Che sia bravo, lo sappiamo già; che ad ogni suo scritto ci stupisca lo possiamo asserire poiché, pur molto legato ad alcune tematiche, in ogni libro sviluppa le storie in maniera diversa e ci mostra di essere “in continuo divenire”. Si tratta di Fabio Izzo, piemontese con legami familiari al Sud ma, quale polonista, legato particolarmente alla Polonia ma anche ad altre nazioni facenti parte dell’Europa dell’Est.
Questo è un romanzo breve e, a mio avviso, il più dolce che l’autore ci abbia fino ad oggi presentato. Sarà pubblicato a breve dalla casa editrice Il Foglio Letterario diretta da Gordiano Lupi, già candidato al Premio Strega come anche Izzo con il suo “To jest” nel 2014.
L’autore piemontese ritorna in libreria con “Ieri, Eilen”, la vicenda di due giovani studenti Erasmus che s’incontrano in Finlandia: lui è italiano e lei polacca. C’è molto di autobiografico in questo romanzo, forse perché l’autore oltre alle profonde radici per la sua terra, ne ha messe anche all’Est dove ha vissuto sentendosi cittadino di quei luoghi.
Nella fredda nazione del Nord due ragazzi s’incontrano e, quasi per caso, è subito amore. Non s’erano cercati, non s’erano rincorsi ma si ritrovano attratti l’una dall’altro e le vicende appaiono volute da un destino, un fato, una sorte che, nonostante la giovane età, li porterà ad essere sempre più legati. Teneri i primi incontri, riscaldati dalla loro giovinezza e dal nuovo affetto; bella la passeggiata sul lago ghiacciato, quell’esperienza a cui lui, proveniente dal mite Monferrato, non era abituato; da lì i primi baci e poi il ritrovarsi, il perdersi e il ricongiungersi ancora. Lui sognava di fare lo scrittore, lei era una studentessa troppo presa dagli studi per fare programmi per il futuro e mai avrebbero immaginato che la vita li avrebbe congiunti, allontanati e riuniti ancora e per sempre.
Questa storia che vede due ragazzi crescere in fretta perché lei si ritrova incinta e non più vicina a lui che, seppur molto felice di ciò che sta loro avvenendo, a causa di un terribile incidente, è costretto a lasciarla.
Una storia incantata, forse stregata in cui l’amore s’interseca al dolore, il Bene al Male.
“Non sapevano di rientrare in una maledizione più antica di loro. Vivevano inconsapevoli a metà tra la felicità e la disperazione, in quell’equilibrio precario che a volte viene chiamato amore”.
Un romanzo breve ma con significato profondo, a volte nascosto dietro leggende, immagini e vicende di cui nessuno meglio di Fabio Izzo potrà parlarci.
Ecco quindi una piccola chiacchierata con l’autore che ci conduce attraverso sentimenti e eventi che val la pena di comprendere meglio.
- Bentornato su Sololibri, Fabio. Siamo qui a parlare di due giovani ragazzi. Hai qualcosa di particolare da dire su di loro. Perché la scelta del nome Eilen? Perché lui non ha un nome?
Grazie a voi, come sempre, per l’ospitalità. Ci sarebbero molte cose da dire su questo che, almeno per me, è il libro più importante. Cominciamo subito a rivelare ai nostri amici lettori che Eilen, in finlandese, vuol dire ieri. Questa, infatti, è una storia di ieri perché non è un libro su una coppia e non è un libro su due singoli ma è una storia votata al femminile, incentrata su un ieri al maschile. Lui infatti è una presenza, è il vero “ieri” del titolo ed è importante perché c’è lei. La vera sfida, in questo caso, è stata scrivere un romanzo “sensibile” dove la protagonista accetta di cambiare idea in un mondo, il nostro, che mostra la finta coerenza come un suo caposaldo. Nella nostra attuale realtà la narrazione principale vuole che sia affascinante chi tira sempre dritto per la sua strada, la donna “dura” ma io ho voluto mantenere vivo l’interesse intorno a questa protagonista “per caso” e alle sue scelte. Eilen non è destinata a vivere nel passato, lei va oltre tutti i suoi limiti, oltre il suo ieri (che in un certo senso è un limite). Certo, avrebbe potuto chiudere con il passato, e invece ha scelto di andare avanti legandosi in una scelta “con” e non “senza”, evitando però di restarne imprigionata. La sua è in tutti i modi una scelta libera. Inoltre, anche in “Balla Juary” non volli dare un nome al protagonista. Volevo così tornare a legarmi a quel tipo di personaggio, lì un aspirante attore di teatro che si presenta ai colloqui di lavoro con l’ingombrante madre, qui un aspirante giornalista/scrittore che diventa genitore perdendosi per il mondo. Forse sono la stessa persona o forse no, ma mi piaceva l’idea. Mi sono chiesto, ma il mio innominato, che cosa può fare oggi al mondo? Non lo so, davvero, ma ti dico una cosa… una volta un tassista di Cracovia, dopo l’ennesima chiacchierata sul calcio, mi disse una cosa bellissima sul nostro Paese, sull’Italia.
“Voi siete quella nazione dove la gente all’Università studia ancora la poesia, l’arte e la letteratura, insomma il bello. Forse siete voi la speranza e non noi che qui corriamo a studiare economia”.
Attenzione, qui non c’è nessuna ricetta o soluzione, anzi ci sono molte domande, ma così è partita la scintilla. Per questo motivo ho voluto dedicare il mio non personaggio a tutti i lettori che ancora credono nel bello e nel giusto. Poi come sai, il nome è qualcosa di magico, conoscere il nome vuol dire aver controllo pieno sul personaggio e io no, non lo voglio.
- Quali sono gli elementi magici del romanzo? C’è un legame con la tradizione delle Terre del Nord?
Il mondo è pieno di magia. E io la cerco. O almeno ci provo. Non mi riferisco a incantesimi, a formule magiche o a ricette di successo come in “Harry Potter”. La mia è una magia contadina, una ricerca di un legame naturale con il mondo, se vogliamo, possiamo dirla folcloristica e antropologica. Gli elementi magici per me sono i richiami alle antiche tradizioni e alle vecchie storie. In Finlandia, ad esempio, puoi incontrare persone che hanno nomi bellissimi e antichi, come Pilvi (nuvola) o, per l’appunto, Eilen. Il romanzo poi spazia, tra la Finlandia e la Polonia, dagli antichi dei nordici vendicativi si passa alla leggenda del drago di Cracovia, perché nel mondo, alla fine, la magia è una ed è semplicemente l’amore per vita. Attenzione, non l’amore e non la vita, ma proprio l’amore per la vita.
- Perché hai scelto che il destino dei due ragazzi, di lei in particolare, sia seguito passo passo da esseri mitologici?
Con “Il nucleo”, provai a riscrivere l’“Odissea”, ora ne prendo le distanze. Ma la letteratura e la mitologia sono indiscutibilmente legate. Cosa è lo scrittore? L’autore? Il prosatore? Il narratore? Chiamalo come vuoi ma non è altro che un essere mitologico traente forza dai suoi credenti, i lettori, e che gioca con le vite delle sue “creature”. Scherzi a parte, questo romanzo, in una prima sofferta stesura, era nato con una forma decisamente più scientifica. Avrebbe dovuto chiamarsi La stanza ceca e in origine era molto più strindbergiano. In Polonia le tematiche legate all’aborto sono molto forti, vedi le ultime dimostrazioni di piazza contro le leggi restrittive poi ritirate… Ma la scrittura in terza persona, la neutralità della scienza, il gelo della burocrazia, almeno per me, in questo libro, non si sono rivelate la scelta migliore. Non avevo una forte empatia con la prima versione che forse sarebbe stata più apprezzata dall’attuale pubblico e così, anche per motivi personali, ho deciso di ricorrere all’utilizzo di questi elementi “magici”.
- Ogni pagina è intrisa di frasi ricche di significato come quando si legge
“Bisogna viverla tutta una storia , per comprenderla anche solo parzialmente. Vi illudete di poter arrivare alle conclusioni partendo da una parvenza logica… In una storia d’amore non c’è nulla di più importante dell’assenza”
Sono parole assolutamente condivisibili ma l’autore che ci dice in proposito?
Quello che scrivo è quello che sono, che penso e che, nella maggior parte dei casi, provo a fare anche non sempre si tratta della cosa giusta. Chi vince spesso è volentieri non chi ha ragione, ma solo chi ha vinto, anche in amore. In questo caso/caos, penso che sì, l’assenza sia importante. Il distacco riesce a dare importanza, riesce a riportare al giusto valore la presenza, data troppe volte per scontata.
- Eppure, nonostante tutte le avversità, i dolori cui non era preparata, Eilen diventa simbolo di speranza, di coraggio perché, sul finire della narrazione, non piega il capo al Fato…
Io sono per il libero arbitrio, anche dei personaggi, i miei finali non sono aperti ma sono legati ai lettori, alle loro propensioni. Eilen è una donna forgiata dal destino, una donna che affronta le sue prove e alla fine ne esce cambiata, matura, e forse sì la sua maturità sta nel sapere quando si deve o non si deve piegare il capo.
- Vuoi spiegarci come affronti il tema della felicità?
Da scrittore lo affronto sulla pagina bianca. Se ci pensi, per assurdo, la pagina bianca è il momento più felice per l’autore perché offre ancora un numero infinito di possibilità. Da uomo sto affrontando un mio percorso, come tutti, in bilico tra diverse realtà sovrastanti. La felicità è reale qui e la mia pagina scritta a metà, che non resta in attesa del finale ma se lo vive.
- Da quanto volevi scrivere una scrivere una vicenda come questa, una storia d’amore? Che cosa vuoi ancora sottolineare ai lettori?
Questo libro ha aspettato sedici anni, per sedici lunghissimi anni si è alimentato delle mie emozioni, si è nutrito delle mie parole. Che dire, la sua storia è quasi maggiorenne ormai e non ha mai piegato il capo. Mi ha bucato il cuore, lo stomaco e l’occhio ma alla fine, in qualche modo, è nato. Ai lettori, in generale, non posso dire molto. I libri devono dare coraggio, devono essere il motore delle nostre esistenze. Almeno di quelle spirituali. Dedichiamo davvero troppo poco tempo a noi stessi, al nostro io interiore. Quello che conta ormai è l’esterno. Io dico sempre, citando una battuta di Che Ora è, bellissimo film con la coppia Mastroianni-Troisi:
“Abbiamo bisogno di avere sempre di più perché quello che abbiamo conta sempre di meno”.
Se facciamo sacrifici per il possesso è arrivata l’ora di fermarci. Possedere è solo un verbo del nostro vocabolario, e prima della lettera P ce ne sono molto altri, non soffermiamoci principalmente o solo su quello anche perché alla lettera A, come direbbe Grossman, vedi alla voce Amore, c’è molto altro. Buona lettura, buon ieri, buona Eilen e buon domani a tutti!
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Fabio Izzo presenta “Ieri, Eilen”, il suo nuovo romanzo
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Conosco Fabio da molti anni, è coetaneo e amico di mio figlio. Questo è la sua prima opera che ho letto,o meglio, sto leggendo.
Procedo piuttosto lentamente perché il tipo di scrittura non è sempre facile, e questo è forse un merito dell’autore, che ci spinge a leggere e magari a rileggere certi passi per poterne poi cogliere, essenzialmente, l’atmosfera, esterna ed interna, entro la quale si svolge la stimolante vicenda.
Bravo Fabio, ad maiora!