È il cinema, bellezza!
- Autore: Billy Wilder
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Edizioni Clichy
- Anno di pubblicazione: 2024
Billy Wilder ha avuto una vita ricca di soddisfazioni e di premi, era un genio del cinema. La sua è la vita straordinaria di un ragazzo povero che era partito con pochi mezzi. Ora in libreria c’è il libro che racconta la sua storia, dal titolo È il cinema, bellezza! (Edizioni Clichy, 2024, con la curatela di Gabriele Rizza).
Wilder non era certo americano, ma nato nel 1906, vicino Cracovia.
La sua famiglia fece una vita "zingaresca", ma serena, nelle terre della Polonia: erano ebrei, costretti a patire pregiudizi non certo piacevoli. Il padre, forse per non pensare a una famiglia che non riusciva a mantenere economicamente salda, beveva e aveva delle amanti.
Con una di loro ebbe anche un figlio e Billy venne a saperlo, ma anche se non temeva più il padre come un tempo, gli promise di mantenere il silenzio fino alla morte del genitore. In seguito, quando iniziò a guadagnare bene, Wilder andò da un psicologo di stampo psicoanalitico, per scacciare il ricordo di un bambino della sua età, o forse di due o tre anni più grande di lui.
Tornando alla sua fanciullezza: si chiamava Samuel, ma la madre lo chiamava “Billy”; aveva un fratello maggiore e una sorella più piccola, tutti e tre con nomi americani, perché la madre era vissuta a New York da adolescente e per lei furono gli anni più belli e spensierati della sua vita.
Ma la vita di Billy Wilder iniziò davvero negli Stati Uniti nel 1934, quando Hitler, un anno prima aveva annesso alla Germania l’Austria, per formare un grandissimo e "nuovo" Stato di lingua tedesca, dove non erano più graditi gli ebrei, gli zingari e gli omosessuali. Poco prima c’era stato l’esperimento politico della Repubblica di Weimar, detta così perché in quella cittadina tedesca si sperimentò per la prima volta una Repubblica parlamentare, poi fatta a pezzi da Hitler nel 1933.
La vita a Vienna prima e dal 1928 a Berlino fu meravigliosa: Billy fece il giornalista e a Berlino il collaboratore freelance, ma per arrotondare lo stipendio fu maestro di Charleston e una sorta di ballerino gigolò in uno dei tanti locali berlinesi. Fu un periodo breve e meraviglioso che Billy Wilder, ricordava con affetto, ma senza dimenticare i lutti familiari e le deportazioni a Dachau e ad Auschwitz.
Wilder imparò la tecnica della macchina da presa da Fritz Lang e Berlino divenne per una decina di anni la capitale europea delle Arti visive con i fratelli Siodmak e Fred Zinnemann; ma la vera città del Cinema fu Parigi.
Nella capitale francese c’erano tutti: da Marlene Dietrich, Pola Negri, Eric Von Stroheim, Douglas Sirk, Joseph Von Sternberg, che girò L’Angelo azzurro con la Dietrich con un successo inaspettato, ma gli anni per fare dei film meravigliosi prima a Berlino e poi a Parigi erano ormai finiti.
Hitler spazzò via tutto in pochissimi mesi. E i nomi citati e tanti altri andarono negli Stati Uniti, perché sarebbero finiti in prigione anche i non ebrei, a causa di una vita immorale.
Con un visto turistico e venti dollari in tasca Billy Wilder raggiunse Hollywood, ma anche gli Stati Uniti stavano passando un periodo infernale con il crollo di Wall Street del 1929. Migliaia di impiegati americani persero tutti i risparmi e dalla vergogna si buttavano giù dai grattacieli di New York.
Il mondo stava impazzendo e questa fu la causa principale dell’avanzare del nazismo: mosso dall’intento insano di rimettere ordine tra gente traviata e schiava dell’oppio a Berlino e la capitale degli artisti e dei registi, anche omosessuali, a Parigi. Hollywood fu la tappa finale del regista che iniziò a scrivere sceneggiature ma contestualmente a studiare l’inglese. Il suo nome girava per Hollywood, ma i registi dell’epoca erano Cecil B. DeMille e soprattutto il Re della Commedia Ernst Lubitsch.
Il primo film di successo di Wilder fu La fiamma del peccato. Sposò nel 1936 Judith Coppicus, divorziata e madre di un bambino. Ma soprattutto la figlia di un miliardario californiano. Il nome di Billy Wilder a quel punto fu nominato agli Oscar come sceneggiatore di Ninotchka, diretto da Lubitsch con la divina Greta Garbo.
Ma Billy Wilder voleva diventare il regista più famoso di Hollywood, non essere solo sceneggiature. E divenne, anche grazie ai soldi della moglie, uno dei registi più bravi e fortunati di Hollywood. Da Giorni perduti con Ray Milland al suo film drammatico più famoso, Viale del Tramonto, che vinse tre Oscar alla sua commedia più importante, A qualcuno piace caldo, del 1961, che vinse il premio Oscar solo per i costumi, ma lasciò senza premi, la vera Diva di quel film di cui ancora escono libri e fotografie un secolo dopo la sua nascita, ovvero Marylin Monroe.
Wilder tornò in Europa nel 1945, per apprendere che della sua famiglia si erano salvati solo lui e il fratello William Lee Wilder, che si trovavano negli Stati Uniti, mentre tutti gli altri familiari erano morti ad Auschwitz.
Una volta rientrato a Hollywood divorzia dalla moglie miliardaria, Judith, e sposa un’ attrice, Audrey Young. Quasi centenario morì nel 2002.
Sulla sua tomba la sua frase più famosa che però Wilder detestava:
Nessuno è perfetto.
Gabriele Rizza nel libro analizza perché, nonostante la sua genialità, Billy Wilder non fu mai realmente stimato e i suoi film feticcio restino due: Viale del Tramonto (1951) e A qualcuno piace caldo (1961). Poi il regista si rovinò la reputazione con un film come Baciami, stupido.
Chi scrive è d’accordo con certe conclusioni di Rizza. Wilder fu sceneggiatore, regista, un magnate del cinema e poi l’amorale regista di un film minore come Baciami, stupido, 1964, con una bellissima Kim Novak, che forse piaceva più gelida e già morta in Vertigo. La donna che visse due volte (1958) di Alfred Hitchcock.
Non sarà che non perdoniamo Billy Wilder, perché premiato, famoso e miliardario e centenario, mentre la sua intera famiglia era stata uccisa ad Auschwitz? Forse sarebbe stato meglio facesse il rabbino, anziché far vedere le gambe della Monroe nude a causa dei soffioni della metropolitana in Quando la moglie è in vacanza, del 1955? In fondo l’oblio sulla figura di Billy Wilder fa luce sui pregiudizi verso gli ebrei che esistono ancora, più forti che mai, come è stato di recente sottolineato in un’intervista con Elisabetta Fiorito sul suo ultimo libro dedicato a Golda Meir.
Questo libro, È il cinema, bellezza!, con la curatela di Gabriele Rizza, non è solo per cinefili, ma serve anche per chiarire storicamente che non ci fu nessuna dimostrazione di forza da parte degli ebrei che migravano verso la Palestina. Erano solo i primi sussulti che portarono poi alle atrocità del Secondo conflitto mondiale.
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