DDR. La Guerra Fredda del football
- Autore: Vincenzo Paliotto
- Genere: Sport
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
Quelle indossate dalla nazionale della DDR erano magliette "povere", girocollo bianco e il resto di un blu non troppo scuro, con lo stemma del martello e del compasso in oro, simboli del socialismo reale nel cuore di Berlino. Niente a che vedere con le casacche firmate Adidas dei tedeschi occidentali. È il 22 giugno di una sera d’estate del 1974 nello stadio di Amburgo, e il numero 17 in maglia blu Erich Hamann sta nel suo piccolo per contribuire alla leggenda: serve una palla tagliata al centro dell’aria di rigore e al resto ci pensa Jurgen Sparwasser. Per dirla con l’epos di Gunter Grass:
“Sparwasser accalappiò il pallone con la sua testa, se lo portò sui suoi piedi, corse di fronte al tenace Vogts e, lasciandosi persino Höttges dietro, lo piantò alle spalle di Maier in rete”.
È il 78’ minuto di un secondo tempo passato alla storia: a Munchen ‘74 le due Germanie si stanno giocando molto di più che una partita di calcio. Si stanno giocando l’onore e ci stanno mettendo la faccia. Quando il destino le ha poste di fronte al primo turno dei mondiali di calcio, sapevano entrambe che in ballo c’era il prestigio (sportivo e politico) più ancora che il mero risultato. Con il goal di Sparwasser che assegna la vittoria alla DDR, la nazionale tedesca dell’est il suo personalissimo mondiale lo ha già vinto. Spuntandola sui cugini della parte ricca, ha dimostrato di cosa è capace il socialismo anche all’interno di un terreno di gioco.
Est e Ovest sono due modi antitetici di intendere la vita, più ancora che il football: da una parte il comunismo realizzato, spina nel fianco dell’Europa succube degli USA, dall’altra il capitalismo che occhieggia all’imperialismo americano: la supremazia dell’una e dell’altra parte si combatte anche attraverso un incontro di calcio, o sulla scorta del medagliere olimpionico. Ai giochi olimpici del 1976, quello della Germania dell’Est è il secondo più nutrito subito dopo quello dell’URSS. Gli atleti tedeschi orientali fanno anche meglio dei mostri sacri americani: 90 contro 84 il computo definitivo. Altra soddisfazione. Nell’ex DDR lo sport è un aspetto da prendere sul serio: il metro di misura per dimostrare al mondo la superiorità socialista sul sistema capitalistico occidentale.
Non è un caso che Vincenzo Paliotto intitoli proprio DDR. La guerra fredda del football il suo ultimo excursus sul mondo del calcio (Urbone Publishing, 2019): un libro agile che la racconta tutta su come andavano le cose – fuori, dentro e intorno ai terreni di gioco ai tempi della Repubblica Federale Tedesca.
“Lo sport in particolare era ritenuto il mezzo di propaganda migliore maggiormente favorevole per fare scoprire al mondo i progressi del socialismo reale ed i loro innegabili successi. Allo stesso modo il calcio costituiva un primato a cui non si poteva rinunciare. I tedeschi, anche quelli dell’est, adoravano il football, e le compagini della Oberliga spesso riuscivano a mettere in affanno ed in seria difficoltà le formazioni dell’ovest, in particolar modo quelle popolari e ricche della Bundesliga. Era una vera e propria guerra fredda del football , che non si asteneva ad alcuna regola e ad alcuna criticità della Guerra fredda che gestiva le sorti del mondo a partire dall’indomani della chiusura del secondo conflitto bellico mondiale”. (pag. 4)
Altro dato non casuale: al derby mondiale con la Germania Ovest (1974) Erich Mielke (ministro della STASI) in persona si assicurò che fossero presenti allo stadio 8000 tifosi scelti: avevano il compito di sostenere, pur senza eccedere, la nazionale e i valori socialisti rappresentati dai calciatori in casacca blu e bianca. Furono ripagati con una vittoria che avocava a sé le meta-significanze del caso.
Senza perdere di vista i contesti socio-politici nei quali hanno luogo, DDR. La guerra fredda del football tiene il computo delle sfide sostenute in ambito europeo e internazionale, delle leggendarie (forse anche loro malgrado, cioè a prescindere dagli effettivi meriti sportivi) Dinamo Dresda, Lokomotiv Lipsia, Werder Brema, Dynamo Berlino (la squadra della Stasi) e dei loro campioni socialisti.
A trent’anni dalla caduta del Muro (il libro è uscito l’anno scorso), Vincenzo Paliotto ci offre dunque un punto di vista ulteriore sulla vita e la pratica sportiva nella Germania dell’Est. Un saggio consigliabile al lettore interessato allo sport e alle sue storie, quanto a quello interessato alle consuetudini della DDR. Le consuetudini che, così come la Guerra Fredda, passavano anche dal calcio, metafora di vita.
DDR, la guerra fredda del football
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