

Delitto al ballo
- Autore: Julia Seales
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2025
Delitto al ballo (Piemme, 2025, titolo originale A Most Agreeable Murder, traduzione di Cristina Ingiardi) è il primo romanzo edito in Italia della scrittrice e sceneggiatrice statunitense Julia Seales, originaria del Kentucky, che vive a Los Angeles e ha conseguito un master in Sceneggiatura presso l’UCLA e una laurea in inglese alla Vanderbilt University.
Nel cuore della campagna inglese c’era un piccolo borgo chiamato Swampshire, costituito da svariate incantevoli dimore e un repellente acquitrino. È lì che viveva – in una delle dimore, non nell’acquitrino – la signorina Beatrice Steele.
Nell’acquitrino risiedeva uno sproposito di ranocchie bioluminescenti. Di notte l’effetto scenografico era notevole, ma l’incessante gracidare aveva dissuaso molti dallo stabilirsi in quell’ameno villaggio.
Beatrice Steele, di 25 anni, era rotondetta, aveva una simpatica finestrella tra gli incisivi anteriori e un ciuffo bianco tra i boccoli neri, frutto di una partita a whist particolarmente combattuta. Il suo temperamento focoso e la mente pronta erano assai apprezzati tra parenti e amici. Curiosa per natura, Beatrice osservava, si scaldava e si interrogava sempre troppo sull’esistenza al di fuori del paesello. La sua cerchia trovava che sprecasse tempo e fatica, dal momento che di sicuro presto si sarebbe accasata con uno dei giovanotti di Swampshire e, da quel momento in poi, sarebbe vissuta per sempre felice e contenta.
Quella era la via tracciata per una dama, poiché a Swampshire si seguivano norme di buona creanza assai rigorose. Ma Beatrice Steele serbava un fosco segreto: aveva il pallino degli omicidi. Non nel senso che desiderasse perpetrarli, ma che aveva la fissazione di risolverli. Niente la entusiasmava di più che riflettere sugli intricati moventi di un sospettato, smascherare il colpevole e, infine, vederlo assicurato alla giustizia. Del resto, Beatrice per il ricamo era negata, non aveva alcun talento musicale e a disegnare faceva pietà; basti sapere che le sue opere erano tanto orrorifiche da spaventare il prossimo. In compenso, la caccia agli assassini la affascinava.
La nostra eroina era consapevole che il suo passatempo era destinato a vita breve. Un gentiluomo avrebbe forse potuto dedicarcisi, ma non era affatto così per una dama. E comunque non per una dama di Swampshire. Alla fine, per il bene suo e della famiglia, Beatrice si sarebbe dovuta decidere a crescere e comportarsi da giovinetta responsabile. La settimana prossima, si riprometteva. O, forse, quella successiva.
Per il momento la giovane si trovava nella torretta di Marsh House, la striminzita ma incantevole dimora degli Steele, a cercare di terminare la lettura dell’ennesimo articolo prima del ballo di quella sera. Un ballo molto atteso dalle signorine e dalle loro mamme, Mrs Bennet docet, desiderose di accasare le loro, più o meno, incantevoli figliole. Ma durante quell’imperdibile ballo autunnale, un delitto avrebbe avuto luogo...
Irresistibile la simpatia e l’empatia di Beatrice Steele, che ben si destreggia tra personaggi eccentrici, passaggi segreti, false identità e persino un fantasma. Diverte e coinvolge la prosa arguta e sagace dell’autrice, che ha voluto ambientare il romanzo in un preciso momento della storia inglese.
Viene chiamato Regency, il periodo della Reggenza, cioè quel decennio della storia inglese che va dal 1811 al 1820, in cui Re Giorgio III, considerato non più in grado di governare a causa di una malattia mentale, fu sostituito al governo del paese dal figlio, il Principe di Galles, Giorgio Augusto Federico (futuro Giorgio IV), che governò come principe reggente dal 1811 fino alla morte del padre, avvenuta nel 1820.
L’epoca Regency è un periodo breve e curioso, che mi ha sempre affascinato. Le buone maniere erano regole essenziali, i matrimoni erano spesso motivati dal denaro e i rituali di bellezza erano tossici. Un’epoca appena prima della rivoluzione industriale, in cui i metodi investigativi erano ancora molto primitivi. Nessuna prova del DNA, naturalmente, ma neanche analisi delle impronte digitali. Un investigatore del tempo si sarebbe dovuto servire unicamente del suo spirito di osservazione e della sua abilità di capire la mentalità altrui per riuscire a venire a capo di un delitto misterioso
spiega l’autrice nelle pagine finali del libro.

Delitto al ballo
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