Un appena diciannovenne Pablo Neruda, all’epoca ancora Ricardo Neftalí Reyes, scrisse una serie di poesie erotiche senza però pubblicarle. Per mostrarle al mondo il giovane poeta avrebbe atteso quasi dieci anni, la loro prima edizione risale infatti al 1933 nella raccolta El hondero entusiasta.
Al centro di questi componimenti troviamo l’amore fisico e passionale. Nei versi convergono l’età giovanile e l’istinto, la furia e l’inesperienza; ma nessun critico se la sentirebbe di sminuire il valore di questi poemetti giovanili che già rivelano, sia nella forma che nel linguaggio, il talento raro di un poeta.
Pensiamo, ad esempio, alla poesia È come una marea che già contiene tutta la maturità del “grande” Neruda. In questa lirica troviamo il tema più caro della poesia dell’autore cileno: il mare.
In un’altra celebre lirica l’autore scriveva “necesito del mar porque me enseña”, ho bisogno del mare perché mi insegna. Ecco che in È come una marea ritorna il mare, elemento essenziale della poetica di Neruda, e assume le sembianze di un sentimento che non conosce argini e confini e sembra invadere tutto, sovvertire tutto.
L’amore di Neruda è fatto della stessa sostanza liquida dall’acqua, che infatti ritorna a ripetizione citata nel componimento con una ripresa anaforica cantilenante “agua, agua, agua”, quasi dovesse dissetare un pellegrino smarrito nel deserto.
Scopriamo testo, analisi e figure retoriche della poesia che è contenuta nella raccolta Poesie erotiche, edita da Guanda nel 2018 con la traduzione di Roberta Bovaia.
“È come una marea” di Pablo Neruda: testo
È come una marea, quando lei fissa su me
i suoi occhi neri,quando sento il suo corpo di creta bianca e mobile
tendersi a palpitare presso il mio,
è come una marea, quando lei è al mio fianco.Disteso davanti ai mari del Sud ho visto
arrotolarsi le acque ed espandersi
incontenibilmente
fatalmentenelle mattine e nei tramonti.
Acqua delle risacche sulle vecchie orme,
sulle vecchie tracce, sulle vecchie cose,
acqua delle risacche che dalle stelle
s’apre come una rosa immensa,
acqua che va avanzando sulle spiagge come
una mano ardita sotto una veste,
acqua che s’inoltra in mezzo alle scogliere,
acqua che s’infrange sulle rocce,
e come gli assassini silenziosa,
acqua implacabile come i vendicatori
acqua delle notti sinistre
sotto i moli come una vena spezzata,
o come il cuore del mare
in una irradiazione tremante e mostruosa.È qualcosa che dentro mi trasporta e mi cresce
immensamente vicino, quando lei è al mio fianco,
è come una marea che s’infrange nei suoi occhi
e che bacia la sua bocca, i suoi seni, le mani.Tenerezza di dolore e dolore d’impossibile,
ala dei terribili
che si muove nella notte della mia carne e della sua
come un’acuminata forza di frecce nel cielo.Qualcosa d’immensa fuga,
che non se ne va, che graffia dentro,
qualcosa che nelle parole scava pozzi tremendi,
qualcosa che, contro tutto s’infrange, contro tutto,
come i prigionieri contro le celle!Lei, scolpita nel cuore della notte,
dall’inquietudine dei miei occhi allucinati:
lei, incisa nei legni del bosco
dai coltelli delle mie mani,
lei, il suo piacere unito al mio,
lei, gli occhi suoi neri,
lei, il suo cuore, farfalla insanguinata
che con le due antenne d’istinto m’ha toccato!Non sta in questo stretto altopiano della mia vita!
È come un vento scatenato!
Se le mie parole trapassano appena come aghi
dovrebbero straziare come spade o come aratri!È come una marea che mi trascina e mi piega,
è come una marea, quando lei è al mio fianco!
“È come una marea” di Pablo Neruda: analisi e commento
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L’analisi di È come una marea è interessante soprattutto dal punto di vista fonetico. Neruda orchestra tutto il testo seguendo un preciso schema di assonanze e consonanze che saltano all’occhio facendo una divisione sillabica. Attraverso la musicalità delle parole il poeta riproduce il moto ondivago delle onde, ricreando l’illusione di una parola cullata, di una parola danzante che si fa metafora della danza del piacere che in questi versi viene riprodotta con un’efficace modalità alternata tra l’io lirico - della prima parte - e il “lei” - introdotto nella parte conclusiva. Il desiderio si muove come il mare, diventa una “irradiazione tremante e mostruosa”, ingovernabile come un’onda.
Neruda è stato e, sarà sempre, il poeta del mare; non a caso trascorse gran parte della sua esistenza vivendo nelle isole. Dall’isola di Capri, teatro della storia d’amore con Matilde Urrutia che ispirò Los versos del capitan, sino all’Isla Negra, a picco sul Pacifico, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. Il mare diveniva allegoria della feroce profondità dell’animo di Neruda e alle acque il poeta cileno decise, infine, di restituire la sua anima.
In È come una marea Neruda effettua una fusione panica tra il corpo umano e la natura ottenendo un risultato sorprendente: riesce a così a descrivere una forza che va al di là di ogni spiegazione o supposizione razionale, la forza del desiderio che è puro istinto e Pablo Neruda traduce in una similitudine “es como una marea”. Nell’originale spagnolo il canto erotico di Neruda ha la sonorità contagiosa di una danza primordiale, di quelle suonate con tamburi e percussioni di fortuna, da ballare a piedi scalzi sulla terra nuda. Una danza che contagia i corpi eppure non ha un vero suono, si nutre del ritmo silenzioso della natura che si accorda con il battito ritmato del cuore: dolore e piacere, vita e morte. Un giovane Neruda riusciva ad esprimere tutta questa immensità nei versi di È come una marea, usando le parole come un sortilegio capace di evocare un’apparizione, come un abile prestigiatore che, abracadabra, conosce il segreto per far volare la colomba dal cappello a cilindro.
Il “cuore del mare” citato da Neruda sembra evocare il centro vibrante, l’unità pulsante, del cuore umano. Non dev’essere un luogo facile da raggiungere, in pochi momenti della vita lo sentiamo battere veramente; eppure Pablo Neruda ha colto quel battito e ce lo ha restituito attraverso le parole, assonanze e consonanze come sistole e diastole, un moto che ricorda il ritmo marino, dotato della stessa forza incontenibile, inesauribile, delle onde che si infrangono a riva e poi risalgono, in un lento vibrante risucchio, sino alla foce, per poi schiantarsi di nuovo. La stessa occulta danza di vicinanza e lontananza governa le relazioni, i taciti accordi tra i corpi.
Neruda sapeva che ci sono cose che non si possono dire; e allora conviene affidare la propria voce al mare, che è centro e origine di tutto, alfabeto primordiale del mondo, proprio come un abbraccio dal quale può nascere la vita.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “È come una marea”: un’analisi della poesia erotica di Pablo Neruda
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