Cos’è il “gusto personale”? Si dice che lo studente deve formarsi un gusto personale. Si parla di formazione di “un gusto personale”. Alcuni dicono che il gusto deve essere educato.
Ma al contempo un critico letterario per antonomasia deve cercare di essere più obiettivo possibile, intendendo con ciò essere meno fazioso, meno di parte e il più neutrale possibile.
Ci sono anche alcuni letterati che vogliono spacciare la loro faziosità per critica militante.
Cosa dovrebbe richiedere la critica letteraria ben fatta? Cercare, innanzitutto, di ridurre il soggettivo e di mettere la maggior parte dell’oggettivo nel proprio giudizio critico, evitando idiosincrasie, favoritismi, preferenze stilistiche, eccetera.
Ma per diventare un critico letterario uno studente deve avere dei professori e dei maestri che incanalino e formino la sua sfera soggettiva, che poi se, appunto, diventa un letterato dovrà cercare di mettere tra parentesi, perché un vero critico deve cercare di fare un discorso il più obiettivo possibile.
Oserei dire che per un’autentica critica letteraria il soggettivo deve fondarsi sull’oggettivo.
Gusto personale e critica letteraria possono convivere?
Un buon critico deve iniziare col soggettivo, basarsi e impostare molto sull’oggettivo e poi fare considerazioni finali soggettive. Insomma soggettivo e oggettivo devono richiamarsi vicendevolmente in un impasto che deve essere ben amalgamato.
In definitiva la scelta di un argomento, di un testo, di un libro naturalmente è soggettiva, la sua analisi deve essere il più oggettiva possibile, le considerazioni finali possono essere soggettive.
Essere critici significa perciò “soggettivizzare la letteratura”, i suoi canoni estetici e allo stesso tempo oggettivizzare il proprio gusto personale.
Detto in parole povere, “farsi una cultura” significa anche farsi delle idee proprie, la cui maggioranza non devono essere manifestate se uno diventa un critico letterario. Però l’impersonalità e l’imparzialità della critica sono nella stragrande maggioranza dei casi solo teoriche. Con l’avvento dello strutturalismo, della linguistica, con l’apporto delle scienze umane sembrava che il problema fosse risolto, ma non è stato così.
Italo Calvino con il suo articolo Il mare dell’oggettività comunque non è stato profetico, poiché da decenni a questa parte è in crisi l’oggettività nella cultura e le coscienze sono infelici.
Gusto personale e indipendenza di giudizio
In seconda liceo avevo un’insegnante di italiano che non voleva che commentassimo personalmente I Promessi Sposi, ma che riportassimo solo ciò che avevano scritto Luigi Russo, il Tommaseo, il Marchese.
Nessuno poteva dire o scrivere “io penso che” a riguardo, perché non eravamo nessuno per esprimere un giudizio, non eravamo sufficientemente colti e preparati. Aveva ragione. Quanti libri ci vogliono per formarsi un proprio gusto personale e quanta sensibilità estetica?
In fondo è grazie alla formazione di un gusto personale che ci si può permettere di dire la propria, di dire “io penso che”.
Formarsi un gusto personale significa leggere libri e libri, fare collegamenti tra essi, stabilire nuove connessioni cerebrali. Insomma, non è una cosa che accade dall’oggi al domani, ma ci vogliono anni e anni.
Verrebbe da pensare che soltanto una persona con un gusto personale ha indipendenza di giudizio e senso critico.
È soltanto con la creazione di un gusto personale che ognuno inizia a pensare con la propria testa o almeno si presume. Ma quanti arrivano alla formazione compiuta di un gusto personale?
La maggioranza dei lettori, anche quelli forti, si lascia abbindolare dalla pubblicità, dal mercato, dal passaparola, dai social, dalla televisione, eccetera.
Molti non scelgono in base a ciò che piace loro, ma scelgono solo ciò che il potere e la maggioranza sceglie per loro. Molti non sanno scegliere e allora si lasciano consigliare, spesso male, oppure acquistano libri per sentito dire.
Forse più che della formazione di un gusto personale ci sarebbe bisogno di saper distinguere il grano dal loglio, ciò che è letteratura e ciò che non lo è, ciò che è cultura da ciò che non lo è, ma il mercato spinge in un’altra direzione: un tempo con parte dei proventi dei bestseller gli editori investivano in libri di qualità e oggi non più, la critica letteraria è morta o moribonda, nessuno si arroga più il diritto-dovere di formare un gusto personale.
Però forse è il gatto che si morde la coda, dato che per saper distinguere chi ci marcia su e chi vale bisogna avere un nostro gusto personale già formato.
Che poi a ben pensare l’espressione "formazione di un gusto personale" è un poco vaga, può voler dire molte cose, addirittura tutto e il contrario di tutto.
leggi anche
Come valutare un testo/libro
Gusto personale e senso critico
Concludendo, diciamocelo francamente: la formazione di un gusto personale significa formare persone con senso estetico, ma anche critico.
Qualcuno potrebbe pensare che l’espressione “formazione di un gusto personale” è troppo snob, risente di una visione troppo elitaria, perché anche le persone totalmente illetterate hanno dei gusti personali ben definiti.
Qualcuno invece potrebbe obiettare che si andrebbe a finire male se tutti avessero un gusto personale ben formato. Molto meglio un gregge indistinto e pochi letterati, che come tromboni o prefiche piangono la crisi inesorabile della letteratura!
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cos’è il “gusto personale”? Tra soggettività, critica letteraria e indipendenza di giudizio
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo News Libri Significato di parole, proverbi e modi di dire
Lascia il tuo commento