Cosa significa veramente autenticità in poesia? Non mi riferisco al plagio, al fatto che una lirica sia autografa o meno, a dei componimenti vistosamente artefatti, a una postura autoriale simulata (ciò spesso è però basato sulla presunzione che il critico conosca veramente la personalità e le intenzioni del poeta in questione).
Basti pensare che Umberto Eco diceva di Nanni Balestrini che era un poeta che “di suo non aveva scritto un solo verso” in quanto si avvaleva soprattutto della tecnica del collage. Oppure basti pensare ai giorni nostri all’uso del google e dell’intelligenza artificiale da parte di alcuni poeti. Forse, a forza di ridurre l’io lirico, alcuni poeti hanno messo in crisi di conseguenza il concetto stesso di autorialità.
L’inautenticità della letteratura contemporanea
Ai giorni nostri certa letteratura può essere autografa, ma non totalmente autentica (come coloro che scrivono poesie con Chat Gpt), ma anche autentica e non autografa (mi vengono in mente buoni libri scritti da ghostwriter).
Non so se esista davvero un significato autentico di autenticità in poesia (scusatemi il bisticcio di parole, ma era per rendere meglio l’idea).
Comunque per autenticità mi riferisco a qualcosa di più profondo, che riguarda anche l’ontologia e la metafisica.
Di solito per opera d’arte autentica intendiamo un’opera che corrisponda alla realtà, alla verità. Ma la realtà è dispersa in illimitati frammenti eterogenei oggi.
Quindi quale realtà, visto e considerato che rappresentare tutta la realtà è impossibile? E poi oggi si parla tanto di post-verità.
Forse dovremmo anche parlare di post-autenticità. Quale autenticità? Ha più senso parlare di autenticità? Dove alberga l’autenticità in un’opera d’arte e siamo così sicuri che l’autenticità sia ancora l’essenza dell’opera d’arte? Innanzitutto un poeta, ammesso che non plagi, non sa mai totalmente se la sua poesia è autentica, nel senso più profondo del termine.
Devono stabilirlo anche gli altri, i lettori e i critici, il grado di autenticità a cui è giunto. L’autenticità è un quid interiore che ha anche un risvolto sociale e l’inautenticità avviene quando c’è discrepanza tra interiorità e giudizio altrui.
Diciamo che non sempre l’autenticità primigenia può essere trasmessa, veicolata bene dall’autore oppure compresa appieno dal pubblico. Io un tempo intendevo per autenticità di un’opera d’arte una buona correlazione tra premesse, intenzioni e realizzazione finale; ma queste cose possono dissociarsi semplicemente per mancanza di tecnica, per limitata espressività o anche per un’autocensura più che legittima.
Mi sono chiesto anche se l’autenticità per un poeta sia un diritto, un dovere, un diritto-dovere e non ho trovato risposte soddisfacenti.
Cos’è la poesia autentica?
Ma cos’è la poesia autentica? Una poesia fondata sul trauma oppure sul senso di colpa? Una poesia basata sulla precisione e sul dettaglio oppure una basata sull’indeterminatezza e sulla Gestalt globale?
Una poesia che semplifica o una poesia complessa? Una poesia privata e intimista oppure una politica e civile? Una poesia che tratta di sesso o che lo rimuove?
Una poesia religiosa o atea? Una poesia che produce uno spiazzamento nel lettore? Una poesia classica o che contamina i generi? Una poesia orientata sul soggetto o sull’oggetto? Una poesia che rompe gli schemi, rinnovando forme e linguaggio, o una che rispetta la tradizione? Una poesia emotiva e comunicativa, accessibile a tutti, oppure una poesia elitaria? Una poesia dal basso, democratica, determinata da blog e social, oppure una poesia stabilita da pochi soloni della critica e dalle grandi case editrici? Una poesia pura oppure la prosa poetica?
E se l’imitazione è inautentica, anche la sola mancanza di innovazione di per sé produce un’opera inautentica?
E se è poesia solo il “pensiero poetante” di Hölderlin, allora non è anch’essa inautentico il pensiero, dopo Freud e Lacan? E poi bisogna rinnovare a tutti i costi? E ancora si è poeti autentici solo se si riesce a fare la cosiddetta grande poesia? Essere poeti mediocri significa essere inautentici?
Ci sono persone autentiche nella vita che fanno poesia inautentica e viceversa? Ed è ammesso che un poeta per rivitalizzare la poesia dia tutto sé stesso al punto persino di autodistruggersi? E ciò sarebbe segno di autenticità o inautenticità?
Mi chiedo anche se un poeta debba per forza essere sincero o debba dissimulare, se un poeta possa anche fingere ciò che in realtà non è o se possa rappresentare una finzione.
L’autenticità sgorga dall’animo del poeta, dalla sua poetica, dalla sua vita, dal suo atteggiamento alla vita? Un poeta deve essere bravo a scrivere, ma può scrivere bugie su sé stesso, sul mondo oppure così facendo si rivela inautentico? Ci deve essere corrispondenza tra autore e opera?
Il concetto di autenticità di un’opera è legato strettamente alla presunta soggettività autentica dell’autore? Oppure ci può essere vera poesia inautentica? Il concetto di autenticità di un’opera d’arte e quello di poeta autentico sono alquanto opinabili e soggettivi. Così come è opinabile nella vita di tutti i giorni stabilire l’identità personale sempre più sfaccettata e sfumata, insomma le nostre stesse coordinate esistenziali. Ancora una volta oggi la poesia deve porsi il problema del discrimine autenticità o inautenticità, oppure è un falso problema?
E se “ideologia è linguaggio”, come scriveva Edoardo Sanguineti, se cioè le forme stilistiche sono decise dal potere, allora dovremmo far prevalere quelle che negli anni ‘70 chiamavano le scritture sciatte, dovremmo perciò rifiutare il bello stile e scrivere male di proposito per opporci al potere, per contestarlo? E ancora una poesia è autentica per i contenuti o invece in poesia conta solo il come si dice?
L’impersonalità dell’esistenza è un male dell’uomo contemporaneo, secondo Heidegger, e da essa deriva l’inautenticità della nostra vita quotidiana.
La poesia impersonale
Per poesia impersonale si intende quella che riduce l’io, che aspira all’oggettività, che vuole eliminare la partecipazione emotiva e l’autobiografismo. Ma anche la poesia impersonale è inautentica? Captare le voci di sconosciuti e i frammenti di conversazioni nell’aria, come nella tecnica dell’eavesdropping, non è troppo aleatorio e alienante? E perché dovremmo preferire le voci di persone sconosciute a quelle dei poeti veri e propri? La poesia autentica non dovrebbe essere scarto dal linguaggio ordinario, dalle espressioni verbali comuni, convenzionali, stereotipate? Oppure la poesia autentica è mimesi dell’inautenticità della vita?
La poesia impersonale non rischia di riprodurre fedelmente l’inautenticità della nostra quotidianità alienata? Ne abbiamo davvero bisogno? È giusto fare ciò?
All’inautenticità non si aggiunge altra inautenticità? Non avremmo bisogno di altro, cioè di una poesia che riesce a elevarsi o ad astrarsi dalla inautenticità quotidiana?
E infine la poesia, qualsiasi poesia, non potrebbe sempre essere autentica e opporsi quindi all’inautenticità della vita moderna? La poesia impersonale si vuole opporre alla cosiddetta ipertrofia dell’io e all’individualismo capitalista.
Ma la poesia neolirica, affermando l’io, non si oppone forse all’omologazione, alla massa e non può fungere da principio di individuazione? Fino a ora la questione dell’autenticità ha fatto scaturire in me più interrogativi che risposte.
Però forse qualche punto fermo riguardo a questa problematica esiste. Ad esempio a mio avviso l’autenticità di un autore riguarda prima di tutto il rispetto per sé stessi e quindi anche il rispetto del pubblico.
La poesia onesta
Un poeta dovrebbe scrivere solo come sa scrivere, senza infingimenti. Un poeta dovrebbe essere sé stesso quando scrive, per quanto possibile.
Un poeta, al di là della sua coerenza stilistica, dovrebbe perciò scrivere come sente di scrivere, infischiandosene del canone, degli stilemi, delle mode e delle tendenze letterarie del momento. Questo significherebbe essere fedele a sé stesso, almeno esteticamente, e ciò è naturalmente storicamente determinato.
Però forse un’opera d’arte per la critica è autentica se è autentica la kunstwollen (ovvero la “volontà d’arte”, Ndr) di un poeta, ammesso che esista in quella opera una kunstwollen.
Ma un autore, per sé stesso, prima di tutto dovrebbe cercare di fare quella che Saba chiamava la poesia onesta, guardando sinceramente dentro di sé, esprimendo chiaramente il suo vissuto e i suoi pensieri, senza artifici, senza inganni, senza retorica.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cos’è l’autenticità? Una riflessione sulla poesia e la letteratura contemporanea
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