Digiunare, divorare di Anita Desai

È molto raro che finendo di leggere un libro non mi rimanga niente, o almeno non mi rimanga un’emozione, ma solo un sentimento di freddezza. "Digiunare, divorare" di Anita Desai racconta due storie, di due fratelli, Uma e Arun, due ragazzi indiani. La prima, la sorella maggiore, Uma, una ragazza a mio parere succube dei genitori, che vengono considerati come una sola persona (infatti sono chiamati mammapapà) poiché prendono tutte le decisioni assieme e si danno ragione a vicenda.
Per la storia di Uma ho sperato fino alla fine che lei potesse liberarsi da questa condizione di insubordinazione e di oppressione, che per tutta la sua vita ha avuto, fin da quando era bambina a quando è in età da marito. Deve per forza trovarselo e per la troppa fretta, la troppa costrizione e convincimento dei suoi, forse anche disperazione fallisce due matrimoni sperperando la dote due volte, come se fosse colpa sua. Non sapete quanto volte avrei voluto mandare a quel paese quei due genitori, che non vogliono nemmeno farla lavorare, perché tanto vi sono loro a mantenerla.

Mentre Arun che è il più piccolo dopo Uma e la sorella Aruna, ci mostra un’altra realtà, quella di un ragazzo che come tale ha i privilegio di poter avere un’istruzione americana, ci racconta la vita da studente al college, poi durante l’estate quando deve trovarsi un posto dove stare, poiché il Campus dove alloggia è occupato. Si ritrova ad andare a vivere da alcuni parenti, i Signori Patton che vivono con i due figli Rod e Melanie. Arun in questo caso sente ancora una volta la famiglia che, nonostante i chilometri di distanza, continua ad influenzare la sua vita.
Mentre la storia di Uma mi ha colpito e ho sperato che fino alla fine qualcosa cambiasse, quella di Arun invece non mi ha lasciato niente, a parte la freddezza. Ma comunque consiglio di leggere questo libro, poiché penso che aiuti a capire meglio la tradizione e la cultura indiana, soprattutto nella differenza tra uomo e donna, comprendendo o meno un punto di vista diverso dal nostro di Occidentali, che abbiamo invece tutto un altro tipo di cultura e tradizione.