Ci invitarono i cortili
- Autore: Georg Heym
- Categoria: Poesia
- Casa editrice: Via del Vento
- Anno di pubblicazione: 2011
Una selezione di ventuno poesie in nuova traduzione, in parte inedite in Italia, del poeta tedesco Georg Heym, che per la qualità e l’autenticità della sua lirica riteniamo fra i più grandi autori pubblicati in questa collana, scomparso nel 1912 in tragiche circostanze a soli ventiquattro anni. (scheda Via del Vento edizioni)
Spazi aperti nella selva delle architetture dove il ritmo e le ossessioni della città sembrano
distendersi, i cortili sono una dimensione interiore, il luogo che innesca un processo regressivo
verso un sentire acerbo che si è soliti associare all’infanzia. Ma proprio nell’elemento fanciullesco
(das Kindliche), Walter Benjamin vedeva un carattere destabilizzante, portatore di una frattura che
genera lacerazione e catarsi a un tempo.
Così, nella versione orfica del mito dionisiaco, il dio ancora bambino viene smembrato e divorato
dai Titani; eppure lo scempio innesca un atto di rinascita. Questa tragica gaiezza sorgente dalla
divinità, che nella morte ritrova un impulso vitale, questa risata che scuote il cielo e ha in sé la
vertigine del mondo e la sua eterna vicenda d’affanno, si fa strada dall’antichità fino a dettare la
moderna problematizzazione nietzscheana.
Georg Heym costruisce nei suoi versi un’allegoria del vivere, fiume e nave allo stesso tempo, le cui
sponde poggiano sui lembi disadorni del proprio immaginario. Il
caleidoscopio del poeta costruisce un’allegoria del vivere, fiume e nave
allo stesso tempo, di cui celebra le mutevoli forme in un canto che vira
verso una surreale malinconia:
«Ci invitarono i cortili con le scarne braccia,/
delle nostre animucce l’orlo sdrucito ghermirono./
E per notturni usci noi sgusciammo/ verso il tempo stregato di morti giardini./
Dalle grondaie un’acqua scese di piombo,/
nubi perenni livide volavano./
E sul rigore di laghi ghiacciati/
in secchi germogli pendevan le rose.»
Così il fanciullesco si contamina con una sorta di attesa estatica, quale suscita la sconvolgente
visione di un dio, la stessa che arse Semele, la madre di Dioniso, quando contemplò il volto del
suo amante divino, Zeus. È in questa tensione divorante che il verso heymiano cerca di sorprendere
l’essere (Dasein), nell’attimo del suo dissolvimento. Come scrive Claudia Ciardi, curatrice del
volumetto e autrice del commento alla poetica di Heym:
«Devoto ai colori crepuscolari, la sua
figura appartiene a questa soglia cromatica, dove tutto è soggetto a un silenzioso trapasso.»
Il dio della città per Heym, fragile Giacinto rapito dalle acque dell’Havel, sta in questo indefinito
limbo che si gioca tra sogno e ricordo, ed è questo intenso grido che taglia l’aria, facendo risuonare
una libera volontà sensibile, mentre l’ombra gettata da una fonte nel silenzio di un cortile ammicca
alla struggente fantasticheria della sera.
- Autore: Georg Heym
- Titolo: Ci invitarono i cortili
- Curatrice: Claudia Ciardi
- pag. 36
- Casa editrice: Via del Vento, 2011
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