Come parlare di un libro senza averlo mai letto
- Autore: Pierre Bayard
- Anno di pubblicazione: 2012
Immaginate che qualcuno vi parli di un libro famoso, uno di quei must letti da chiunque - magari un classico -, mentre invece voi non lo avete mai aperto. Probabile allora che avvertiate un senso di disagio, di colpa, non troviate il coraggio di confessarlo e pur tuttavia dovete metter su due parole di commento per non passare da ignorantelli: dunque, come ve la cavereste?
Per Pierre Bayard, in fondo, leggere libri non è poi così importante. E pensare che il Nostro insegna letteratura a Parigi: dette da un professore, queste affermazioni sono tutte un programma.
L’autore di questo saggio confessa di non aver letto, per esempio, l’Ulisse di Joyce - in verità, sono pochi coloro che lo hanno fatto - e di trovarsi spesso a parlarne senza imbarazzi durante le lezioni. Secondo Bayard, la non lettura non precluderebbe affatto la possibilità di commentare un libro: anzi, potrebbe rivelarsi persino un vantaggio.
Lo stesso Oscar Wilde, del resto, sentenziava di non leggere mai i libri da recensire per non restarne influenzato. Solo una boutade delle sue? Non si sa fino a che punto.
Per il professore francese non importa leggere un libro o un altro, bensì è sufficiente averne una "visione di insieme".
Ne L’uomo senza qualità di Musil il bibliotecario non ha mai letto nessuno dei volumi conservati, eppure li conosce tutti, uno per uno, e potrebbe parlarne senza incertezze.
La cultura deriverebbe dunque non dalle pile di pagine divorate, ma dal senso di orientamento acquisito, dal sapersi districare con agilità e abilità tra i libri nel loro insieme, tra ciò che gli altri – che li hanno letti – ne dicono.
Chi sfoglia un libro ha la possibilità di conoscerne l’insieme senza soffermarsi in dettagli e perdere tempo: così la pensava anche il grande Paul Valery. E’ impossibile leggere tutto: se ci sparassimo un libro ogni giorno nell’arco di una vita intera, quelli non letti sarebbero sempre incomparabilmente assai di più.
A supporto della propria tesi, Bayard attinge alla trama de Il nome della rosa di Umberto Eco: il protagonista del romanzo, fra Guglielmo da Baskerville, non ha mai avuto modo di leggere il libro proibito, per il quale alcuni monaci sono stati uccisi, eppure mostra di essere al corrente del suo contenuto perché ha captato i segnali e intuito i messaggi, più o meno chiari, che le circostanze e i confratelli gli hanno lanciato.
Poi ci sono i libri letti ma dimenticati, talvolta anche persino dopo averli letti - grande cruccio di quello smemorato di Michel De Montaigne -, che comunque lasciano in noi una traccia, un segno, un’impronta.
Parlare e scrivere di libri visti soltanto con il binocolo è più frequente di quanto si pensi. Tra i critici letterari è un fenomeno tutt’altro che marginale. Nelle redazioni dei quotidiani arrivano spesso mallopponi su cui il povero giornalista di turno deve imbastire uno straccio di articolo, pur non avendo a disposizione il tempo necessario per leggerli, né magari la voglia.
Il problema è che bisogna saperlo fare: commentare un libro a cui si è data una scorsa veloce e superficiale - quando va bene - è un’arte non proprio alla portata di tutti e il rischio della figuraccia e di perdere credibilità sono dietro l’angolo.
Non aver letto un romanzo di cui tutti parlano non deve tuttavia farci sentire in colpa e né vergognare, perché non c’è una cultura senza lacune e carenze.
Commentare pagine mai lette è un esercizio di creatività e sensibilità richiedenti profonde capacità intuitive: bisogna essere bravi a coglierne l’essenza. Il critico in questo caso non vende fumo, ma si rivela un vero artista della parola e del commento.
Parlare di libri persino inesistenti è in fondo un parlare di sé agli altri, imparando a conoscersi meglio. Di un libro non letto si può dire tutto e, allo stesso tempo, il suo opposto in relazione al contesto letterario, saggistico o altro di riferimento.
Il saggio di Bayard non è un manualetto trash ad uso e consumo di critici e recensori superficiali e neghittosi, bensì una provocazione - non so quanto riuscita e convincente - con alcuni sagaci risvolti tra letteratura, psicologia e filosofia.
Il succo dell’argomento è comunque, a mio avviso, tutto nelle prime cento pagine: dopodiché - per coerenza con quanto scrive il professore - tralasciare il resto, risparmiando tempo. Anzi, fate subito tesoro dei suoi insegnamenti: non leggetelo proprio.
Come parlare di un libro senza averlo mai letto
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Caro Giovanni, stiamo ancora ridendo da quando abbiamo letto il titolo! Speriamo che nessuno dei nostri collaboratori prenda l’autore in parola, ma che ogni libro recensito sul nostro sito sia sempre prima letto con attenzione. Grazie per la recensione e per questo interessante spunto. A presto! :)
Rido da mezz’ora. Non prendete spunti, vale anche per me, ovviamente. Bravo Giovanni.
Ringrazio per i vostri commenti.
Complimenti per la recensione e per la scelta del libro, spunto di riflessione per noi collaboratori. Mi unisco a ciò che hanno scritto la Redazione e Vincenzo