Chimere
- Autore: J. Bernlef
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Fazi
- Anno di pubblicazione: 2024
In uno scenario suggestivo e metaforico si apre Chimere (Fazi, 2024, trad. di Stefano Musilli), il romanzo di J. Bernlef, pseudonimo di Hendrik Jan Marsman, scrittore, poeta, romanziere e traduttore olandese.
È inverno e davanti alla casa di Maarten Klein si apre una vasta distesa bianca. Il settantenne, che da tempo con la moglie Vera vive negli Stati Uniti, va alla finestra e non scorge lo spettacolo mattutino che è per lui ormai abitudinario, quasi un appuntamento.
Vorrebbe vedere quei ragazzini che tutte le mattine salgono su uno scuolabus, ma non c’è nessuno. In realtà oggi è domenica e lui non ha più contezza del tempo e Vera lo riporta al presente. È Maarten stesso a raccontare le vicende di quell’inverno che è anche la sua ultima stagione, quella in cui tutto s’addormenta, quella in cui il ciclo vitale naturale ha fine. Il protagonista, da tempo ormai in pensione, trascorre le giornate tra passeggiate con il suo cane Robert e piccoli lavoretti per la moglie Vera ma, in questo quadro di vita tranquilla, s’insinua la malattia. La mente del protagonista non è più pronta e lucida e Maarten comincia a dimenticare, a perdersi anche nei gesti quotidiani. Come in tanti casi di demenza, sono più vivi i ricordi di un passato lontano, di decenni prima vissuti in Olanda.
Strano come, a un tratto, qui a Gloucester, sulla costa a nord di Boston, mi ritrovi a pensare a certe cose, a papà e al suo termometro Heidensieck. In Olanda, a quest’ora, avranno rimosso anche la sua tomba.
La malattia si incunea piuttosto velocemente nella mente di Maarten: l’uomo dapprima si scorda di prendere la legna, poi va alla ricerca di qualcosa che, nel frattempo, non ricorda più cosa fosse.
Due passi, devo alzarmi a fare due passi. Così se ne andrà di nuovo via, questa sensazione di momentanea assenza in piena coscienza, questo senso di smarrimento, di spaesamento [...]
Provo a leggere il libro che ho in mano ma le parole non si decidono a fare una frase. È come se all’improvviso non padroneggiassi più l’inglese malgrado negli ultimi anni sia diventato praticamente bilingue.
Vera, sollecita, è sempre accanto al marito; insieme sfogliano l’album di fotografie che raccontano decenni di vita, di certo per recuperare ciò che si sta dissolvendo nella mente del protagonista.
Il romanzo è assolutamente empatico: troviamo Maarten confuso, spaesato e spesso irritato ma si leggono anche le emozioni e le preoccupazioni di Vera che, durante una telefonata, così si confida:
Comincio a preoccuparmi sul serio. A vederlo non ha niente di strano ma è proprio questo che fa tanta paura. Certe volte racconta cose di noi che io non ho mai vissuto. Come se ai suoi occhi fossi un’altra [...] Mi sento inerme, non so come aiutarlo. È diventato così, praticamente dall’oggi al domani.
Accanto a Maarten ruotano figure minori che rispondono ai richiami d’aiuto di Vera: sono il dottor Eardly e poi la giovane badante Phil Taylor, che il protagonista scambia per un’amica dei figli e che, giorno dopo giorno, continua a non riconoscere nonostante lei ora faccia parte della famiglia. Maarten smarrisce i tanti frammenti del suo vissuto: non riconosce più i luoghi e poi perde anche la dimensione del tempo.
Chimere è una storia commovente e toccante. J. Bernlef descrive la malattia in maniera accurata e pertinente ma racconta di essa con espressioni assolutamente umane, con pensieri e parole di estremo coinvolgimento. L’avvicinarsi della fine è estremamente triste ma anche questo fa parte della vita.
L’autore delinea quel doloroso tratto che ognuno di noi dovrà percorrere e che forse ha vissuto accanto a qualche familiare o amico. Lo stile non è drammatico anche se il libro suscita molte emozioni per via delle tematiche toccanti. L’argomento su cui la narrazione ruota è quello della transitorietà: la consapevolezza che per tutti il tempo passa, tutto cambia e nulla resta uguale. Il nostro orologio interno va passo passo con quello delle stagioni: dalla primavera fino all’inverno. Ma, proprio alla fine, nella più fredda delle stagioni, quando il gelo s’insinua nelle ossa, quando la mente non è più lucida e non comprende neanche più la sofferenza, s’insinua la speranza
Ascolti solo la voce che sussurra [...] si può guardare, guardare fuori… il bosco e la primavera imminente... la primavera che sta per cominciare.
Chimere si rivela un romanzo estremamente emozionante: i sogni vani fanno ritorno e sono conforto all’estrema sofferenza. Il dolore e la tristezza che permeano la vicenda sono raccontati con delicatezza assoluta e ogni gesto gentile verso chi sta soffrendo è balsamo per il malato ma anche per l’animo dei tanti lettori che non potranno non farsi coinvolgere dal narrato.
Chimere
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