La Noche en la isla di Pablo Neruda ci narra uno strano incantamento e sembra rapirci in un sortilegio affabulatorio non distante dall’esotismo ammaliante dei racconti de Le mille e una notte. La particolarità delle isole è quella di essere distaccate da terra sino a divenire un mondo a sé stante: questo piccolo regno, smarrito nel blu del mare, diventa per Neruda la dimora di una passione segreta.
La notte nell’isola fa parte de Los versos del capitán, la raccolta clandestina del poeta cileno dedicata all’amante Matilde Urrutia. Il libro, contenente cinque poemi, fu pubblicato per la prima volta in forma anonima a Napoli, nel 1952, in una tiratura limitata di 44 copie, grazie al sostegno dell’amico Paolo Ricci. Sarebbe stato riconosciuto dall’autore soltanto dieci anni dopo nel 1962, quando ormai il divorzio dalla moglie Delia del Carril si era compiuto e l’amore con Matilde poteva essere vissuto alla luce del sole.
Lo stesso Neruda, nella prefazione della seconda edizione, raccontò di essere stato a lungo tormentato se mantenere o no l’anonimato su quest’opera in particolare. Lo descriveva come un libro intimo, segreto e forse proprio in questa ragione risiede l’inesplicabile sortilegio che I versi del capitano sono capaci di sprigionare.
Nel novembre 1963, quando ormai la paternità dell’opera era stata rivelata, il poeta spiegava:
L’anonimato di questo libro è stato molto discusso. Quello che nel frattempo discutevo dentro di me era se toglierlo o meno dalla sua origine intima: rivelare la sua progenie significava mettere a nudo l’intimità della sua nascita. E non mi sembrava che un’azione del genere sarebbe stata fedele agli scoppi d’amore e di furore, al clima sconsolato e infuocato dell’esilio che lo aveva fatto nascere.
Questo clima “sconsolato e infuocato” vibra tra le righe di La notte nell’isola in cui prende corpo la passione che lo legava a Matilde Urrutia; nella poesia la donna amata e l’isola diventano un tutt’uno, l’una la personificazione dell’altra, legate in una metamorfosi inscindibile. Il corpo di Matilde sembra fatto della terra di origine vulcanica dell’isola e del mare che ne lambisce la costa; il suo sapore è di alghe e acqua salata, lei riflette il bagliore invincibile dell’estate.
Il segreto di La notte nell’isola è da ricercare nell’uso di quell’avverbio “junto” che dà inizio alla metamorfosi panica tra i due amanti e la natura selvaggia che li circonda: “insieme al mare, nell’isola”. In italiano l’avverbio è stato tradotto opportunamente con “vicino”, ma nell’originale spagnolo ha un significato più calzante che esprime appieno l’emozione vissuta da Neruda: in quella notte d’amore sull’isola lui era un tutt’uno con il mare, anzi era diventato lui stesso il mare, vibrante come un’onda.
Toda la noche he dormido contigo
junto al mar, en la isla.
“La notte nell’isola” di Pablo Neruda: testo
Tutta la notte ho dormito con te
vicino al mare, nell’isola.
Eri selvaggia e dolce tra il piacere e il sonno,
tra il fuoco e l’acqua.
Forse assai tardi
i nostri sogni si unirono,
nell’alto o nel profondo,
in alto come i rami che muove uno stesso vento,
in basso come rosse radici che si toccano.Forse il tuo sogno
si separò dal mio
e per il mare oscuro
mi cercava,
come prima,
quando ancora non esistevi,
quando senza scorgerti
navigai al tuo fianco
e i tuoi occhi cercavano
ciò che ora
- pane, vino, amore e collera -
ti do a mani piene,
O perché tu sei la coppa
che attendeva i doni della mia vita.Ho dormito con te
tutta la notte, mentre
l’oscura terra gira
con vivi e con morti,
e svegliandomi d’improvviso
in mezzo all’ombra
il mio braccio circondava la tua cintura.
Ne la notte ne il sonno
poterono separarci.Ho dormito con te
e svegliandomi la tua bocca
uscita dal sonno
mi diede il sapore di terra,
d’acqua marina, di alghe,
del fondo della vita,
e ricevetti il tuo bacio
bagnato dall’aurora,
come se mi giungesse
dal mare che ci circonda.
“La notte nell’isola” di Pablo Neruda: analisi e commento
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Ma qual era l’isola narrata da Neruda? Non si trattava, contrariamente a quanto in molti pensano, dell’Isla Negra, in Cile sulla costa di El Quisco, dove il poeta trascorse i suoi ultimi anni insieme alla compagna in una casa lambita dall’oceano Pacifico. Era un’altra isola, l’isola di Capri, nel golfo di Napoli, che fu teatro dell’origine dell’amore tra lui e Matilde, quando ancora non poteva essere detto ed era una passione clandestina. Neruda e l’amata vi soggiornarono dal gennaio all’aprile del 1952.
Questo segreto vibra tra i versi de La notte nell’isola e ne rafforza la resa espressiva. I due amanti appaiono isolati dal mondo, nascosti, quell’isola distaccata dal continente è il loro rifugio, l’unico nascondiglio in cui possono finalmente esistere. La notte con il suo manto li ricopre, sembra rendersi complice della loro fuga, ne custodisce il riserbo. La natura, nella poesia, viene umanizzata e si assiste a una metamorfosi. Le alghe e l’acqua marina non sono più parte dell’isola, ma del corpo di Matilde e il mare diventa metafora della lunga peregrinazione della vita che, d’improvviso, sembra arrestarsi a un approdo. L’amore, si accorge con stupore il poeta, era iniziato molto prima, era iniziato in un tempo immemorabile, primordiale, antico come l’origine vulcanica dell’isola:
quando ancora non esistevi,
quando senza scorgerti
navigai al tuo fianco
Le onde del mare che lambiscono senza sosta le coste dell’isola di Capri, instancabili nel loro perenne infrangersi e ricongiungersi, sembrano alludere all’eterno. È la stessa eternità che Pablo Neruda sente di sfiorare in quella notte d’amore con Matilde, sull’isola, in cui loro due erano senz’altro gli unici esseri umani sulla faccia della terra e - come due semidei greci - assaggiavano il miele proibito dell’immortalità. Una parte di quel segreto, di quella notte miracolosa rubata a Dio e ai disegni oscuri del destino, è contenuto in questi versi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La notte nell’isola” di Pablo Neruda: la poesia dell’amore clandestino
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