In Dove vola la polvere (Nord, 2023, traduzione di Francesca Toticchi) Nguyễn Phan Quế Mai torna a maneggiare con sapienza e cura la tematica, a lei così cara e vicina, della guerra in Vietnam, suo Paese natìo, riuscendo con estrema profondità e delicatezza a esplorare le complesse e contraddittorie dinamiche che la governano internamente ed esternamente.
Una nitida lente di ingrandimento sulle vite dei tre protagonisti, Trang, Phong e Dan, le cui esistenze li vedono costretti a compiere scelte molto dolorose, in grado di unire i loro destini conducendoli in un lungo viaggio di comprensione, speranza e riscatto.
Il titolo, così poetico e suggestivo, rimanda al concetto dei cosiddetti bụi đời - “figli della polvere” -, termine dispregiativo utilizzato in lingua vietnamita non soltanto per sottolinearne la consanguineità col nemico, ma per circoscrivere una minoranza etnica priva di una genealogia nota, pertanto polvere.
La scrittrice, appena tornata dal suo emozionante tour letterario, si racconta con trasporto e verità di intenti in questa mia intervista, e grazie a lei, proprio ora in cui viviamo un periodo doloroso e delicato sullo sfondo di reiterate guerre, possiamo comprendere come sia necessario ereditare i traumi del passato per poter riscrivere il nostro futuro.
- Grazie a questo suo secondo coinvolgente romanzo, Dove vola la polvere, il lettore si addentra nuovamente nelle viscere della guerra in Vietnam e può immedesimarsi nelle dinamiche più complesse e delicate di questo importante periodo storico, a cui forse i libri di storia non hanno reso giustizia: è come se questo Paese in parte fosse passato in secondo piano. Condivide questo pensiero?
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Grazie mille per il suo gentile sostegno, per aver dedicato del tempo alla lettura del mio romanzo e per le sue domande. Come scrittrice, sono costretta a ricercare la storia nascosta del mio Paese e a portarla alla luce, in modo che le storie che non vengono spesso raccontate abbiano la possibilità di essere esaminate, e che le persone che sono state emarginate possano avere un ruolo centrale. Ma naturalmente, scrivendo questo libro, voglio anche mostrare al Vietnam qualcosa di più della guerra: siamo un Paese con più di 4000 anni di storia e cultura.
- Da parte sua la tematica della guerra - salvo in rari casi - non viene mai affrontata con un atteggiamento volto a “puntare il dito verso qualcuno”, non si avverte quasi mai una presa di posizione netta e specifica; il tratteggio dei suoi protagonisti sembra mettere in luce come il male, l’odio, la violenza, l’abuso vengano in qualche modo “ammorbiditi”, mitigati da una costante visione che abbraccia comprensione, compassione, speranza, fede e forza interiore. Ѐ questo il messaggio che vuole veicolare?
In ogni guerra, le persone sono costrette a schierarsi. Si tende a disumanizzare l’altra parte, per dimostrare che è cattiva. La disumanizzazione è l’arma della guerra, mentre credo che l’umanizzazione sia l’arma della pace. Se mostriamo l’umanità di tutte le parti, possiamo favorire l’empatia, la comprensione, l’amore e la compassione, che è ciò di cui il nostro mondo ha bisogno in questo momento.
«Mezzo sangue», immaginava mormorassero. Era una vita che lo chiamavano «meno della polvere», «figlio della polvere», «bastardo», «nero americano imperialista», «figlio del nemico». Etichette che da giovane gli erano state scaraventate addosso con una tale ferocia da imprimersi a fondo nell’anima, lasciando un segno indelebile.
- Parlando di uno dei protagonisti del suo romanzo, Daniel Ashland, un veterano americano che torna in Vietnam, lei afferma: “Quanto era stato ingenuo anche sulla guerra”. Qual è il prezzo da pagare quando si dimostra ingenuità nei confronti di quest’ultima e cosa comporta questo atteggiamento?
Molti soldati americani sono andati a combattere in Vietnam quando erano molto giovani. A loro è stata raccontata una prospettiva unilaterale della guerra, ovvero che erano lì per la giusta causa. Ma quando furono in Vietnam, videro che la guerra significava morte e distruzione, che spesso colpiva civili innocenti. Come mostra il mio romanzo, la scioccante realizzazione della verità della guerra porta un profondo trauma a quei giovani soldati, e tale trauma può avere il potere di trasformare questi giovani uomini spensierati in esseri umani arrabbiati e violenti. Con il mio libro voglio sottolineare che il costo delle guerre va oltre le morti e le ferite fisiche, perché questi traumi vengono ereditati per generazioni.
- Cercare la verità nei libri, quando non la si vede, non la si trova nella realtà di tutti i giorni, per un uomo come Dan rappresenta un atto necessario ed è l’unico strumento possibile?
I libri aprono la strada all’umanizzazione, soprattutto quando si leggono libri scritti da persone che un tempo si consideravano nemiche. I libri aiutano a umanizzare le persone ed è per questo che sono importanti per Dan, perché durante il periodo militare gli è stato insegnato a disumanizzare i vietnamiti.
- Narrando della giovane vietnamita Trang, altra protagonista del romanzo - nonché Kim nelle vesti di “bar girl” -, un estratto del libro cita: “Si domandò come mai le storie d’amore, soprattutto quelle belle, fossero sempre tristi.” Crede che l’amore autentico sia affiancato, attraversato quasi sempre dal dolore?
Molti libri e canzoni vietnamiti molto amati parlano di storie d’amore tragiche, e questo è il motivo del commento di Trang nel romanzo. Ma spero che le belle storie d’amore nella vita reale abbiano un lieto fine. Tutti noi meritiamo un lieto fine e una vita piena d’amore.
- Seguendo le vicissitudini di Trang, un estratto del libro cita: “Il mare grosso migliora i marinai, eppure Trang era certa che le guerre rendevano più forti le donne”. Quanto è importante per lei ogni volta narrare la forza e il coraggio femminile in rapporto ai dolori e alle sofferenze di cui sono vittime le donne?
I film di Hollywood e la letteratura occidentale sul Vietnam spesso descrivono le donne vietnamite come sfondo delle storie occidentali o come vittime. Sono stata costretta a scrivere le figure femminili dei miei libri come le donne che conosco nella vita reale: non sono perfette, ma fanno del loro meglio per difendere ciò in cui credono, perché devono salvare non solo se stesse ma anche coloro che amano.
- Il richiamo della Natura, così presente anche fra le pagine di questo romanzo, risulta essere una sorta di mantra: il paesaggio circostante diventa sempre eco e riflesso degli umori e delle azioni dell’uomo, come fosse parte del suo DNA, e fra luci e ombre si lega a lui in modo potente e indissolubile. Cosa ha da dirci a riguardo?
Grazie per questa sua osservazione. La natura svolge un ruolo importante per la sopravvivenza dell’umanità. Senza la natura non potremmo sopravvivere. La natura ci offre cibo, medicine, conforto. La natura è la nostra migliore amica. Mi piace scrivere di natura nei miei libri perché la natura mi dà gioia e consolazione. Nel mio primo romanzo, "Le montagne cantano", nonna Diệu Lan diceva: "Quando gli uomini ci deludono, la natura può aiutarci a salvarci". Credo che questo sia vero.
«La vita è una barca, Phong», gli aveva detto una volta suor Nhã, che lo aveva cresciuto. «Quando abbandoniamo la nostra prima ancora – il ventre materno – veniamo travolti da correnti inaspettate. Ma, se riempiamo la barca di abbastanza speranza, abbastanza fiducia in noi stessi, abbastanza compassione e abbastanza curiosità, saremo in grado di affrontare tutte le tempeste della vita.»
- Il recupero della Memoria di un Paese: quanto è fondamentale e difficile preservare l’identità e la dignità di un popolo, recuperarne radici, tradizioni, usanze e credenze?
La conservazione della memoria, soprattutto di quella dolorosa, è fondamentale per la guarigione, l’identità e la dignità. È per questo che nel mio libro ho bisogno di raccontare la difficile storia del Vietnam. Scrivere è per me un modo per scoprire le mie radici, il mio patrimonio, per capire me stessa e la mia comunità.
- Parlando di letteratura, lei riflette sul fatto che i romanzi rappresentino per gli autori uno strumento con cui nascondere i propri sentimenti, mentre la poesia non lo permetterebbe perché induce a mettere a nudo la propria anima. Narrativa e poesia parlano due linguaggi differenti, sono il riflesso di verità diverse? Le è accaduto forse di sentirsi più libera e vera nell’esprimersi attraverso la poesia e di aver celato nei suoi romanzi alcuni sentimenti, alcune emozioni?
Scrivo sia poesie che romanzi. I romanzi sono la forma più lunga, c’è molto più spazio per me per spiegare i miei pensieri e sentimenti e per scoprire la verità nascosta. Ma sia la poesia che la narrativa per me hanno a che fare con la verità: la verità non solo nei fatti, ma anche nelle emozioni. Ho bisogno di sentire la verità quando scrivo, anche se nella finzione sto inventando qualcosa.
Voglio cogliere l’occasione per ringraziare i lettori italiani per essere così straordinari. Essere pubblicata in Italia è un momento importante della mia vita. Ho avuto il piacere di visitare l’Italia molte volte, e le ultime tre volte per gli eventi del mio libro, e mi sento così grata e onorata. Di recente, ho incontrato la mia traduttrice italiana Francesca Toticchi, che ha tradotto entrambi i miei romanzi, ed è davvero straordinaria. Così come il team di Nord, il mio editore italiano. Sono stata felicissima di vedere i miei libri nelle librerie di tutta Italia. Grazie per aver scelto uno dei miei romanzi e per aver viaggiato in Vietnam con me attraverso la mia scrittura. Mando ai miei lettori e sostenitori i miei più grandi abbracci e tanto amore. Grazie!
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Nguyễn Phan Quế Mai, in libreria con “Dove vola la polvere”
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