Divina Provvidenza, sono uguali di fronte a Dio e possono sperare nella salvezza della Redenzione da lui concessa.
Siam fratelli; siam stretti ad un patto:
maledetto colui che l’infrange
Che s’innalza sul fiacco che piange,
Che contrista uno spirto immortal!
Il Conte di Carmagnola e I Promessi Sposi
Attraverso la vicenda storica del Conte di Carmagnola, Manzoni voleva raccontare la parabola di un uomo di potere, un prode condottiero che cade vittima dei valori di Stato e della “forza feroce che governa il mondo”. In questa sua prima tragedia possiamo cogliere già molti degli elementi chiave che torneranno poi nel suo capolavoro I Promessi Sposi: l’attenta rilettura della Storia (con la s maiuscola) cui si intrecciano i destini individuali degli uomini; il libero arbitrio; l’importanza della fede religiosa. È presente, sottotraccia, anche un altro elemento cruciale dell’opera manzoniana: fu vera gloria? sembra domandarsi l’autore nel raccontare la tragica storia del Conte di Carmagnola. Come Napoleone ne Il cinque maggio, anche Francesco Bussone assiste al proprio inesorabile declino, chissà quando un uomo simile la sua cruenta polvere a calpestar verrà.
Tra la gloria e la polvere, cosa resta? Nell’ostinato lirismo del Conte di Carmagnola, Manzoni si interroga sul senso dell’agire umano, andando ben oltre la rigida gabbia della sterile ricostruzione storica. Con una tragedia stava nascendo il nuovo “romanzo moderno”; era il suo primo vagito.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era il Conte di Carmagnola raccontato da Alessandro Manzoni
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo News Libri Curiosità per amanti dei libri Storia della letteratura Alessandro Manzoni
Lascia il tuo commento