Un liberale che si rispetti qualche libro di Eugenio Scalfari (1924-2022) deve pur leggerlo per professarsi tale.
Scalfari è stato uno dei più grandi giornalisti italiani, con più di 60 anni di carriera alle spalle.
Ecco i libri da leggere per conoscerne la carriera, la formazione culturale e il pensiero.
Conoscere Eugenio Scalfari attraverso i suoi libri
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Per chi voglia ripercorrere le tappe di parte della sua carriera consiglio di leggere La sera andavamo in via Veneto, dove racconta della fondazione de “L’espresso” e de “la Repubblica”.
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Per chi volesse saperne di più del suo ateismo, ma anche della sua biografia e della sua formazione culturale, consiglio spassionatamente di leggere L’uomo che non credeva in Dio.
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Per chi infine volesse saggiare le grandi capacità giornalistiche consiglio di leggere il libro che scrisse con Turani, ovvero Razza padrona, che trattò del cosiddetto capitalismo di Stato. Il libro è dedicato a Cefis, ma Scalfari non fece sconti a nessuno, analizzando gli intrallazzi e gli intrighi di quella che lui definì "borghesia di Stato".
Il primo capitolo tratta dell’industria italiana dopo la nazionalizzazione elettrica, quindi prende in rassegna le partecipazioni statali, la fusione tra Montecatini ed Edison, il ruolo egemonico di Fanfani e poi quello di Gianni Agnelli.
Nella ristampa del 1998 della Baldini e Castoldi c’è scritto a riguardo:
"Il libro che ha aperto gli occhi a un’intera generazione".
Scalfari per alcuni fu un maestro per le interviste che faceva ai potenti. Personalmente ritengo che la sua grande intelligenza desse il meglio quando rilasciava interviste e molti italiani erano lì col fiato sospeso attenti a non perdersi una parola del giornalista dei giornalisti. Una cosa da ricordare è che Scalfari fu anche compagno di scuola a Sanremo di Italo Calvino. Sicuramente i due giganti intellettuali si sono influenzati reciprocamente. Se per Calvino una qualità imprescindibile di ogni scrittore doveva essere la leggerezza, ebbene per Scalfari la maggior dote doveva essere la chiarezza in modo da arrivare a tutti, da farsi capire a tutti. Con il suo eloquio colto e ben calibrato, ben misurato e riflessivo Scalfari indicava la via a molti italiani confusi.
Era il padre nobile del liberalismo illuminato di sinistra. Era uno che non si faceva ingannare dalle sirene dei liberisti selvaggi, che citano ad esempio a sproposito Von Hayek e la scuola austriaca, mentre usano i libri solo per soprammobili per fare bella figura quando ci sono ospiti. Ecco Scalfari è stato anche un uomo dalle grandi avventure intellettuali, un uomo che ha fatto mille viaggi interiori e mentali.
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Consiglio a tutti di leggere Per l’alto mare aperto, perché in questo libro ci sono tutti i grandi pensatori che lo hanno influenzato e condizionato per tutta la sua vita. Scalfari non ha mai avuto la paura di navigare in alto mare, ma sapeva bene che doveva orientarsi in base alla stella polare della ragione. In questo libro si può comprendere che Scalfari i maestri di pensiero citati li ha metabolizzati totalmente e riesce a dare anche una lettura originale e personale di costoro.
Il primo capitolo è dedicato a Diderot e all’immancabile citazione de Il nipote di Rameau. Si pensi ad esempio che questo capolavoro di Diderot nessuno lo voleva fare in teatro perché era troppo attuale negli anni ’90 e nei primi anni duemila, qualcuno poteva risentirsene ai piani alti tra re e cortigiani.
Il riferimento a Berlusconi non è casuale perché Scalfari fu antiberlusconiano, ma con stile e senza mai menare colpi bassi. Fu il primo a scrivere che gli interessi personali di Berlusconi non coincidevano con quelli dell’Italia. Infatti scrisse:
"Berlusconi appartiene a quel genere di uomini che fanno la fortuna di un’impresa e la rovina di un paese, quel genere di uomini pericolosi per definizione". ("la Repubblica", 14 maggio 1995)
Da quest’opera si possono sapere i libri e gli autori che hanno determinato la mentalità e la cultura di Scalfari, che per i suoi sottoposti era autorevole ma democratico e bonario, al punto che lo chiamavano Barbapapà. Poi in questo libro viene descritta l’importanza di Montaigne e l’ascendente che ebbe in molti filosofi, compreso Pascal. Ma vengono studiati anche Kant, Cervantes, Hegel, Leopardi, Nietzsche, Joyce e da ultimo anche Calvino e Montale.
Da questo libro si capisce come mai Scalfari era sempre preparato, grazie ovviamente alle sue letture private così pregnanti ed educative. Si capisce da queste pagine che Scalfari era un illuminista postmoderno, un razionalista contemporaneo. Così come si arguisce da questo libro che Scalfari ebbe il coraggio e il merito di essere un pensatore indipendente e fuori dal coro, fuori dal gregge, pur non atteggiandosi mai a filosofo, evitando tecnicismi e sofisticherie troppo astruse. Non era una sua colpa quella di fare opinione, anche se lui sosteneva che l’opinione pubblica fosse morta da tempo o quantomeno in tempi recenti non più pervenuta.
Scalfari quindi va letto perché tutti possono leggerlo, perché non è di difficile comprensione, ma soprattutto perché ha raccontato e commentato in modo molto arguto e onesto intellettualmente le vicende del nostro Paese. Non è cosa da poco, anzi è qualità assai rara e di questo gliene dobbiamo rendere atto.
Immagine di copertina Credits: Francesca Marchi / International Journalism Festival, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Eugenio Scalfari: i libri da leggere per ricordarlo
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