Educati alla violenza
- Autore: Antonio Murzio
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Imprimatur
- Anno di pubblicazione: 2018
Il bullismo è un reato. Nel nostro Paese è punito da norme penali e previsto da leggi civili e rappresenta una grave violazione del principio costituzionale di uguaglianza formale tra i cittadini, di quella sostanziale e della libertà di accesso all’istruzione. Di questa autentica piaga sociale, si occupa la singolare inchiesta giornalistica di un cronista pugliese che ha girato l’Italia per lavoro, Antonio Murzio, autore per le Edizioni Imprimatur di Reggio Emilia di “Educati alla violenza. Storie di bullismo e di baby gang”, in libreria da maggio 2018 (176 pagine 15 euro).
Poco meno che sessantenne, nativo di Gioia del Colle in provincia di Bari, ha lavorato in Calabria, Basilicata ed Emilia Romagna. Ora vive tra Lodi e Milano e scrive per un settimanale. È laureato in sociologia, ma non è per questo che ha accettato di realizzare per la casa editrice reggiana un libro sul fenomeno odioso della violenza psico-fisica giovanile sui deboli, sui diversi, sui bersagli impotenti della prepotenza individuale o di gruppo, anzi di branco.
Affidandosi alle sue capacità professionali, si è riservato il compito di raccontare i fatti (sono tali le drammatiche testimonianze di bullizzati, sei, proposte nella prima parte).
L’analisi tecnica è stata lasciata agli esperti, come la psicologa e psicoterapeuta Maura Manca, presidente dell’Osservatorio nazionale adolescenza. Antonio le ha raccontato gli episodi di cronaca che andava registrando ed ha ottenuto un aiuto a comprendere le dinamiche degli eventi e perché stessero accadendo. Si è fatto così un quadro chiaro dal degrado in cui la società degli adulti sta precipitando in conseguenza di un comportamento debole e omissivo nei riguardi del bullismo, che sembra addirittura in crescita. A lanciare un segnale preoccupante sono il tendenziale abbassamento dell’età dei bulli (13-11 anni) e il crescente protagonismo anche di ragazze e ragazzine.
È un fenomeno che non ha risparmiato o risparmia nessuno, perché lo abbiamo conosciuto tutti. Ne siamo stati vittime o testimoni indifferenti se non complici o anche bulli involontari, quando non consapevoli e cinicamente attivi. Un sincero esame di coscienza individuale potrebbe rivelare a ciascuno di noi il grado di responsabilità assunto in un gioco perverso, che purtroppo è tutt’altro che un gioco.
Lo stesso autore ricorda gli “scherzi” di cui si vantavano alcuni studenti pendolari delle superiori, ai danni di un loro “amico”, sempre lo stesso, al quale davano la caccia ogni giorno in treno, per denudarlo e disperdere i vestiti nel convoglio. In modo sinceramente autocritico, Antonio riconosce di aver ascoltato le vanterie dei bulli e forse anche sorriso. Confessa di vergognarsi per aver convalidato col suo silenzio quei comportamenti dolorosi per la vittima. Sente di dover chiedere scusa a quel ragazzo, sia pure con tanti anni di ritardo ed è di conforto l’aver verificato che il soggetto ha poi vissuto una vita soddisfacente dal punto di vista familiare e professionale.
Le violenze subite non hanno distrutto quel ragazzino, ma di bullismo si muore. Chiedetelo a Beatrice, la quindicenne che a Torino si è gettata sotto un treno in stazione, il 4 aprile 2018. Si riteneva “grassa” e soffriva nel venire trattata con disprezzo da compagne e coetanei.
Gli adolescenti non ci mettono molto ad agire da bulli, spesso si muovono in branco e in qualche caso il loro livello di pericolosità sociale cresce esponenzialmente, quando si trasformano in baby gang. Tuttavia, si può essere letali anche per molto meno, ad esempio ghettizzando, escludendo, isolando, esponendo allo stigma sociale compagne e compagni in sovrappeso o con altri difetti ai loro occhi “inaccettabili”.
Fermiamo il bullismo, perché in tanti soffrono, quasi sempre in silenzio. E qualcuno si uccide, come atto di rivolta contro una società giovanile, che non li accetta.
C’è il primo dei sei casi-testimonianza che si sofferma in tutte le stazioni della via crucis di un bullizzato.
Arturo è morto suicida il 1 maggio 2001. Ora il suo cuore ha cessato “di battere e di soffrire”. Lo ha fatto “finalmente”, aveva scritto nella lettera che ha lasciato. “Finalmente avrò trovato il coraggio” di mettere fine a giornate intere di lacrime, di dolore indicibile dentro. L’isolamento lo aveva portato a chiudersi, ad ammettere “la debolezza, la fragilità, l’incapacità di combattere”. Lui e la sua unica amica, la solitudine se n’erano fatti una colpa e allo stesso tempo una “ragione per cui togliersi la vita”.
Aurora, milanese, 13 anni di tentativi di suicidio ne ha sei alle spalle. È snella, alta, capelli lunghi, ma la dislessia, la celiachia, gli occhiali e le orecchie a sventola bastano per finire al bando, presa a pugni nella pancia. In prima media ragazze e ragazzi le scrivevano messaggi affettuosi: “quand’è che muori?”. Un giorno le hanno fatto sparire il banco, era costretta a sedere a terra ed ai professori sembrava la cosa più normale del mondo, non facevano una piega. Gravissimo.
Anna e la gemella erano vittime in due, ora tiene un blog contro il bullismo. Un’altra ragazza, Andrea, è finita vittima di cyberbullismo sui social. Giovanni è stato preso di mira perché educato, rispettoso, bravo a scuola. I compagni di scuola? Qualcuno coi bulli, gli altri neutrali. Dalla sua parte, nessuno.
Questo libro è un viaggio all’inferno, da cui non si uscirà se non si combatte il fenomeno. Il bullismo uccide e ci rende complici. Nessuno si ritenga innocente.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Educati alla violenza
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