

Il giorno è lungo e ha i suoi tempi, belli e cattivi. Nella cultura mediterranea, le ore intorno al mezzogiorno sono tra le più pericolose.
Ovidio ce lo rammenta nell’episodio di Atteone, colui che vide la nudità di Diana e per questo subì una tremenda punizione; ma la tematica viene ripresa anche nei secoli successivi dalla letteratura italiana e francese.
Vorrei premettere che Ovidio è di Sulmona, quindi abruzzese, appartenente a una cultura meridionale in cui i giorni sono scanditi dai lavori della campagna, dal sole e dai cambiamenti del tempo. Non si lavora nella canicola per un’elementare questione di igiene fisica e mentale e il riposo pomeridiano era un’abitudine radicata nel Sud del Mediterraneo (ma penso lo sia ancora).
La controra, l’ora degli dei


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Ovidio nella sua monumentale opera Le Metamorfosi ci parla di un aspetto oscuro della controra: è l’ora degli dei, che non permettono agli uomini di dividere lo spazio con loro o di guardarli nelle loro attività.
Chi lo fa incorre nella loro ira, come capita al povero Atteone che guarda Diana nuda, probabilmente senza desiderarla, ma, si sa, le dee vergini dell’Olimpo sono permalose e ciò è sufficiente a rendere il pastore incauto prima un cervo e poi una preda da cacciare per i suoi stessi cani.
Non si può guardare la divinità perché si entra in un mondo che non appartiene agli uomini, ma non solo.
Chi si avventura nell’ora degli dei rischia di perdere il lume della ragione e ritornare a quell’animalità che gli uomini temono. Si possono compiere delitti nella controra, perché il riposo genera idee e l’ozio, come insegna la teologia cristiana, è il padre dei vizi.
I Padri della Chiesa e l’orrore dell’ozio
L’ora della massima calura è nemica dell’attività e, di conseguenza, chi sta in ozio, se non ha imparato a conviverci come i monaci del deserto, è destinato ad essere oggetto di tentazioni, dall’accidia (il disamore per la vita) alla lussuria (una Venere infeconda) .
Non è un caso che i Padri della Chiesa temessero per gli eremiti la fatale domanda: e ora? Che cosa succede ora? La noia e l’irrequietezza conducono alla ricerca di diversivi per fuggire sé stessi invece di rientrarvi come nella notte mistica (e perciò non temuta).
Questo è un grande motivo che accomuna autori pagani e cristiani.
La passione estiva in D’Annunzio e Verga


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In campo letterario importante è D’Annunzio a trattare l’argomento. Ne sono un esempio certe novelle, come “La veglia” nelle Novelle della Pescara, in cui i protagonisti sono presi dalla passione nel luglio assolato (per i decadenti l’estate non è una stagione felice, ma foriera di disordine).
O anche Giovanni Verga, nella conclusione della novella "La lupa" in cui la protagonista è uccisa nel periodo della fioritura massima, un’estate che nel suo fulgore preannuncia il declino.
Atteone e il demone meridiano


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Cosa c’entra con questo Atteone? Di lui si potrebbe parlare in un momento successivo, ma il suo mito è importante per sottolineare i momenti topici delle storie ovidiane che si collocano in un contesto luminoso e accecante per gli uomini mediterranei, a differenza delle culture germaniche in cui il sole nutre.
Un sole di mezzogiorno può condurre al traviamento morale, come delinea Paul Bourget nel Demone meridiano, un demone di natura sessuale che prende gli uomini giunti alla mezza età e li conduce, tramite la donna e il potere, alla perdizione morale. Troppo sicuri della propria virtù e troppo superbi, cercano una conferma in una Venere infeconda e illecita.
Un ammonimento che, a parte la possibile deriva misogina, deve essere tenuto presente ancora oggi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I pericoli della controra dalla letteratura latina ai moderni
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