Dark matter
- Autore: Blake Crouch
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
- Anno di pubblicazione: 2017
Vedere il proprio mondo capovolgersi, le proprie certezze stravolte da una realtà alterata. Quando tutto sembra normale, tutto sta per cambiare, senza preavviso. E nessuno che ti dica: preparati! L’angoscia fatta romanzo. È “Dark Matter”, fantathriller di Blake Crouch, in Italia per Sperling & Kupfer da febbraio 2017 (pp. 352, euro 19,90).
L’autore è molto conosciuto in America. È nato nel 1978 in North Carolina, vive nel Colorado, ha scritto bestseller e racconti gialli molto apprezzati. Questo titolo è stato per settimane in classifica sul New York Times, sarà tradotto in 25 Paesi e diventerà un film per la Sony.
È un giovedì sera come tanti per Jason Dessen, quarantenne di Chicago, cervello brillante, studi di fisica atomica. Insegna meccanica quantistica ai laureandi di un piccolo college. È irritato dall’incontro col migliore amico, uno scienziato in carriera che lo ha rimproverato ancora una volta di avere rinunciato a lottare per diventare un luminare della fisica.
È ancora turbato, le accuse hanno risvegliato un senso di colpa latente che cerca di tacitare, mentre torna a casa a piedi, dall’adorata moglie Daniela e dal figlio quasi quindicenne Charlie.
Lo raggiunge uno sconosciuto dall’atteggiamento estremamente determinato, col volto coperto da una maschera bianca da geisha. Armato di pistola, lo spinge in un SUV nero, costringendolo a guidare, seguendo un tracciato sul navigatore. Non risponde a nessuna domanda, ma gli dice di sapere tutto di lui, di essere “specializzato” nella vita di Jason Dessen.
A “destinazione raggiunta”, lo fa scendere dall’auto, spogliare completamente ed entrare in un edificio fatiscente, nei pressi del lago Michigan. Camminano in spazi vuoti, attraversano corridoi, sale, stanze. Salgono gradini, li scendono. Il sequestratore inietta qualcosa e gli passa jeans e camicia da indossare, perfettamente della sua misura. Una stranezza, come tante, quella sera.
Ancora più strano è il misterioso accompagnatore, deciso ma non cattivo, informatissimo sul suo conto eppure curioso, quando con fare brusco gli domanda se la sua vita sia felice e gli contesta di avere ucciso le sue ambizioni (ci si mette anche lui!). In modo strano, delicato, gli tocca il viso con la mano, prima che gli occhi di Jason si chiudano, dicendogli:
“Ascoltami. Avrai paura, ma riuscirai ad abituarti. Potrai avere tutto ciò che non hai avuto. Mi dispiace di averti dovuto spaventare prima, ma dovevo portarti qui. Mi dispiace, Jason. Lo faccio per noi, per entrambi”.
Tira su la manica sinistra e si inietta un liquido trasparente da una fialetta.
“«Adesso che succede?». «Non mi crederesti se te lo dicessi»”
risponde.
Quando rinviene, è in barella, c’è gente si preoccupa della sua salute:
«Bentornato, Jason. Congratulazioni. Ce l’hai fatta».
A prelevarlo (da dove?) dicono sia stata una squadra di estrazione. Attorno si affannano persone protette da tute anticontaminazione. Lo sottopongono al getto di gas in un ambiente sterile. Tutti sembrano sinceramente contenti che “ce l’abbia fatta”. Quanto al disorientamento, assicurano che passerà presto. Qualcuno gli grida
«Siamo orgogliosi di te» e «Sei forte, Dessen».
In un cubicolo a vetri, mentre in tanti osservano da fuori, una donna sulla quarantina lo interroga, verbalizzando la conversazione:
“per futura memoria, alle 22.59 del 1 ottobre il tecnico Chad Hodge, nel corso di un giro di ispezione all’interno del complesso, ha trovato il dottor Dessen che giaceva privo di sensi sul pavimento dell’hangar. Portato in quarantena alle 23.24, a seguito di decontaminazione e di una serie di analisi di base, è stato dimesso e condotto all’auditorium delle conferenze, dove ha ora inizio il primo colloquio di rapporto”.
In tanti li osservano, scroscia un applauso, qualcuno si asciuga gli occhi come se Jason fosse reduce da qualche eroica missione. Almeno due sono armati, il calcio delle pistole scintilla sotto le luci.
“Perdona il nostro entusiasmo, ma fino ad ora sei l’unico che sia tornato. Sei stato via quattordici mesi”.
I parametri vitali stentano a tornare normali. Jason chiede di essere accompagnato al bagno. Si chiude. È scosso, ma trova il modo di fuggire.
Di certo, si trova nei pressi del lago. Riesce a raggiungere casa in taxi, rinfrancato da ogni chilometro che lo avvicina alla moglie, al figlio, alla normalità, che tanto desidera, finalmente.
Il tassista posteggia di fronte all’abitazione. Dessen attraversa la strada, sale i gradini, tira dalla tasca chiavi che non sono le sue, si rende conto che quella non è la sua porta. O meglio, è la sua, quella è la sua via, c’è il suo numero sulla cassetta postale, ma la maniglia non è giusta, la porta è troppo elegante, quei cardini gotici di ferro sono più adatti ad una taverna medievale.
La serratura scatta. La porta si apre. Qualcosa non torna. Non è l’odore di casa. Non è l’odore di niente se non, vagamente, di polvere. Come se nessuno la abitasse da tempo.
È tutto stravolto, affiora un senso di struggimento che farà provare empatia nei confronti del protagonista. Grande Blake Crouch!
Dark matter
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